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Terrazzo

L’architettura del palinsesto: l'arte del "costruire sul costruito"

Manuel Orazi

Oggi la tecnica ripresa dalla filologia, e che si riferisce al fenomeno di cancellazione e riscrittura di un manoscritto, si presta in ambito architettonico a nuove letture come quella della sostenibilità ambientale 

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Mentre si inaugurava l’ampliamento del Fox Town di Mendrisio, il più grande centro commerciale svizzero, inaugurato nel 1995 con oltre mille dipendenti e secondo i calcoli con quarantuno milioni di visitatori in ventisette anni, una pioggia leggera cadeva regolare sul monte Ceneri e sulle Prealpi avvolte da nuvole basse. Alla conferenza stampa era presente anche Mario Botta, autore dell’allestimento della nuova ala dell’outlet dove ha riutilizzato il legno dagli abeti abbattuti dalla tempesta Vaia dell’ottobre 2018 in Trentino Alto-Adige. Il tetto del grande spazio centrale interno è infatti ricoperto da sottili barre di legno chiaro che formano una carena di nave rovesciata come in alcune chiese veneziane o anche nella Basilica palladiana di Vicenza – del resto l’architetto ticinese ha studiato da quelle parti.

 

Il nuovo outlet che poi è un’aggiunta, nasce dentro un edificio industriale preesistente che in precedenza era un deposito, collegato da un ponte pedonale sospeso all’altro edificio e da un altro fino alla stazione ferroviaria. In altre parole è un’opera di riscrittura, più che di creazione ex novo, fenomeno che nella storia delle città era abituale e che le preoccupazioni ambientali odierne lasciano pensare che sempre di più lo sarà nel futuro. In filologia il fenomeno di cancellazione e riscrittura è chiamato palinsesto, dal modo in cui in antichità e nel Medioevo le tavolette e le pergamene venivano continuamente riusate, ma in fondo anche musicassette, floppy-disk e cd. La metafora linguistica applicata alla città ha avuto una larga fortuna grazie ad André Corboz (1928-2012), storico dell’architettura ginevrino a lungo professore all’ETH di Zurigo che nel 1995, proprio mentre stava nascendo, donò tutto il suo archivio all’Accademia di Architettura di Mendrisio affidandolo allo stesso Botta, fondatore della scuola.

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La mostra “Il territorio come palinsesto, l’eredità di André Corboz” a cura di André Bideau e Sonja Hildebrand (fino al 5 febbraio prossimo) si tiene al Teatro dell’architettura, museo della scuola progettato dallo stesso Botta per il decennale della sua scomparsa. Corboz è uno di quei pensatori svizzeri cosmopoliti, interdisciplinari e sofisticati al punto da diventare inafferrabili come Paul Hofer, di cui prese il posto all’ETH, o Lucius Burkhardt capace di inventare nuove discipline come la “promenadologia”. L’idea di palinsesto è certo affascinante, forse fin troppo onnicomprensiva – non a caso è stata fatta propria dalla televisione –, è stata anticipata nel 1982 dal critico letterario Gérard Genette e applicata al territorio da Corboz l’anno successivo in un momento in cui l’idea di modificazione del paesaggio urbano o meglio di “costruire sul costruito” stava a cuore alla Casabella diretta da Vittorio Gregotti, che infatti tradusse prontamente Corboz in italiano grazie all’interesse di Bernardo Secchi. Oggi il palinsesto si presta a nuove letture come quella della sostenibilità ambientale.

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