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Contact tracing

Dati, sanità e Silicon Valley. Le decisioni che il governo deve prendere su Immuni

Eugenio Cau

Il sistema sanitario non è pronto a gestire la app per il tracciamento dei contagiati. I dubbi del Viminale sul cloud e i server. Integrare Apple e Google

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Milano. Mentre il dibattito su Immuni, la app scelta dal governo per rintracciare i contagiati da coronavirus, si avvitava in questi giorni attorno a ipotesi e dichiarazioni implausibili – per esempio la possibilità infelice che chi non avesse scaricato la app avrebbe subìto restrizioni di movimento: avanzata senza fondamento, molto discussa e poi smentita – non si è parlato abbastanza di alcune decisioni strategiche che il governo deve prendere per consentire al progetto di andare avanti. Alcune di queste questioni sono già in discussione, altre invece non sono in agenda, almeno per il momento, e questo rischia di rallentare l’adozione della app.

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Milano. Mentre il dibattito su Immuni, la app scelta dal governo per rintracciare i contagiati da coronavirus, si avvitava in questi giorni attorno a ipotesi e dichiarazioni implausibili – per esempio la possibilità infelice che chi non avesse scaricato la app avrebbe subìto restrizioni di movimento: avanzata senza fondamento, molto discussa e poi smentita – non si è parlato abbastanza di alcune decisioni strategiche che il governo deve prendere per consentire al progetto di andare avanti. Alcune di queste questioni sono già in discussione, altre invece non sono in agenda, almeno per il momento, e questo rischia di rallentare l’adozione della app.

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La prima decisione è: dove vanno i dati degli italiani che saranno raccolti da Immuni? Ora, prima di far partire isterie capiamo quali dati saranno raccolti: saranno pochi e anonimi, perché il sistema, a meno che il governo non decida di fare cambiamenti radicali, è in gran parte decentralizzato. Significa che il bluetooth raccoglie informazioni su chi vi è passato vicino sotto forma di codici alfanumerici, e questi codici rimangono sempre sul vostro telefono. L’unica eccezione è se fate il tampone e risultate positivi. A quel punto – questa è l’ipotesi – un operatore sanitario vi fornisce un codice di sblocco per caricare sul server l’elenco reso anonimo delle persone a cui siete stati vicino. Ma dove sarà questo server? Chi lo gestirà? Le ipotesi allo studio in questo momento sono due. La prima ipotesi è di usare un sistema cloud commerciale, quelli forniti dalle grandi aziende tecnologiche, che sono sicuri, rodati e garantiscono performance elevate. Ma, appunto, sono sistemi cloud che appartengono ad aziende private spesso non italiane. La seconda ipotesi, che a quanto risulta al Foglio è caldeggiata dal ministero dell’Interno, è quella di usare un’infrastruttura nazionale. Non è ancora chiaro, allo stato attuale del dibattito, se per il ministero è sufficiente che i sistemi cloud risiedano fisicamente in Italia oppure se sarà necessario ospitare i dati di Immuni su server gestiti dallo stato. In quest’ultimo caso, secondo fonti del Foglio, è probabile che il lancio del progetto risulterebbe rallentato.

 

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La seconda decisione riguarda l’integrazione con i progetti di tracciamento dei contatti lanciati da Apple e Google. L’integrazione di Immuni con i sistemi dei due giganti, gli unici che possono garantire che il tracciamento dei contatti raggiungerà abbastanza persone, è tecnicamente possibile. Per usare i loro servizi, Apple e Google richiedono alcuni requisiti di decentralizzazione e anonimizzazione dei dati, e Immuni li può garantire, a patto però che il governo non si metta di mezzo, chiedendo che il progetto sia modificato per esempio mediante una centralizzazione del sistema.

 

C’è anche una terza questione strategica, forse la più complessa: a quanto risulta al Foglio, il ministero della Salute non ha ancora preso posizione su alcuni temi fondamentali che riguardano lo sviluppo dell’app. L’intervento del ministero è importante. Avete presente l’operatore sanitario che prima vi fa il tampone e poi fa in modo che voi carichiate l’elenco anonimo delle persone a cui siete stati vicino? Ecco, di operatori sanitari così, medici e infermieri, ne servono probabilmente migliaia, che devono essere formati e a cui deve essere fornita una tecnologia (forse una app riservata soltanto a loro, forse qualcosa di più semplice) per abilitare il caricamento dei dati. Poi serviranno call center preparati ai quali indirizzare le domande dei cittadini che si trovano una notifica che dice loro che sono stati vicini a un contagiato, e molto altro. Insomma, uno sforzo organizzativo immane. Il ministero della Salute ha fin troppe cose a cui badare, ma su questo dossier ancora non ha preso una decisione. E poi, ovviamente, servono i tamponi e i test. La comunità degli esperti ha ancora molti dubbi sul fatto che il tracciamento digitale dei contatti sia davvero efficace, le prove sono scarne e gli studi pochi. Ma su una cosa sono tutti d’accordo: senza i tamponi non serve davvero a niente.

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