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Terrazzo

Dieter Rams fa Novanta

michele masneri

Dallo spremiagrumi Braun all’ispirazione per i classici Apple, è il teorico del “good design”. La rivalità col connazionale  Sapper

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Ha compiuto novant’anni Dieter Rams, il designer che per decenni ha scolpito le quinte elettrodomestiche delle nostre case più eleganti. Padre del minimalismo tedesco e capo del disegno Braun dal 1961 al 1995, tranquillo signore nato nel maggio ’32 a Wiesbaden, è quanto la Germania abbia prodotto di più simile ad Achille Castiglioni (ma con un tocco più algido e ospedaliero-chic).

 

Ispiratore e supervisore di prodotti ormai entrati a far parte del design inconscio collettivo, come gli spremiagrumi Citromatic ancora in produzione, o le sveglie indistruttibili, con quadrante fondo nero e lancette aeronautiche, o ancora le impastatrici semi professionali che le nostre mamme avevano in casa prima dell’avvento del Kitchen Aid e del Masterchef,  Rams ha disegnato anche la più bella libreria di sempre, la 606 Shelving System per Vitsoe.
 

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Chi deve molto al formidabile tedesco è notoriamente la Apple, la Braun del terzo millennio: con citazioni-omaggio come per la calcolatrice dell’iPhone, coi tasti tondi, grafici, uguale alla Et4 ramsiana o la radio tascabile t3 che ispirò l’iPod – appena uscito di produzione. Teorico del good design, un design buono e mimetico che si ispira naturalmente al Bauhaus ma che ha un debito con la scuola milanese, Rams aveva distillato i suoi celebri 10 principi: 1) Un buon design deve essere innovativo. 2) Un buon design deve rendere il prodotto utile. 3) Un buon design deve essere dotato di estetica. 4) Un buon design deve aiutare a capire il prodotto. 5) Un buon design non deve essere invasivo, mancare di riservatezza. 6) Un buon design deve essere onesto. 7) Un buon design deve essere durevole. 8) Un buon design è la conseguenza dell’ultimo dettaglio. 9) Un buon design si deve preoccupare dell’ambiente. 10) Un buon design deve contenere il minor design possibile. “Weniger, aber besser”, ovvero “meno, ma meglio”, questo il suo motto. Più sobrio di “affamati e folli”, e con l’understatement di chi punta a buoni elettrodomestici, non rivoluzioni.

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Rams è contemporaneo a un altro eroe domestico,  Richard Sapper, che perì a Milano nel 2015. Nato un po’ più giù, a Monaco di Baviera, è stato il suo rivale anche cromatico. Bianco e nero, i più celebri oggetti di Rams sono sempre stati candidi, al massimo grigetti-besgiolini, come un Morandi o un Armani, mentre herr Sapper si è cimentato col nero: soprattutto nella lampada-simbolo degli anni Ottanta, la Tizio di Artemide. Status symbol definitivo di quel decennio brutale, nera e geometrica e aggressiva, la Tizio sta agli anni Ottanta come poi la Tolomeo di alluminio e morbida ai Novanta. Oltre a essere una delle prime lampade alogene – che all’epoca faceva assai fino – la Tizio aveva come tutti gli oggetti di Sapper una trovata umanizzante, un funzionalismo temperato dal romanticismo che forse derivava dalla sua germanicità del sud.

 

Aveva, oltre a un equilibrio e una postura da mantide religiosa coi suoi bilancieri in bilico, il meccanismo geniale d’essere smontabile su perni rossi, ma soprattutto la corrente non passava per fili ma abbattuta da un pesante trasformatore saliva poi direttamente verso le aste. L’elettricità a bassa tensione era un’idea che veniva dall’industria automobilistica e dal lavoro di Sapper alla Mercedes, dove aveva iniziato, al centro stile di Stoccarda (poi venne a Milano, prima la collaborazione con Gio Ponti, poi con la Rinascente, e ancora con Marco Zanuso). E se Rams ispirò Apple, Sapper disegnò i computer portatili più sexy mai prodotti. Il Thinkpad Ibm, portatile-scatola squadrata “come una scatola di sigari” con un piccolo punto di colore, rosso (non era previsto dagli americani di Ibm, ma lui si impuntò e scelse per il trackpoint lo stesso rosso dei giunti della Tizio. Il prodotto venne esposto alla fiera di Hannover e subito sequestrato.

 

Rams preferisce invece candori virginali, al massimo l’alluminio, fondando dinastie di oggetti lattiginosi a partire da uno stereo celebre Braun Sk55, detto anche “la cassa da morto di Biancaneve”, sintesi di candore etereo e scuola di Ulm, e poi una serie di elettrodomestici per il gruppo di cui è stato per decenni capo del design. Rasoi e calcolatrici e radiosveglie da manuale, Bauhaus da camera con uso di cucina, però Sapper era più poliedrico avendo disegnato anche poltrone e auto e telefoni. Ci fu anche un momento di guerriglia di ingegni tra i due; nel 1971, con le sveglie espressioniste Sandwich disegnate per Ritz-Italora da Sapper e la lunga serie di svegliette Braun iniziate nello stesso anno da Rams (per Sapper, la sveglia si spegneva pigiandola, come un sandwich, appunto. Per Rams, si poteva far cessare l’allarme con un comando vocale. Un “Siri” ante litteram).

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“Rams ha lavorato cinquant’anni per la stessa azienda, la Braun”, ha detto velenosamente Sapper del collega in un’intervista, “io mi sarei annoiato”. Rams è stato più un teorico, ha sintetizzato la sua filosofia nel suo decalogo, e il suo minimalismo a 220 volt è stato plagiato o omaggiato lattiginosamente da Jonathan Ive, suo seguace di Cupertino, che ha scritto anche la prefazione alla monografia di culto “Dieter Rams: As Little Design As Possible”, meno design possibile.  Però Steve Jobs aveva proposto a Sapper e non a Rams di andare a dirigergli il design. Ma il prescelto ebbe a dire: “Che ci vengo a fare in California, con tutto quello che ho da fare qui a Milano” (ben prima della Milano rinata post-Expo, e pentendosi, una volta saputi gli ingaggi).
 

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