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Terrazzo

Addio iPhone, torna il vecchio caro telefono stupido

michele masneri

Al Salone del Mobile appena concluso a Milano è stato presentato un telefono rigorosamente non smart: ha una fotocamera scarsa da 0,3 megapixel, una batteria che dura una settimana, una radio, e il gioco del serpente. Senza internet ovviamente

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Sarà un caso che l’epoca coi telefoni più intelligenti ha gli utenti più scemi? Al Salone del Mobile appena concluso a Milano è stato presentato un telefono rigorosamente non smart – “The boring phone”, il telefono noioso, categoria “dumb phones”, telefoni non smart, frutto della collaborazione tra la Heineken della birra e il marchio di abbigliamento americano “Bodega”. Questo telefono non brillante è dotato di una fotocamera scarsa da 0,3 megapixel, una batteria che dura una settimana (!), una radio, e il gioco del serpente (snake game); è soprattutto rigorosamente privo di Internet e social media e dunque intende incentivare connessioni reali tra i giovani, forse con la speranza che invece che perdersi nel “doom scrolling” o scrollìo indemoniato bevano più birra o comprino più vestiti. Sembrano entrambe ipotesi improbabili, di sicuro il telefono stupido piace tantissimo a noi boomer nostalgici e in costante burnout tecnologico.

 

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Il  telefono stupido di plastica trasparente scatena infatti un immediato effetto nostalgia a noi suddetti boomer: ricorda i vecchi telefoni fissi Swatch. Per chi non c’era negli anni Ottanta, va ricordata  quell'epoca d’oro del fisso (neanche cordless, proprio attaccato a terra); erano uno status symbol, quegli apparecchi; li vendevano in negozi appositi anche molto chic, erano punti vendita non di catena, non globalizzati come gli Apple Store, bensì frutto dell’intuizione e del gusto ruspante e spontaneo di commercianti locali. A Brescia per dire ce n’era uno nel piacentiniano grattacielo Ina di piazza Vittoria (primo grattacielo d’Italia, vabbè). Tra i più ambiti era il  “Notturno” di Armani, anzi “Armani by Italtel”, una specie di scuro lingotto lucido, con una lucina non led (non esistevano ancora) che scorreva sinuosa a indicare le chiamate. Notevole era anche  quello Trussardi, un parallelepipedo verticale la cui massiccia imponenza era alleggerita dalla sovrapposizione di diversi piani,  tipo Louis Kahn a La Jolla; tra i più architettonici c’era quello Bang & Olufsen, colorato, in varie versioni minimal; poi quello appunto Swatch, il “Twin Phone”, con una base lineare e una cornetta sopra ondulata, e i due gusci di vari colori o trasparenti avevano la caratteristica che sia la base che la cornetta erano dotate di microfoni, e si poteva parlare in due (ma sulla stessa linea, con un terzo chiamante o ricevente. Eravamo scemi anche noi, anche senza scrollare, è evidente). 

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Esisteva poi una galassia di telefoni fissi anonimi, ma non meno desiderabili, con fantasiosi rimandi alla pop art: uno trasparente e con luce al neon, che pareva uscito dal Drive In; un tacco a spillo rosso con tastiera incorporata; uno tutto tastiera con numeri giganti, e poi ancora uno a pianoforte a coda. Andava molto anche una gran bocca rossa con le due labbra che fungevano da base e cornetta, di cui non si conobbe mai l’autore, ma pareva un chiaro riferimento a Pino Pascali (prima delle retrospettive della Fondazione Prada come in questi giorni, e in copertina alla “Bella di Lodi” arbasiniana. Arbasino, che detestava i cellulari, oltre alla famosa segreteria telefonica-fax con cui si schermava dal mondo con messaggi surreali -“il dottore è in riunione, tutto l’ufficio in agitazione, mandate proposte economiche in dollari e ecu" (non c’era ancora l’euro) aveva invece uno StarTAC argento di cui faceva uso molto parco.

 

Ma tornando a oggi, ecco altri vaghi segnali della fine dei telefoni intelligenti e del più intelligente di tutti: la  nuova serie di effimero successo di Netflix, “Baby reindeer”, racconta la storia (vera) di uno sfessato giovanotto scozzese perseguitato da una stalker, e la stalker lo abusa soprattutto di email, centinaia al giorno, che firma “inviato dal mio iPhone” anche se ella non possiede alcun iPhone, ma lo scrive come segno di distinzione e anche top di follia (poi, a casa, ha invece un cassetto pieno di telefoni non intelligenti anni Duemila, con sportellino, tipo StarTAC, di nuovo). 

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Netflix sa qualcosa che noi non sappiamo? Di sicuro la supremazia dell’iPhone pare terminata anche da nuovi presagi. Il nuovo aggiornamento che vi perseguita in questi giorni per esser installato, forse avrete visto, vi chiede anche per la prima volta quale browser volete usare; mentre lo stato dell’Oregon ha recentemente introdotto per legge il diritto alla riparazione, altra violazione del sacro corpo aifonico. Una norma che presto dilagherà in America, e prevede che il sacro telefono possa essere riparato da chiunque, non solo nelle bianche cliniche della Mela. Altri segnali della crisi: il cavetto, segno del comando, simbolo del sadismo di Steve Jobs e dei suoi eredi, che ogni due anni ti faceva impazzire prima introducendo prese mai viste, poi togliendole del tutto, infine costringendo ad avere una gamma di cavi che neanche un operaio dell’Enel sui piloni, a partire dall’iPhone 15  ha  una USB-C come tutti, come il più scrauso smartphone cinese da 99 euro. Poi, le consuete cause contro la Apple per i soliti abusi antitrust veri o presunti, ormai sono più frequenti degli aggiornamenti di MacOs: il governo americano ha aperto un processo per violazione delle leggi antitrust per le app come il portafoglio elettronico. La Commissione europea gli ha dato un multone da 2 miliardi. Cause o iniziative governative contro Apple sono in corso in Corea, in Olanda, in Giappone, Gran Bretagna, Australia. Infine le vendite, in calo ovunque. Sarà un buon segnale per la nostra scemità il declino dell'iPhone? Torneremo a essere intelligenti scrollando altri manufatti? Intanto, che voglia di essere sempre scemi, ma  con qualche anno di meno.  
 

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