PUBBLICITÁ

Sentimental tv

Michele Masneri e Andrea Minuz

Viaggio tenero e spregiudicato nella televisione delle lacrime, delle rivendicazioni e della vecchiaia creativa. Personaggi e interpreti di una commedia costruita anche con i pentimenti. Manuale Cencelli o Cencel culture?

PUBBLICITÁ

Rinnovati i poteri emergenziali, mentre la televisione generalista rimanda stancamente programmi che non si capisce più se siano repliche o no, e ci si prepara alla sterminata vacanza che ci porterà direttamente all’autunno caldo, pare che i sentimenti degli italiani, più scoperti che mai, siano rappresentati ancora dal tubo catodico. Deformati, ma mica tanto. Quella italiana è una televisione naturalmente specchio del paese, dunque imbolsita e incattivita. Rabbia, invidia, risentimenti e pentimenti. Risse sempre più stanche. Lacrime, rivendicazioni. Riposizionamenti. Auscultazione di fenomeni lontani, da paesi più progrediti, che si tenta di riciclare e rendere comprensibili agli utenti domestici. Una tv di un’Italia con più pensionati che lavoratori, più decessi che nascite, più vecchi che giovani, in un triplice allineamento astrale finalmente certificato dalle statistiche: una tv per quota 100.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Rinnovati i poteri emergenziali, mentre la televisione generalista rimanda stancamente programmi che non si capisce più se siano repliche o no, e ci si prepara alla sterminata vacanza che ci porterà direttamente all’autunno caldo, pare che i sentimenti degli italiani, più scoperti che mai, siano rappresentati ancora dal tubo catodico. Deformati, ma mica tanto. Quella italiana è una televisione naturalmente specchio del paese, dunque imbolsita e incattivita. Rabbia, invidia, risentimenti e pentimenti. Risse sempre più stanche. Lacrime, rivendicazioni. Riposizionamenti. Auscultazione di fenomeni lontani, da paesi più progrediti, che si tenta di riciclare e rendere comprensibili agli utenti domestici. Una tv di un’Italia con più pensionati che lavoratori, più decessi che nascite, più vecchi che giovani, in un triplice allineamento astrale finalmente certificato dalle statistiche: una tv per quota 100.

PUBBLICITÁ

 

Quella italiana è una televisione specchio del paese, dunque imbolsita e incattivita. Rabbia, invidia, risentimenti e pentimenti

MM: La presentazione dei nuovi palinsesti Rai diventa così anche lei filtro del paese profondo. Ecco, per esempio, “The Voice Senior”, condotto da Antonella Clerici, programma per “scoprire i talenti over 60, per risarcire la loro mancata ambizione, fornirgli l’occasione di rimettersi in gioco”. Potremmo diventare una variante artistico-creativa del Portogallo, tutti in pensione, tutti in vestaglia, cantanti, crooner, ballerini in tv o nelle stories di Instagram, dopo la prova generale dei balconi che ci ha visti primi nel mondo.

PUBBLICITÁ

 

AM: E siccome non è vero che da anziani si debba vivere solo di ricordi, ma si può avere anche una vecchiaia creativa, ecco finalmente la fiction su Rita Levi Montalcini con Elena Sofia Ricci. Peccato però abbiano bocciato quel progetto che avevo mandato tempo fa alla Andreatta: un remake di “Tootsie” con Augias al posto di Dustin Hoffman, dove lui, vecchio attore che non trova più lavoro si veste da donna, si presenta ai casting per la fiction sulla Montalcini e lo prendono, anche un po’ per l’incredibile somiglianza. La fiction è un successo stratosferico, Augias-Montalcini su tutte le copertine dei settimanali, cofanetto in dvd in edicola con “L’Espresso”, traccia agli esami di maturità, finché in un’intervista con Mara Venier a “Domenica In”, lui si toglie la parrucca in diretta, svela l’atroce verità e parte un lungo monologo sul gender scritto da Christian Raimo. Tutto lo studio in lacrime. Sgomento nel paese. Sdegno di Meloni e Salvini.

 

MM: Sei pazzo? Neanche Beppe Grillo si era mai spinto a tanto sulla Montalcini. Piuttosto, sempre Augias, vista la sudamericanizzazione del paese in corso, potrebbe fare un’ottima Evita Peron. Insomma è Augias contro tutti, nel paese che gli vuole impedire di fare tutte le parti, soprattutto femminili. Così il dibattito #gender lanciato dalla Parrella al premio Strega, e proseguito con Augias specializzatosi nel tema delle rivendicazioni femminili, è stato finalmente recepito anche in Rai. Ecco per esempio Coletta che ha annunciato trionfale: “Donne di tutte le età in primo piano”.

 

PUBBLICITÁ

AM: “Donne di tutte le età in primo piano è una delle mission di Stefano Coletta, direttore dell’ammiraglia del servizio pubblico”, così titola l’Ansa, che poi sarebbe il novanta per cento del target della tv di Barbara D’Urso e Maria De Filippi: “Donne di tutte le età”.

PUBBLICITÁ

 

MM: E dunque per questa nuova sensibilità cosa c’è di meglio di un bel programma intitolato “Ciao Maschio”, che da novembre vedrà Nunzia De Girolamo ogni sabato sera su Rai 1: “Un parterre di ospiti esclusivamente al maschile che si sottoporranno al fuoco di fila delle domande e delle curiosità della conduttrice, pronta a scavare nei meandri della vita personale e professionale dei suoi interlocutori, nei piccoli misteri del quotidiano. Un dialogo intimo ma anche collettivo sulle tematiche può coinvolgenti della attualità, della tradizione ma anche della modernità”. Una specie di “Harem” (quello con Catherine Spaak) al contrario. Moderno no?

PUBBLICITÁ

 

AM: Harem con manuale Cencelli.

 

MM: E’ la Cencel culture.

 

AM: Ma se alla De Girolamo, maritata Boccia, danno tutto l’Harem, a un’altra ex first lady levano la cucina.

 

MM: “La Prova del cuoco chiude e questo lo sanno tutti ma fa parte del lavoro, basta darsi una mossa. Mia mamma si preoccupa per me ma io sto facendo il lavoro più bello del mondo”, ha detto pragmatica la Isoardi in un drammatico collegamento con la mamma Irma da Colletto di Castelmagno, in Piemonte. Dopo ventisei anni il programma di cucina di Rai Uno chiude definitivamente i battenti, lasciando spazio, secondo le voci, a un nuovo programma di Antonella Clerici, “La casa nel bosco”, coerentemente alla nuova domanda abitativa per borghi e bassa intensità, come spiegano gli urbanisti. Chissà che ne sarà della Isoardi, che per un po’ era sembrata una first lady perfetta per l’epoca Masterchef, solida professionista del tele-fornello nazionale, e incidentalmente fidanzata anche di Matteo Salvini: una figura dunque a cavallo tra Ivanka Trump e Wilma De Angelis.

 

AM: Da questi palinsesti Rai viene fuori, come sempre, il lessico sentimentale di un paese con un cuore pieno di nostalgia, sentimento dominante della tv pubblica, non a caso celebrato ogni sera d’estate da “Techetecheté” (Ah Signora mia il varietà di una volta! Studio Uno! Alberto Lupo! Gli sceneggiati!).

 

MM: Ma c’è anche una voglia matta di anni Ottanta e partecipazioni statali.

 

AM: E’ una Rai “modello Atac”, direbbe qui Virginia Raggi, nella frenesia collettiva delle nazionalizzazioni. Una Rai che dopo aver messo le mani su Netflix con l’operazione Andreatta, non si accontenta di Clerici o Amadeus o Cuccarini ai vertici dello “Zecchino d’Oro” (così pare). Macché. Si prende anche Maria De Filippi.

 

MM: Sarà “l’evento dell’autunno”, spiega sempre Coletta, un “evento speciale in prima serata, per la giornata della memoria contro la violenza sulle donne con Sabrina Ferilli, Fiorella Mannoia, Maria De Filippi”. Una consacrazione in quota pedagogico-civile di Maria De Filippi. Un arco di trasformazione narrativa esemplare che ora le permette di passare con gran disinvoltura dal pomeriggi e di “Uomini e donne” al femminicidio in prima serata.

 

“Temptation Island” era il pezzo mancante alla trilogia defilippica, “Amici - Uomini e Donne - C’è Posta per te”

AM: La sua televisione, metafora e specchio illuminante e neanche troppo deformante della frantumazione della società italiana degli ultimi trent’anni, raggiunge forse una sua vetta di precisione sociologica con “Temptation Island”. Era in fondo il pezzo mancante alla trilogia, “Amici - Uomini e Donne - C’è Posta per te”, cioè la variante defilippica delle “tre età della donna” di Klimt (poster in cameretta; in cerca di marito; bilancio esistenziale). Ecco quindi l’apertura sulle corna. Se nella trilogia tutto è affermazione di sé stessi (“Amici”), o costruzione, disfacimento e ricomposizione di un simulacro di coppia e di famiglia (“Uomini e Donne”; “C’è posta per te”), con “Temptation Island” si celebrano invece le corna, la carne tatuata, la chiappa soda, l’addominale, la lussuria di massa nelle sue sfumature più coatte e zozzone.

 

MM: Anche Aldo Grasso si è occupato di “Temptation Island”, definito “uno dei momenti topici dell’estate”. Ma ne ha bacchettato il sessismo. “Io fatico sempre a capire perché la De Filippi”, scrive Grasso, “faccia sempre fare alla donna la figura della zerbinata”.

 

AM: A Sabaudia, la nostra “temptation” litoranea, va in scena anche il drammone sentimentale dell’estate, in un gossip sempre più orizzontale, da “democrazia diretta”.

 

MM: Sulla spiaggia che vede Di Maio e la morosa giocare a pallettoni, ecco la storia che vuole Alessia Marcuzzi in rotta col marito e colta in flagrante con Stefano De Martino, che avrebbe rotto a sua volta con la precedente fidanzata Belen Rodriguez. Ma ci sarebbe una nuova fidanzata, tra smentite varie, addirittura omonima, un’altra Rodriguez, tale Mariana Rodriguez, non argentina né parente della prima, bensì venezuelana, e dunque perfetta nel clima geopolitico del paese, tra le nazionalizzazioni (Alitalia, Autostrade) e l’aspirazione per quel modello lì. “Se ad occuparsi del deserto ci fosse lo Stato, si rimarrebbe presto senza sabbia”, dicevano i liberisti seri, e così forse ci sarà da preoccuparsi per la spiaggia di Sabaudia. Ci si prospetta comunque un paese impoverito, una tv di risparmi.

 

AM: Una televisione fatta su Zoom e Skype (il sogno di Cairo). Una tv che ha tolto qualunque residuo di glamour al collegamento e riempito lo schermo di pappagorge e doppi menti sullo sfondo di tragici salottini. Anche questa è una nazionalizzazione dell’estetica televisiva. L’unica cosa che non cambia, anzi aumenta sempre, è la lacrima, segno visibile dell’incontinenza emotiva celebrata quotidianamente dalla tv.

 

MM: E si continua a piangere. Barbara D’Urso scoppia in lacrime per il suo compleanno celebrato in diretta, Mara Venier ormai fa le interviste coi kleenex. L’altro giorno vedevo la replica della puntata di “Domenica In” con Tiziano Ferro, fuori c’erano 36 gradi, in studio loro due con l’albero di Natale. E anche lì giù lacrime a non finire. Alla domanda “Com’è piangere in tv”, Jack Osbourne dice che è come andare in terapia, “se fai mezz’ora non succede niente, ma se fai un’ora, finisci per frignare”. Forse è così. Più televisione fai, più diventi emotivamente incontinente.

 

Le scuse solenni, altro mood televisivo decisivo di questi anni, col passaggio dalla “tv del dolore” alla “tv del pentimento”

AM: Vero. Guarda anche il programma di Diaco. Racconti di vita, schitarrate, confessioni “a cuore aperto”. Poi, puntata dopo puntata, Diaco ha preso sempre più confidenza con la lacrima. Diaco piange per Nadia Toffa, Diaco piange parlando del marito che gli ha dato la “stabilità”, Diaco piange ricordando Enzo Tortora, Fabrizio Frizzi, Mino Damato, Luciano Rispoli, “anime salve della televisione”, come dice lui, “che ho messo insieme perché anche se sono piccolo, ho preso ispirazione da voi”. Diaco piange quindi per sé stesso, cioè scoppia in lacrime davanti a Insinna che diventa specchio del suo pentimento, perché proprio come Insinna Diaco ha sbagliato a trattare male gli ospiti. Ma noi in questo lavoro “diamo al massimo” e “può succedere di perdere le staffe”.

 

MM: Le scuse solenni, altro mood televisivo decisivo di questi anni, col passaggio dalla “tv del dolore” alla “tv del pentimento”. Perfetta in un paese in cui nessuno, davanti a scandali o condanne o errori anche madornali, si dimette mai da nulla. Casomai va in tv a chiedere scusa.

 

C’è il “percorso che abbiamo fatto insieme” in televisione, ci sono i “percorsi sensoriali” dei centri benessere e delle Spa

AM: E poi, prima o dopo o durante le scuse o le lacrime arriva la formula magica, la parola-chiave, la password dell’anima televisiva: “In questi anni ho fatto anche un percorso”. Il “percorso” si fa a “X Factor”, al “Grande Fratello”, a “Domenica In”, a “Uomini e Donne”, “Amici”, “C’è Posta per te”, “Temptation Island”. Tutti in tv fanno un “percorso”e il percorso è ormai ovunque. C’è il “percorso che abbiamo fatto insieme” a “X Factor”, ci sono i “percorsi sensoriali” dei centri benessere e delle spa. Ma qui per esempio Diaco non ci sta. Qualche puntata fa sbroccava con Corinne Clery. Lei raccontava di aver fatto tutto “un suo percorso” al Grande Fratello (diventato ormai un grande rehab) e lui la incalzava: “Mi rifiuto di credere che i sentimenti possano passare attraverso il mezzo freddo e costruito della tv. La psicologia è una cosa seria, io stesso ho fatto un percorso, non può passare in un programma televisivo; quando ho fatto un reality mi sono sottratto a logiche finte. Non ci credo che dietro la televisione possa esserci la verità. Non ti credo”. Di percorso ce n’è uno solo. Quello che fa dal suo analista.

 

MM: Bisognerebbe chiedere a Recalcati

 

AM: Il Paolo Sorrentino della psicanalisi.

 

MM: Grandioso il suo “Lessico amoroso”, grand tour sentimentale di nicchia, nei meandri dell’anima lacaniana, con raffreddamento brechtiano e penombra da teatro off-off.

 

AM: E chissà se si sarà raffreddata la Cuccarini. La più amata dagli italiani e la più dimenticata alla presentazione dei palinsesti Rai. Arrivata in quota sovranista e subito accapigliatasi col co-conduttore Matano con motivazioni da #metoo (troppo maschilismo, dice). Sovranista-femminista, Cuccarini è un fantastico personaggio italiano da Nuovi Mostri: è l’icona gay omofoba, anche qui una rarità assoluta.

 

MM: Che nostalgia oggi per quegli spot delle cucine, per quei balletti con la Martinez. Per quegli anni in generale. Sempre gli Ottanta. Così ci piace tanto anche la confessione dopo quarant’anni di Fabrizia Carminati, mitologica valletta di Canale Cinque, che ha appena confidato ai giornali il suo amore d’epoca ricambiato per il Cav. Siamo in pieno “Uomini e donne Over”.

 

AM: Anche Mediaset è ormai pronta per la nostalgia da servizio pubblico. E poi scusa, ma se il New York Times sbarca su Netflix, come ha annunciato, producendo film e serie tv, allora anche la Rai deve fare qualcosa. Le edizioni Eri potranno per esempio diventare le edizioni Iri, perfette per l’epoca della grande nazionalizzazione: dal piano Ina-casa a quello Iri-Netflix.

  

MM: Il primo prodotto potrebbe essere un remake di “Innamorato pazzo”, clamoroso successo del 1981 con Celentano e Ornella Muti. Trama: Cristina, principessa del piccolo regno di Saint Tulipe, è in visita di stato a Roma alla disperata ricerca di 50 miliardi di lire per salvare l’indipendenza del principato, altrimenti dovrà andare in sposa a un miliardario venditore di armi. Annoiata e ribelle, decide di farsi un giro per Roma. Su un autobus incontra un conducente di nome Barnaba Cecchini. Alla fine, in uno sgangherato remake di “Vacanze romane”, ci penserà Cecchini Barnaba a ripianare le finanze del regno, sposandola e tassando i romani che metteranno diecimila lire ciascuno per salvare il regno.

  

AM: Al posto della Muti basta mettere la Raggi. E’ il “modello Atac”, bellezza. E non puoi farci niente.

Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ