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Twitter coglie il frutto a portata di mano

Paola Peduzzi

Abolite le ads politiche. Seguirà anche Facebook? Le reazioni e un dilemma

Milano. Il modo più semplice per leggere la decisione di Twitter di abolire le pubblicità politiche è quello della pura competizione: Facebook non lo fa, noi sì, gli applausi sono tutti per noi. In questo modo, Jack Dorsey, fondatore di Twitter, ha ottenuto un obiettivo importante – è l’eroe anti Facebook: c’è la fila per essere definiti tali – a un costo relativamente basso: le ads politiche su Twitter non sono una fonte di reddito significativa per l’azienda (3 milioni di dollari di ricavi nelle elezioni di metà mandato; per Facebook le ads politiche valgono il 5 per cento dei suoi ricavi, un altro campionato) e scegliendo questa strategia ha, come si dice, colto il frutto più basso, il più comodo.

 

I termini con cui Dorsey ha assestato il colpo sul concorrente (che è un gigante al confronto) hanno aumentato il suo eroismo percepito: la parola chiave è “reach”, la portata di un messaggio politico. Il creatore di Twitter dice che questa portata, l’estensione di un messaggio, “bisogna guadagnarsela, non comprarsela” – distingue cioè tra il “free speech” e il “paid speech” – e che il compito di una piattaforma social deve essere proprio quello di mettere un argine alla compravendita : così si salva la democrazia, o almeno si ha più chance di salvarla rispetto alla strategia di Facebook, che le ads vuole tenerle e non vuole nemmeno verificare se le ads politiche veicolano messaggi falsi. Dal punto di vista della competizione, Dorsey batte Mark Zuckerberg alla grande e anzi ha persino il potere, o almeno così si augurano quelli che hanno festeggiato la scelta di Twitter, di spingere Facebook sulla sua stessa posizione: il “nudge” perfetto.

 

Come ha notato Nick Confessore del New York Times, le reazioni all’annuncio di Dorsey si sono divise secondo la linea destra-sinistra, con Brad Parscale, capo della campagna di rielezione di Donald Trump, che ha reagito in modo molto deciso: Twitter è “stupido”, rinuncia a ricavi potenziali enormi, i suoi azionisti non saranno contenti; è chiaro che è una scelta contro i conservatori, perché Twitter sa che “noi abbiamo il sistema politico online più sofisticato” che c’è. Al contrario, molti esponenti di sinistra – a partire dall’azzannatrice di Zuckerberg Alexandria Ocasio-Cortez, deputata democratica – hanno detto che questa è la scelta giusta, ma deve essere l’inizio di una rivoluzione contro chi non sceglie questa stessa strada: in sostanza Zuckerberg che, come ha scritto sul New York Times Aaron Sorkin, sceneggiatore tra le altre cose del film “The Social Newtwork” su Facebook, “non difende la libertà d’espressione, fa un assalto alla verità”. In altre parole: se Twitter resta da solo, coccolatissimo nel suo eroismo, non cambia granché. Perché le ads politiche su Twitter sono poca cosa, perché, semmai, a pagare di più sarebbero i politici meno famosi e meno ricchi, e perché questa decisione non colpisce un altro fenomeno legato al “reach”: i bot. Se invece il nudge funziona, allora l’effetto sarebbe ben maggiore, anche perché per riorganizzarsi – magari costruendo delle strutture interne: in fondo i russi nel 2016 fecero così con la troll farm – ci vuole molto tempo, e per gli americani, per dire, sarebbe tardi.

 

Le svolte da qualche parte devono pur cominciare, al netto dell’efficacia complessiva, e l’annuncio di Twitter è questo punto d’inizio. Resta il dilemma più profondo: i confini di questa regolamentazione sono stati messi da Twitter, un’azienda privata, che è come dire che la regolamentazione auspicata diventa autoregolamentazione: un passo verso la responsabilizzazione, ma unilaterale. E il potere, si sa, spesso resta a chi le fissa, le regole.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi