WhatsApp contro tutti

Maurizio Stefanini

Altro fronte aperto dalla modifica delle condizioni di utilizzo dell’app. Il peso di Telegram, l’ascesa di Signal

La tempesta perfetta già in corso sulle Big Tech è diventata anche una guerra della messaggistica. Due gli eventi che hanno scatenato l’ultima buriana. Da una parte, la decisione dei maggiori social di stabilire un bando su Trump dopo le dichiarazioni che avevano istigato l’assalto a Capitol Hill. Subito dopo in Italia si è aggiunto un bando di Twitter all’account di Libero – per la verità non troppo chiaro, e comunque revocato senza spiegazioni dopo 12 ore. Dall’altro, c’è stato un cambio dei termini e delle condizioni di WhatsApp, che ha dato un mese a tutti i suoi utenti per accettare alcune modifiche.

 
La prima novità non è stata senza conseguenze per Twitter, visto che il titolo ha perso in Borsa il 6,41 per cento: con picchi del 10. Comunque ha suscitato l’ira dei seguaci di Trump, che già avevano iniziato ad ammassarsi su Parler, passata in un mese da 5 a 15 milioni di utenti. C’era appena approdato anche Salvini prima che sparisse dai server: cancellata da Amazon, dopo avere elencato una lista di ben 98 violazioni delle sue regole. Ma anche Google Play Store aveva cancellato Parler dal proprio App Store, dopo averle comunicato che “non c’è posto sulla nostra piattaforma per minacce di violenza e attività illegali”. La seconda novità ha suscitato le preoccupazioni degli utenti di WhatsApp, che si sono messi a passare in massa a Telegram e Signal.

 

Il tutto, va ricordato, in uno scenario già agitato, perché quasi in contemporanea Stati Uniti, Ue e Cina hanno deciso di agire sulle Big Tech, ormai troppo potenti. Washington e Bruxelles facendo partire gli Anti Trust; la Cina facendo sparire direttamente Jack Ma. Soprannominato “lo Zuckerberg russo”, il creatore di Telegram, Pavel Durov, scappò dal suo paese quando nel 2014 il Cremlino prese il controllo di VKontakte, da lui creata in precedenza. Per evitare nuovi guai si è preso la cittadinanza dello statarello caraibico di Saint Cristopher e Nevis, fissando la sede del suo business a Dubai. Con 400 milioni di utenti contro i 2 miliardi di WhatsApp la sua sarebbe la più importante alternativa disponibile. “O noi, o il monopolio di Facebook”, è un suo slogan. Secondo vari critici la sua sicurezza non è migliore di WhatsApp, e dai manifestanti di Hong Kong è arrivato un invito a non fidarsi. È vero, in compenso, che non censura: nemmeno i contenuti complottisti più hard. A questa polemica ha ora aggiunto quella “contro il duopolio Google-Apple”, consigliando di passare da iPhone a Android. Lì, ha spiegato, c’è sempre la possibilità di installare qualunque app come archivio Apk senza vedere se sta in Google Play Store o no.

 

Ma pure Microsoft attraverso l’account Twitter ufficiale di Skype ha preso di petto implicitamente WhatsApp: “Skype rispetta la tua privacy. Ci impegniamo a mantenere privati i tuoi dati personali e non li vendiamo a terzi”. Appena superato Jeff Bezos come uomo più ricco del mondo, Elon Musk ha a sua volta consigliato Signal: terza alternativa, per ora con soli 20 milioni di utenti, ma in rapida crescita. Secondo Bufale.net, lavorerebbe “coi medesimi standard di sicurezza e con la stessa crittografia end-to-end”. Wired invece la considera migliore, perché memorizza pochissimi metadati, Per questo la utilizzano Snowden e la Commissione Europea. Ma la limitata base di utenti ne limita l’utilità: considerazione valida anche per l’israeliana-giapponese Viber, e ancora di più per la svizzera Wire, mentre l’altra svizzera Threema non è gratuita.

 

Di altri social network come Rumble, Sfero o MeWe si è occupata in Italia l’associazione Visionari, il cui giudizio è però piuttosto negativo. Di Sfero, “primo social network senza cookie”, spiega in particolare che viene utilizzato in particolare da No mask e No vax. “MeWe è molto simile a Facebook, ma ha dei gruppi aperti in cui chiunque può scrivere liberamente, e un annesso servizio di messaggistica”. “Rumble è una piattaforma di streaming video, come YouTube, ma con standard molto “lascivi”. 

 

Di più su questi argomenti: