La ministra per l'Innovazione Paola Pisano (foto LaPresse)

La strategia per l'innovazione in Italia rischia di annegare nella fuffa

Eugenio Cau

Presentato a Roma il piano (senza budget) della ministra Paola Pisano, elaborato anche grazie al contributo di Davide Casaleggio

Milano. La “Strategia per l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione del Paese” presentata ieri dalla ministra per l’Innovazione Paola Pisano è un insieme scarno di wishful thinking, di proposte ben intenzionate ma inattuabili e di bei proclami di principio, il tutto annegato in una fitta coltre di fuffa. Durante la presentazione di ieri a Roma, alla presenza del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, di qualche ministro grillino tra cui Alfonso Bonafede, di Davide Casaleggio e di Beppe Grillo, la ministra Pisano ha cercato di delineare la sua visione per il 2025, data fissata come termine per la realizzazione degli obiettivi del ministero, ma tutto quello che ne è uscito è stato un racconto tutto sommato poco ambizioso, con punte di centralismo statale e benecomunismo. Mentre le vere potenze progettano rivoluzioni, gli Stati Uniti e la Cina (ma banalmente anche la Francia e la Germania) investono miliardi per ripensare gli apparati industriale e militare, la visione di piccolo cabotaggio della ministra Pisano è quella di far pagare le tasse ai cittadini via app, “nel tempo di una fermata di metropolitana”. Ammirevole, ma pochino.

 

Non è tutta colpa della Pisano: senza portafoglio e con il personale ridotto all’osso, visto che la presidenza del Senato un paio di giorni fa ha stralciato dal maxiemendamento votato lunedì la norma per l’assunzione di figure qualificate al ministero dell’Innovazione, la ministra ha cercato di arrabattarsi con il poco che aveva, proponendo misure a costo zero o a investimento minimo. Nel documento di 30 pagine che introduce la strategia per l’innovazione gli unici investimenti citati ammontano a spiccioli in un settore che muove centinaia di miliardi di dollari. Tra le innovazioni a basso costo, Pisano ha puntato tutto sull’identità digitale e sulla app IO, due progetti che vogliono centralizzare in un’unica sede l’erogazione dei servizi di stato, regioni e città. La app nasceva con un intento di semplificazione, ma è stata trasformata in uno strumento di centralizzazione statalista, come ha mostrato Pisano quando ha detto che con la app IO sarà possibile pagare le tasse, iscrivere i figli a scuola ma anche “prenotare i mezzi in sharing”: chissà se le compagnie private di sharing, che pure hanno ottime partnership con le amministrazioni pubbliche, saranno contente. 

 

 

Il documento che illustra la strategia digitale del ministero è pieno di princìpi condivisibili: bene digitalizzare la società, bene sostenere l’innovazione nel paese, bene garantire uno sviluppo sostenibile ed etico. Ma quando si va a vedere come si pensa di raggiungere questi obiettivi si sprofonda nello sconforto. Delle 20 “azioni” per trasformare il paese elencate nel testo, la prima riguarda la creazione di una nuova cabina di regia per la Digitalizzazione a cui sono invitati a partecipare ministri e stakeholder, ché certo c’era bisogno di un altro livello burocratico; e poi l’identità digitale, il domicilio digitale, la citata app IO. Seguono alcune “azioni” evocative e affascinanti, ma poco concrete: “Open innovation nella Pubblica Amministrazione”, “Intelligenza artificiale al servizio dello Stato”: titoli altisonanti e svuotati di significato. Poi si passa alla fuffa.

 

Si legge con costernazione che la ministra vuole creare “Borghi del futuro” per attirare i turisti, che vuole sancire l’idea dell’“Innovazione bene comune” (!), che vuole creare un “Cross-Tech hub Italia” (boh) e che, lamentando che in innovazione si investe troppo poco, vuole creare un fondo da 60 milioni che non sposta nemmeno una frazione di centesimo del pil investito in tecnologie. E poi l’idea di creare “Sabati del futuro” nelle scuole (ma non erano i venerdì?) e quella di dare dei tablet agli anziani, “regalando loro sorrisi digital” (!!!). Non è colpa della Pisano se è stata costretta a immaginare un grande piano per l’innovazione in Italia senza budget. Ma c’è un problema se nemmeno la visione e il disegno di lungo periodo risultano azzeccati.

 

Nota a margine: chiude il documento un elenco di persone ringraziate “per il contributo nell’elaborazione di questo piano”. Tra i nomi spicca quello di Davide Casaleggio.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.