LaPresse/Claudio Bernardi

Date una medaglia al Mannoni furioso contro la Berlinguer ritardataria

Serena Magro

Il Walzer lento di Lineanotte, altro che talk show

Una piccola sfumatura di disprezzo, un accenno di compiacenza, un’esitazione minima che al massimo sfocia in un “bah”, niente di più: Maurizio Mannoni sa che il ragionamento notturno non vuole polemiche con urli né entusiasmi sanguigni e rifugge perciò (e gliene sia lode tra le tante meritate) dal classico repertorio da talk-show. Le cose vanno come vanno ma “nulla di inumano ti sia estraneo” come raccomandava André Glucksmann per capire il mondo. E Mannoni, partecipe up to a point come un chirurgo che ne ha viste tante, si muove con scaltrezza tra umano e inumano con qualche problema solo per il troppo umano. Con qualche fastidio, quindi, per la piccola vanità di chi lo precede (in ordine di palinsesto e perciò di apparizione) e non riesce a regolarsi sull’orario di chiusura perché alla ricerca affannosa del minuto in più che possa regalare la quota di ascolto migliorata dalle più generose percentuali tardo serali. Vede nero, per dire una sciocchezza, solo quanto c’è di mezzo Bianca (Berlinguer) e la sua “Cartabianca”. Un talk classico, con le interviste, gli ospiti, la fatica della serata centrale (proviamo a ribattezzare così la prima serata ormai non più ben definita, che ne pensi Aldo?). Un talk, mentre quella di Mannoni è una conversazione, stentato, odoroso di già visto e intriso di compiacimento. E Bianca annaspando sfora. Cose di minuti, certo, ma mettetevi al posto di chi è lì che aspetta e ha invitato altre persone e sa che tra l’altro appena comincia può dire due parole, provare a riassumere in un epigramma la giornata, e subito deve dare la linea alle notizie del tg, che pur se trattate professionalmente un po’ spezzano il racconto mannoniano. Bianca sfora, ri-sfora, e alla fine questa settimana Mannoni, il pur finto placido Mannoni, sbotta. La cronaca è nota: invece dell’epigramma di giornata ecco un’invettiva, sui sette minuti e mezzo di ritardo subiti a causa del convoglio precedente. La voce strozzata a denunciare quel 7 e mezzo, e, ancora più raro dell’appiattimento vocale, un inizio di incazzatura manifesta. La rabbia, giusta, si trattiene e non degenera nell’insulto solo (ma per quanto resisterà?) grazie a un richiamo all’autorità costituita, il direttore di rete, cui in diretta è stata affidata la querela di parte. Non lo biasimiamo. I precisini delle buone maniere obiettano che sarebbe stato meglio risolvere la questione in privato. Ma sbagliano, intanto perché Mannoni aveva da dare spiegazioni al suo pubblico affezionato e ai suoi gentili invitati, ai quali, per quanto la sera tardi si sia più indulgenti, non garbano i ritardi. E poi perché chi di talk colpisce è con la parola che viene ripagato e la parola se non è pubblica, televisiva, scandita con rabbia davanti alla telecamera, che parola è?

   

Oltretutto Berlinguer, se mai ne ha avuta una, da tempo ha esaurito la sua spinta propulsiva sugli ascolti. E il povero Mannoni si trova a subire il provocato ritardo non da chi poi ti porta in dote le sue masse di telespettatori, ma, al contrario, da chi ti costringe a risalire faticosamente alla ricerca di consenso televisivo. Nella sera in cui è esplosa la rabbia mannoniana, “Cartabianca” si era fermata a un ascolto medio del 3,83 per cento pur provenendo dal solido quasi 7 per cento della rodata “Un posto al sole”. Ed è toccato a Mannoni, protetto dalla giacca stazzonata, tornare comunque stabilmente sopra al 5 per cento. Una buona tenuta che “Lineanotte” riesce a mostrare anche quando viene responsabilizzata dall’eredità, quella sì cospicua, di “Chi l’ha visto”. In quelle avvincenti serate Mannoni, preceduto da ascolti a due cifre, riesce spesso ad attestare il suo racconto-con-riflessione serenamente sopra al 10 per cento. Mostrando ai suoi affezionati la rinnovata capacità di tenere insieme il racconto di intere giornate di terribile politica italiana, con una spruzzata di follia trumpiana nell’immancabile aggiornamento americano, e qualche altro colpo di scena mondiale. E con in più il presidio vero, in diretta, degli orari post mezzanotte, col gusto di vedere i titoli dei giornali sul nascere, mentre “Porta a Porta” e “Matrix” si adagiano su comode registrazioni pomeridiane. Ad aiutarlo la compagnia costruita più o meno sempre sulla tripartizione politici/giornalisti/intellettuali. Oltre al suo staff redazionale che a volte è necessario riprendere bonariamente perché, equivocando, va inutilmente a sincopare il Walzer lento di Mannoni. Perché il flusso della conversazione è come il flusso del tempo, non va disturbato, né con inutili tentativi di accelerare né con gli scostumati ritardi, Lui non chiede poi molto, ma, nel regno della proroga, chiede l’impossibile.

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