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Il Foglio Innovazione

La signora della tv dentro a YouTube

Eugenio Cau

Cecile Frot-Coutaz era una delle donne più importanti della televisione internazionale quando ha lasciato la casa di produzione Freemantle per la piattaforma video di Google. Oggi difende l’algoritmo accusato da tutti

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Quando, nell’ottobre del 2018, YouTube annunciò che aveva assunto Cecile Frot-Coutaz, l’Hollywood Reporter, che è la rivista principe per tutto quello che succede nel mondo dello spettacolo anglosassone, scrisse che era una “mossa choc”. In Italia i nomi dei grandi produttori del mondo dello spettacolo sono quasi sempre ignoti, e Cecile Frot-Coutaz non fa eccezione. Ma prima di entrare a YouTube come capo di YouTube Emea (dove Emea sta per Europa, medio oriente e Africa), la signora era una delle donne più potenti della televisione. “Ho trascorso ventitré anni nella televisione, di cui dodici a Hollywood. Gli ultimi sei anni li ho passati a Londra, come ceo di Fremantle”, racconta Frot-Coutaz al Foglio Innovazione. Fremantle è una casa di produzione televisiva globale che ha creato franchise come “X Factor”, “Got Talent” (declinato nei vari paesi, da noi è “Italia’s Got Talent”), “Idols” (come “Amerian Idol”).

   

Freemantle produce anche serie tv. “Sotto la mia guida abbiamo prodotto per Sky ‘The Young Pope’, diretto da Paolo Sorrentino, e una delle ultime cose che ho fatto è stato l’adattamento televisivo dei romanzi di Elena Ferrante, abbiamo prodotto ‘L’amica geniale’, il primo show di alto livello coprodotto in Europa con HBO America anche per il pubblico americano”. Quando è entrata in YouTube, a metà del 2018, Frot-Coutaz è finita nell’intersezione di tre fenomeni. Uno: il più grande cambiamento nel mondo dell’entertainment da molti anni a questa parte, con i rapporti di forza che si sono spostati verso i servizi di streaming e molti grandi manager televisivi che sono corsi a offrire i loro servizi alla Silicon Valley; come Frot-Coutaz, anche molti altre donne e uomini della tv hanno deciso di passare alle piattaforme. Due: il techlash, cioè quel fenomeno paradossale per cui il momento del massimo splendore nel business per la tecnologia americana è coinciso con il punto più basso nella considerazione dell’opinione pubblica. Tre: la crisi d’identità di YouTube, che negli ultimi anni è stato definito “il grande radicalizzatore” per il ruolo nefasto del suo algoritmo e che non ha ancora deciso cosa vuole fare da grande.

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Si è accusato YouTube di essere il “grande radicalizzatore”. Frot-Coutaz ci dice quel che ha fatto per cambiare le cose


  

“Ho deciso di spostarmi in un luogo differente dell’ecosistema creativo, e in questi mesi è stato affascinante notare la differenza tra i due mondi. Nella televisione si trascorre moltissimo tempo dietro a pochi programmi, si combatte per pochissimi slot nella programmazione, e quando sei dal lato della produzione o da quello creativo devi convincere il network a finanziare il tuo show e le limitazioni sono tantissime. Al contrario YouTube è un mondo di apertura e i creator (cioè gli youtuber, ndr) non hanno guardiani. Creare contenuti creativi è comunque una sfida, ma alla fine il giudice ultimo del tuo lavoro è il pubblico, non il network televisivo. L’apertura è il cuore di YouTube ed è per questo che a mio parere è la piattaforma che maggiormente consente la creatività”.

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Il riflesso dell’apertura che Frot-Coutaz decanta è che negli ultimi anni i problemi per YouTube si sono moltiplicati. Nel marzo del 2018 la sociologa Zeynep Tufekci definì YouTube “il grande radicalizzatore”, mostrando come un algoritmo di raccomandazione pensato per massimizzare il cosiddetto “engagement” spingeva gli utenti a visualizzare contenuti sempre più estremi. Era facile passare dai video sull’islam a quelli sull’Isis, dai video di scienza a quelli che negano l’allunaggio. L’algoritmo voleva monopolizzare la nostra attenzione, e non c’è niente che lo faccia meglio dell’estremismo, dell’odio, del risentimento. Gli esperti sostengono che il cambiamento si è cominciato a notare all’inizio del decennio appena trascorso, quando gli ingegneri di YouTube modificarono l’algoritmo per massimizzare il più possibile il cosiddetto “watchtime”, cioè il tempo che gli utenti trascorrono davanti ai video. Tutti i mali della piattaforma video sono nati da lì. “Non posso parlare di come fossero le cose prima del mio arrivo, ma oggi YouTube non insegue il ‘watchtime’ per se stesso (anche se continua a essere uno dei parametri dell’algoritmo, ndr). Al contrario, non è interesse di YouTube promuovere contenuti di bassa qualità, perché le semplici visualizzazioni non ‘monetizzano’, non generano pubblicità, e hanno un costo in termini di server e infrastrutture. YouTube è un business razionale e il comportamento razionale è quello di migliorare la qualità della piattaforma e migliorare la qualità della viewership perché monetizza meglio e aumenta la soddisfazione degli utenti. Oggi la priorità è eliminare il contenuto di bassa qualità, e noi siamo molto concentrati su qualità e responsabilità”.

 

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Ovviamente, la definizione di “bassa qualità” è opinabile. Sono di bassa qualità i video dell’Isis, senz’altro, e sono di bassa qualità i video di disinformazione. Ma la radicalizzazione che YouTube è accusato di compiere è spesso più sottile, e quando, per esempio, qualche mese fa gli attivisti di estrema destra in Brasile raccontavano al NewYork Times che il presidente nazionalista Jair Bolsonaro non sarebbe mai stato eletto senza YouTube, quello è un tipo di contenuto difficile da definire con il criterio della “qualità”.

 

Frot-Coutaz cita le ultime politiche “sia dal lato delle risorse umane sia dal lato del machine learning che YouTube ha messo in atto per essere all’altezza delle sue responsabilità”, e spiega che per YouTube l’equilibrio è complesso, perché per la piattaforma sono imperative tanto la sicurezza quanto quell’apertura che ha attratto Frot-Coutaz fin dagli inizi. YouTube di recente ha inaugurato una nuova politica per promuovere i contenuti autorevoli e sta sviluppando assieme a esperti linee guida diverse paese per paese per fare in modo di eliminare o rendere meno evidenti non soltanto i contenuti che violano esplicitamente le policy, ma anche i “casi limite” che costituiscono disinformazione senza violare nessuna regola.

 

Ci sono state molte polemiche di recente attorno ai contractor umani che per lavoro filtrano i contenuti caricati su YouTube, e che dunque si trovano a contatto con video di violenze estreme, di terrorismo, e con tutte le miserie e le brutture umane che noi non vediamo su YouTube perché c’è qualcuno che misericordiosamente le segnala e le elimina. Ma Frot-Coutaz parla soprattutto dell’algoritmo, non quello che serve per consigliare i video ma quello che serve per riconoscere i contenuti pericolosi ed eliminarli. Qualche anno fa YouTube aveva un problema con i video dell’Isis, dice Frot-Coutaz, ma poi l’algoritmo ha imparato a riconoscerli e adesso il gruppo terroristico è sparito dalla piattaforma. Presto faremo così anche con l’hate speech e la disinformazione, assicura, anche se sarà impossibile avere un sistema perfetto.

 


La piattaforma ha prodotto alcune serie tv, ma non ha alcuna intenzione di entrare nella guerra dello streaming


 

Quella della disinformazione è soltanto una delle ragioni per cui YouTube ancora non è sicuro di quello che farà da grande. L’altra riguarda più da vicino il campo di Cecile Frot-Coutaz, ed è che tipo di piattaforma di entertainment sarà YouTube negli anni a venire. Tra il modello televisivo e il modello dello streaming, YouTube sembra più vicino alla tv e a un tipo di intrattenimento più casuale: esattamente come si farebbe un giro di canali in tv, oggi molti giovani aprono YouTube per dieci minuti di intrattenimento facile. Al tempo stesso, tuttavia, YouTube è attratto anche dal modello Netflix, e ha fatto qualche passo (invero pochi) in quella direzione. Ha commissionato alcune serie tv, tra cui una al produttore di “The Crown”, e ha un servizio di abbonamento che tuttavia per ora serve soprattutto a eliminare la pubblicità. Secondo Frot-Coutaz, “YouTube e la tv sono piuttosto complementari”. La piattaforma di proprietà di Google “è un animale tutto differente rispetto alla tv. Mentre la tv è mainstream per antonomasia, YouTube è un insieme di contenuti di nicchia, i suoi contenuti non potrebbero sopravvivere in televisione. YouTube inoltre è interattivo, è una piattaforma tecnologica che non cura i contenuti e non lo farà mai, non ha una linea editoriale, non ha una programmazione”. (Occhio, l’insistenza sul non avere una linea editoriale è importante, significa che YouTube vuole rimanere attaccato con i denti alle responsabilità leggere delle piattaforme tech, e questo in parte smentisce i buoni propositi di Frot-Coutaz).

 

E Netflix? Sta per iniziare la guerra dello streaming, da Disney a HBO ad Amazon tutti sono pronti a combattersi a suon di contenuti originali. Frot-Coutaz è piuttosto decisa su questo punto: “YouTube non è nel business di commissionare contenuti long form su larga scala”. Che significa: noi non facciamo serie tv, per ora.

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