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La prima Netflix a partecipazione statale del mondo

Serena Magro

Dalla Rai alla Silicon Valley. Cosa cambia con l'arrivo di Tinny Andreatta

Con l’arrivo di Eleonora Andretta inizia una nuova era per il colosso dello streaming: potremmo chiamarla la prima Netflix a partecipazione statale del mondo. Dopo le varie Suburra e Baby e Skam Italia, anche nella Silicon Valley hanno capito una cosa fondamentale: quando sei a Roma fai come i romani (avranno letto il libri di Verdelli sulla Rai e le pagine dedicate a Tinny Andreatta?) E a Roma non c’è algortimo che tenga. La fusione tra il turbocapitalismo dello streaming e la melina di Rai Fiction è l’incontro tra due culture aziendali antitetiche e un capolavoro per vari motivi.

 

Anzitutto, per fare fiction in Italia bisogna conoscere i meccanismi italiani, inclusi quelli della politica italiana, e nessuno li conosce meglio di Eleonora Andreatta. Inoltre, in questi anni, Andreatta ha fatto fare un salto enorme alla nostra Fiction. Anche se a prima vista potrebbe sembrare un po’ come se gli Avengers ingaggiassero Don Matteo, Andreatta a Netflix è perfetta (e forse sono anche maturi i tempi per un prete coi superpoteri che salva l’Universo). Le serie “italiane” di Netflix sono sembrate in questi anni sempre un po’ fuori-fuoco, sbiadite, desiderose di allargare l’orizzonte della fiction italiana, certo, ma anche sempre costrette ad arrendersi di fronte a “Montalbano” e “L’amica geniale”. Non c’era partita. Andreatta, semmai, può essere la chiave, l’anello mancante, la password politica e il compromesso storico (che è nel DNA della famiglia Andreatta).

 

Chiediamoci piuttosto due cose. La prima: chi altro in Italia avrebbe potuto occuparsi dei contenuti di Netflix se non Eleonora Andreatta? Quanti altri nomi erano spendibili? Questo è un mercato troppo piccolo per non passare dalla Rai e non è una sola Netflix che può cambiarlo. La seconda: la Rai perde un pezzo fondamentale, un talento allevato in casa che lascia andare al culmine della sua operazione di rinnovamento – anche se sono sempre passaggi delicati: l’arrivo di Pippo Baudo a Fininvest (nel 1986), sedotto dall’offerta delle tv private di Berlusconi, si rivelò un gran flop. E poi forse Andreatta voleva il posto di Salini, quando ha capito che non ci sarebbe arrivata se n’è andata nella Silicon Valley. Una nuova èra quindi? Sì forse. Soprattutto per Netflix. Che deve aver capito che a botte di Suburra, in Italia, si può fare notizia ma non si può andare lontano. E che deve aver capito che per poter produrre contenuti in Italia non lo puoi fare senza avere dimistichezza anche sui meccanismi politici, sui finanziamenti statali, sul tax credit e su tutti gli ingranaggi del sistema politico italiano. Da questo punto di vista, la brava Andreatta può diventare la password per trasformare Netflix in una sorta di nuova partecipata dallo stato. Sperando che Netflix, del sistema cinematografico italiano, sappia prendere il meglio, senza diventare ostaggio, come la Rai, di piccole e grandi correnti e di nuovi e vecchi partiti.

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