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La scomparsa di Facebook (e compagnia) è un problema tanto complesso quanto banale

Andrea Trapani

Nessun attacco hacker, ma solo un problema di rete. La galassia di Zuckerberg è diventata troppo grande per essere gestita come è sempre stata gestita?

Facebook down, perché non centrano gli hacker

 

Ricostruire la catena degli eventi che ha fatto sparire, letteralmente, la galassia di Mark Zuckerberg da internet per sette ore è già una delle ricostruzioni più attese dei prossimi giorni. Intanto bisogna fare i conti con il ‘blackout’ nella settimana più nera della storia della società americana. Non accadeva dal 2019 che Facebook, Instagram e Whatsapp fossero offline contemporaneamente. Può capitare, ma non con queste proporzioni. Anche perché stavolta i problemi da affrontare sono tanti e uno più importante dell’altro.

Non erano passati che pochi giorni dall’intervista di Frances Haugen, l'ex dipendente che ha permesso le recenti inchieste del “Wall Street Journal” sul social network, che è scoppiato uno dei guai più grossi a livello globale per la fornitura dei servizi agli utenti. Non solo. Mark Zuckerberg, secondo Bloomberg, nelle scorse ore ha perso circa 7 miliardi di dollari per le ricadute sul mercato azionario legate al blackout delle piattaforme.

 

Le (tante) scuse per un problema (tanto) complesso

Le scuse, tante, probabilmente mai così tante, sono state la prima comunicazione ufficiale di Facebook nel pomeriggio californiano. Un brutto segnale. Mai uno stop era stato così grave, anche perché - secondo la dichiarazione ufficiale -  “ciò che ha portato al blocco ha fermato vari nostri tool interni e sistemi che usiamo nell'operatività quotidiana (si pensi a Workplace, ndr), rendendo più complicati i nostri tentativi di diagnosi e risoluzione precoce del problema”.

Un problema non di poco conto. Tecnicamente tanto complesso, quanto facile da spiegare metaforicamente: è come se, all’improvviso, l’isola di Facebook fosse scomparsa dal pianeta e non fosse più raggiungibile in alcun modo. Anche per Facebook stessa visto che, nei resoconti che ieri già affollavano le varie discussioni su Twitter (che ha vissuto il proprio giorno di gloria), i sistemi interni erano diventati irraggiungibili per gli stessi dipendenti: dai badge che non funzionavano all’intervento tecnico che è stato ritardato proprio perché “questa interruzione del traffico di rete ha avuto un effetto a cascata sul modo in cui comunicano i nostri data center, interrompendo i nostri servizi”. Impossibile comunicare per Facebook attraverso Facebook. Paradossale ma non troppo visto che un’azienda del genere, anche per ovvi motivi di sicurezza, ha deciso di internalizzare la gestione di ogni fase lavorativa. Compresa l’apertura delle porte.

 

L’isola che non c’era più

Non sono mancati i commenti autorevoli. Già in serata Cloudflare (per chi non la conoscesse è una società che si occupa di content delivery network, servizi di sicurezza internet e servizi di DNS distribuiti, ndr) aveva scritto una spiegazione approfondita su quel che era successo. In parole (più o meno) semplici Dane Knecht, senior vp di Cloudflare, a caldo aveva spiegato (ovviamente su Twitter) che il DNS di Facebook "e altri servizi sono fuori uso" e che i suoi percorsi Border Gateway Protocol (BGP) sono stati "tolti da Internet". La connessione internet degli utenti non c’entrava niente. Come del resto i servizi degli ISP. " Non è stato un problema di Cloudflare e i nostri sistemi stanno funzionando normalmente". Andando ancora più nel dettaglio Muzaffar, svp Engineering di Cloudflare, ha detto a Mashable che il problema era legato proprio al Border Gateway Protocol (BGP) che funziona "un po' come il sistema con cui vengono processate le mail negli uffici postali, il BGP seleziona i percorsi più efficienti per instradare il traffico di Internet”.

Insomma, se avete letto di attacchi hacker o altre motivazioni fantascientifiche per la sospensione dei servizi di Facebook, non credeteci. Si è trattato, semplificando, di un problema di rete. Nel senso letterale, visto che è venuto a mancare lo strumento con cui l’infrastruttura di Facebook comunica al resto del mondo (di internet) la propria presenza e le vie per raggiungerla. Anche nel senso fisico, tanto che - quasi in tempo reale - il New York Times aveva reso noto a tutto il mondo che era stato inviato "un piccolo team" per resettare manualmente i server in un centro della California.

Come è potuto succedere tutto questo? Un utente anonimo su Reddit, autodichiaratosi dipendente di Facebook, aveva scritto che erano state cambiate alcune configurazioni prima del disservizio. Vero, falso? Non si sa. L’utente si è cancellato da Reddit assieme al thread che aveva creato, ma l’ipotesi è probabile. 

 

I guai con l'Antitrust

Il giorno dopo, in attesa di ricostruire il complesso sistema di eventi, rischia di sorridere solo l’Antitrust americana che, proprio lo scorso agosto, aveva avviato una nuova azione contro Facebook con l’accusa di attività monopolistiche. La Federal Trade Commission, infatti, era tornata a chiedere la cessione di Whatsapp e Instagram dopo che un giudice lo scorso giugno aveva respinto l’iniziativa. Il blackout di una sola società che ferma tre servizi di tale rilevanza globale rischia di diventare un’arma letale contro Zuckerberg che, casualità, aveva tempo proprio fino a ieri, 4 ottobre, per rispondere alle accuse in tribunale.

Il mondo Facebook ormai è troppo grande anche per il suo fondatore, ma questa rischia di diventare presto un’altra storia da raccontare.

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