recensioni foglianti

Il progetto Blumkin

Cristoforo Lascio

Christian Salmon
Laterza, 263 pp., 18 euro

Jacov Blumkin all’età di diciotto anni è l’assassino dell’ambasciatore tedesco a Mosca nel 1918, e a ventinove anni è la vittima delle forze di sicurezza sovietiche. Ma Blumkin è anche un “progetto” della nascente Unione sovietica, almeno secondo alcune voci che circolano dopo la sua morte e che lo vorrebbero un personaggio fittizio uscito dalla penna di qualche sceneggiatore di regime per offrire una copertura ad affari particolarmente loschi. Blumkin infine è il “progetto” dello scrittore francese Christian Salmon che a ventinove anni – oggi ne ha trenta in più – si definiva “un bolscevico” e che in quel momento decise di voler scrivere la storia di un “Lord Jim bolscevico”, “una storia di lealtà e tradimento. Di delitto e castigo. L’epopea di un terrorista che era anche un poeta. L’eroe che aveva superato tanti pericoli e affrontato tanti rischi e che era stato tradito dal suo amore per una rivoluzionaria intrepida come lui, in nome di interessi superiori, quelli della Rivoluzione, essa stessa tradita”.
Il soggetto di questo romanzo è dunque tutto questo allo stesso tempo: innanzitutto una storia vera, poco conosciuta e incredibilmente avvincente. Poi il racconto di un metodo di ricerca scrupoloso e appassionato che l’autore mette in campo vestendo a tratti i panni dello storico. Il lettore è accompagnato così alla scoperta anche di aspetti meno noti del comunismo sovietico, come per esempio la vena esoterica di una parte del regime che fu animata tra gli altri dal cekista e occultista Gleb Bokij che si è guadagnato vita eterna ispirando la figura di Woland nelle pagine de Il Maestro e Margherita di Mikhail Bulgakov. Soprattutto Il progetto Blumkin entra a tutti gli effetti tra quei lavori letterari – come Memorie di un rivoluzionario di Victor Serge e Diario della moglie di un bolscevico curato da Victor Zaslavsky – che, meglio di tante ricerche sociologiche e antropologiche contemporanee, vivisezionano la mentalità del terrorista. Che al fondo è innervata di tratti nichilistici, perché in Russia all’inizio del 900 “tutti proiettavano nell’‘azione’ il loro desiderio di intrigo e la loro sete di gloria. Una gioventù priva di una narrazione cui far riferimento scalpitava sulla soglia del secolo. Il terrorismo forniva una narrazione possibile a quei ragazzi, gli restituiva la loro biografia perduta”. E che inoltre è mentalità totalmente imbevuta dall’ideologia – ieri marxista, oggi più spesso islamista –, quella che spinge per esempio Blumkin, nel momento in cui è perseguitato ingiustamente e pretestuosamente dai suoi compagni socialisti-rivoluzionari, a volersi mettere a tutti i costi “a disposizione del comitato esecutivo del partito per scagionar[si] da questa accusa”. 

 

IL PROGETTO BLUMKIN
Christian Salmon
Laterza, 263 pp., 18 euro

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