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Apple vara una piccola rivoluzione per Siri. E per la privacy (per ora)

Andrea Trapani

Con il nuovo sistema operativo iOS 15 l'assistente vocale potrà gestire una varietà di nuovi comandi senza una connessione Internet. Ma potrà essere utilizzato anche su dispositivi di terze parti. Nuovi problemi all'orizzonte?

Apple ieri ha annunciato iOS 15, un importante aggiornamento con potenti funzioni che migliorano l’esperienza d’uso di iPhone.

iOS 15 promette di rendere le chiamate FaceTime più naturali, oltre a introdurre la nuova funzione SharePlay per condividere contenuti in sincrono, aiutare gli utenti a mantenere la concentrazione con nuovi modi per gestire le notifiche, portare maggiore intelligenza (artificiale, s’intende) nelle foto e nella ricerca affinché si arrivi rapidamente alle informazioni che ci interessano. Insomma, le innovazioni non mancano. Come un po’ di scetticismo rispetto alle attese della vigilia. Intanto Mappe promette di fornire nuovi modi per esplorare il mondo (la concorrenza con Google Maps è spietata), l’app Meteo è stata ridisegnata con mappe a tutto schermo e nuove modalità di visualizzazione dei dati, Wallet include il supporto per chiavi di casa digitali e documenti di identità, e navigare in internet con Safari – assicurano da Cupertino - è ancora più semplice grazie ai nuovi gruppi di tab e al nuovo design della barra delle tab. iOS 15 include anche nuovi controlli per la privacy in Siri, Mail e altri luoghi in tutto il sistema per proteggere ulteriormente le informazioni dell’utente.

Ecco, Siri che è protagonista probabilmente di una delle novità passate più sotto traccia.

Apple ha parlato molto di privacy con l’introduzione di iOS 15, ma anche del suo assistente vocale. Con l’aggiornamento del sistema operativo, Siri potrà gestire una varietà di nuovi comandi senza una connessione Internet. Una piccola rivoluzione. Non perché fosse particolarmente sentita l’esigenza di usare l’assistente vocale senza essere connessi alla rete, ma perché con questo innovazione – ossia il riconoscimento vocale on‑device - l’audio delle richieste fatte a Siri viene elaborato interamente su iPhone per impostazione predefinita, migliorando notevolmente le prestazioni. Ciò significa, come ricordano siti specializzati come iPhoneItalia, che richieste come l’impostazione di timer o l’avvio di app potranno essere eseguite senza alcuna comunicazione con un server, rendendo l’esperienza più veloce e più reattiva.

Cosa c’entra la privacy? Molto. In questo senso l’innovazione sembra andare nella giusta direzione. Anche perché Apple (finalmente) afferma che l’audio registrato da Siri non lascerà mai il dispositivo locale. Un tema non banale, spesso sottovalutato, finalmente preso di petto.

Se da una parte c’è una buona notizia, dall’altra si scopre che Siri arriverà per la prima volta anche su dispositivi di terze parti: in termini pratici, permetterà di fare richieste vocali a dispositivi per la smart home di altre marche. In termini teorici, soprattutto per le prospettive future del trattamento di questi dati, si spalanca però un ampio spettro di possibili problematiche. Lo sa bene la dottoressa Lavinia Vizzoni, assegnista di ricerca al Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Siena, che ha dedicato un volume (“Domotica e Diritto. La Smart Home tra regole e responsabilità”, ed. Giuffrè Francis Lefebvre) a questa tema. “La consapevolezza dell’asimmetria informativa, di cui soffre l’utente nel contesto del trattamento dei dati personali, è emersa significativamente e da tempo anche a livello europeo: soprattutto quando sono coinvolti consumatori, si è invocata la necessità di garantire al soggetto il diritto effettivo di comprendere le implicazioni almeno dei trattamenti automatizzati, al fine di orientare i loro processi decisionali”, afferma Vizzoni.

In pratica, attivando un servizio terzo, risulterebbe condizionato il consenso che viene richiesto come presupposto per la fornitura di un servizio o di un prodotto. Un fattore ancora più rilevante quando l’attività del trattamento dei dati non è necessaria per offrire il servizio o il prodotto in questione. Potrebbe succedere. Certo, la privacy è un “must” per Apple ed è diventata anche oggetto specifico di alcune campagne pubblicitarie. Non bisogna però dimenticare che, oggi, sono due contesti in cui ci si trova ad operare: è una sfida del legislatore, soprattutto quello europeo, far sì che le normative in materia di protezione del consumatore e quelle di ‘data protection’ possano essere lette come volte alla regolazione di un mercato in cui occorre garantire un’effettiva tutela tanto dei consumatori, quanto dei dati personali, nel più ampio contesto finalizzato alla corretta costruzione di un mercato unico digitale.

Una sfida impossibile? Non del tutto. Certo che per i produttori diventa sempre più difficile sviluppare soluzioni “facili da usare” compatibili con la necessaria consapevolezza dei cittadini. Che fondamentalmente, nella quasi totalità dei casi, accettano i termini e le condizioni per iPad e iPhone scrollando il testo per la conferma. Giusto per dare una misura, il PDF che elenca le condizioni della licenza di iOS 14 è di ben 460 pagine (in più lingue ovviamente), di cui 13 in italiano. Senza contare che, nelle pagine che uno potrebbe decidere di leggere, ci sono sono ulteriori rimandi esterni. Non accade solo con Apple, ovvio che no, anche gli altri produttori vivono questo contrasto tra facilità d’uso e complessità legale nel rapporto con il cliente. Con il rischio, come evidenzia Vizzoni, di accentuare un problema di asimmetria – tra consumatore e produttore – che si rivela con un paradosso: “Il contraente rischia di prestare quello che è stato definito un consenso «forzato», finalizzato all’accesso a beni o servizi. Il consenso «illusorio» al trattamento dei dati si accompagna così ad un consenso che non è genuino neppure sul versante contrattuale.” C’è da lavorare. La strada per una privacy consapevole è ancora lunga. Chissà se Siri lo sa.

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