L'Isola dei famosi spiega il problema di Mediaset con i reality show

Claudia Casiraghi

Nella nuova edizione condotta da Ilary Blasi l'unica cosa fresca è il vento dell'Honduras. Ma il vecchio spacciato per nuovo allontana il pubblico, che intanto scopre altri modi di fare reality

Un reality è finito, un altro inizia. Ma l’effetto novità che ogni partenza dovrebbe portare con sé deve essersi perso, incapace, anche lui, di sopravvivere alla Casa del Grande Fratello Vip. Lo show Mediaset, ripartito in autunno con la promessa di succosi e magnetici siparietti, si è avvitato su se stesso, protraendosi oltre ogni limite. Quarantaquattro puntate, sei mesi di corsa televisiva e nel mezzo la spettacolarizzazione del vuoto cosmico: nonostante il tentativo – a tratti encomiabile – di creare nei salotti Mediaset una sua eco di risonanza, il Grande Fratello Vip si è trascinato stanco e imbarazzato. Eppure la cosa non pare preoccupare granché Canale 5, dove l’Isola dei Famosi è pronta ad accomodarsi nella (interminabile) fascia di palinsesto che il carrozzone di Alfonso Signorini e la vittoria di Tommaso Zorzi hanno da poco liberato. 

 

L’Isola dei Famosi, che inizia il 15 marzo, è stata venduta con la retorica festosa che accompagna ogni nuova partenza. Evviva, che bello. Aria fresca tira sulla televisione italiana. Ma a ben guardare l’unico elemento passibile di "frescura" sembra essere il vento, che dalle spiagge dell’Honduras spira verso l'Italia. Ilary Blasi ha sostituito alla conduzione Alessia Marcuzzi. Massimiliano Rosolino, già vittima delle palette sollevate da Ivan Zazzaroni e Guillermo Mariotto, ha preso il posto vacante di Alvin, come inviato dello show. Elisa Isoardi è stata annoverata tra i concorrenti, e con lei hanno accettato di imbarcarsi per la famigerata Isola svariate stelle della Carlucci, ex Miss Italia, attori e attrici, piccoli fenomeni mediatici (leggi, Daniela Martani, no vax, no mask, negazionista della pandemia e delle sue misure restrittive). In soldoni, la stessa tipologia umana che ogni reality show della televisione italiana sembra fare a gara per accaparrarsi.

 

 

Il cast, dunque, più che nuovo è paludato. Come l’Isola stessa, d’altronde, preda – insieme a buona parte del palinsesto televisivo – di un vizio logico. La televisione generalista, per sopravvivere a quella spina nel fianco che è lo streaming, finestra spalancata su tutto quel che esiste oltre il provincialismo italiano, ha deciso di dare alla parola "novità" una sfumatura inusuale. Così, sembra sia sufficiente rimescolare alla bell’e meglio le carte, spostare un conduttore da una parte all’altra, contendersi lo stesso gruppetto asfittico di concorrenti per poter spacciare per nuovo un programma vecchio. L’Isola dei Famosi, il Grande Fratello, Ballando con le stelle, Pechino Express, rimasticati con lo stesso zelo di Marge Simpson, che potendo permettersi un solo abito firmato ha deciso di modificarlo senza sosta ("Allunga qui", "Accorcia là", "Cuci e scuci") per propinarlo alle comari di Springfield. Nel cartone animato di Matt Groening, lo sforzo mastodontico della povera Marge le si ritorce presto contro. La città ride di lei, di quel suo piccolo abito sgualcito dalle troppe modifiche. Nella vita reale dell’Italia televisiva, "l’operazione Marge Simpson" non ha prodotto risate, ma sospiri. E il pubblico, specie l’ambitissimo target commerciale, ha finito per allontanarsi progressivamente dai reality. Quelli della televisione generalista, però. Perché gli altri, quelli di Netflix, Mtv, Discovery+, sono tutt’altra faccenda. 

 

La frammentazione dell’offerta televisiva e il lento ma inesorabile moltiplicarsi delle piattaforme streaming hanno portato in Italia reality nuovi. Smaccatamente trash. Reality che non hanno la pretesa di vendersi per quel che non sono, esperimenti sociali e Dio solo sa cos’altro. Netflix ha dato luce a Too hot too handle, un’Isola, sì, ma senza fame o bizzarri rituali, dove i concorrenti – opportunamente imbellettati – si esibiscono in un solo spettacolo: l’astensione da ogni atto sessuale, ivi compreso quello auto-riferito. Discovery+ ha messo in produzione la versione italiana di Naked Attraction e Love Island, Mtv ha raccontato gli Ex on the beach, inaugurando per primo un modo nuovo di fare reality. Qualcosa di moderno, una sorta di luteranesimo del reality show, dove le puntate hanno una durata umana e non ci sono studio, ospiti e conduttori (alleluia) a mediare le avventure dei concorrenti.

  

Di più su questi argomenti: