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Bollicine carioca

Edoardo Narduzzi
E’ sempre rischioso affidare a un economista la guida di un paese. Lo stanno scoprendo anche i brasiliani imbrigliati da un ciclo economico fatto di rallentamento della domanda interna, di mega scandali politici come quello che ha travolto Petrobras e di svalutazione valutaria.
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E’ sempre rischioso affidare a un economista la guida di un paese. Lo stanno scoprendo anche i brasiliani imbrigliati da un ciclo economico fatto di rallentamento della domanda interna, di mega scandali politici come quello che ha travolto Petrobras e di svalutazione valutaria. Quello che solo qualche tempo fa appariva come un membro spavaldo dei Bric, oggi è costretto a fare i conti anche con la perdita di leadership dell’economista presidente Dilma Rousseff. E così soffre anche la giovane viticoltura brasiliana. Negli ultimi anni ha cercato in tutti i modi di affrancarsi dall’immagine di cenerentola enologica del Sudamerica, oscurata dalle etichette argentine e cilene. Alcuni dei vini coltivati nella regione del Rio Grande do Sul hanno anche avvicinato quota 90 nei punteggi internazionali. E’ il caso del Miolo della vendemmia 2008, un blend di sei diversi rossi, della regione di Campanha prezzato fino a 100 dollari per bottiglia dall’alto di un buon 88/100. Degno di una nota di merito è anche il Pizzato Concentus 2006 del territorio Vale dos Vinhedos, un prodotto della famiglia di origine italiana Pizzato emigrata in Brasile alla fine del Diciannovesimo secolo portando con sé delle barbabietole di vitis vinifera. L’etichetta di punta è il Salton Evidence della Serra Gaúcha, Chardonnay reso elegante da un 30 per cento di Pinot Noir cresciuto nel territorio di Bento Gonçalves.
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