Ricetta seriale

The Playlist racconta come è nata Spotify. In sei punti di vista diversi

La nuova serie svedese targata Netflix racconta la complessità della nascita del colosso dello streaming musicale. Ci sono parecchie informazioni tecnologiche e in zona “nerd” ma riesce a essere sempre interessante e ben calibrata

I prodotti seriali (o docuserie) che affrontano le storie, più o meno romanzate, delle start up tecnologiche poi diventate colossi industriali si sprecano. Anche se i risultati non sono sempre soddisfacenti e degni di nota. Fa eccezione l’ultima arrivata ovvero The Playlist, serie svedese targata Netflix che racconta la nascita nel paese scandinavo di Spotify, colosso dello streaming musicale. A cavallo tra il cronachistico e il romanzato, The Playlist mutua diversi punti di vista – uno per ciascuno dei sei episodi – per raccontare la complessità della nascita dello streamer musicale, le varie (e tutte decisive) personalità coinvolte e mette al centro la ricostruzione del come da un’idea relativamente semplice si diramino problemi e ricadute ben più articolate e in parte inaspettate.

  

Siamo negli anni Duemila e Daniel EK è un ventiduenne programmatore di grande talento che ha da poco venduto la sua prima start up per dieci milioni di corone svedese. Passato quindi a un altro livello del business, e circondato da alte professionalità del mestiere, desidera alzare l’asticella della sua ambizione e competere con il meglio in circolazione, ovvero la Silicon Valley. Cerca quindi di individuare un’ansa del mercato ancora non esplorata e la rintraccia nella musica in streaming. Si, all’epoca c’era già Pirate Bay, un sito dove scaricare musica gratis, ma il modello era poco funzionale e non induttivo (oltre che ovviamente osteggiato dalle varie case discografiche che combattevano con tutte le armi a loro disposizione il fenomeno dilagante della pirateria). Daniel invece i diritti musicali li vuole pagare facendo in modo che tutti i soggetti in causa ci guadagnino qualcosa anche se i suoi interlocutori industriali non paiono così convinti dell’operazione. Quella che parte come un’idea fulminea e allo stato embrionale ha quindi bisogno dell’aiuto di altre professionalità che indirizzino e sedino i vari putiferi e le difficoltà che la Spotify degli inizi deve affrontare. 

   

Come in ogni start up tecnologica che si rispetti la parte decisiva la fanno i programmatori e quello di Spotify non fa eccezione: pare sia riuscito a modificare uno dei protocolli base di internet per arrivare a eliminare l’interruzione tra il clic e la riproduzione della musica. Insomma: parecchie informazioni tecnologiche e in zona “nerd” ma la serie riesce ad essere sempre interessante e ben calibrata nelle sue varie parti. E dalla sua visione se ne esce arricchiti, quando meno nella sensazione di padroneggiare in modo un po’ più compiuto la complessità che sta dietro uno dei tanti strumenti di cui si fa uso ogni giorno.

  

   

The Playlist, in ognuno dei sei episodi un punto di vista differente

L’elemento connotante e vincente di The Playlist è rappresentato dalla struttura della serie ovvero dalla scelta di adottare per ciascuno dei sei episodi da cinquanta minuti ciascuno un punto di vista differente. Una storia come quella di Spotify ha coinvolto fin dalla propria origine diversi soggetti che hanno avuto un ruolo determinante nei vari passaggi della filiera che ha portato alla piattaforma finita. E, oltre a chi ha sviluppato e reso possibile l’idea, la serie sceglie anche di raccontare (intelligentemente) la prospettiva degli artisti nella persona di una cantante amica di Daniel e di medio successo nazionale che deve fare i conti con gli infimi ricavi desunti dalle riproduzioni dei suoi brani su Spotify. Gli altri punti di vista in cui il racconto è articolato sono – oltre alla visione del fondatore - l’industria discografica, la legge, il programmatore e il partner.

   

Chi è il vero Daniel Ek, cofondatore e ceo di Spotify?

Classe 1983, sposato con figli e dotato di un patrimonio personale intorno ai cinque miliardi di dollari, Daniel Ek proviene da una famiglia operaia monogenitoriale. Fin da giovanissimo dimostra le sue abilità nell’ambito tecnologico e riesce a vendere la sua società di pubblicità online AdVertigo per milioni di dollari. Da lì comincia la sua scalata lavorativa e l’obiettivo di anteporsi con Spotify al fenomeno della pirateria musicale imponendo un nuovo modello di business. La sua intuizione si è dimostrata corretta e Spotify macina numeri che superano nettamente i centosessanta milioni di abbonati nel Mondo, rappresentando inoltre l’unica tra le Big Tech che ha cittadinanza europea.

 

The Playlist in tre battute

“Che cos’è la musica per davvero?”.

“Cos’è l’unica cosa che non riesce a fare la Silicon Valley? La musica”.

“La musica è personale”.

 

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