Guardiola ci riprova, questa volta con Haaland

Filippo Passeri

Con l’arrivo dal Borussia Dortmund della giovane stella norvegese, l’allenatore spagnolo riprova l’esperimento che non riuscì con Zlatan Ibrahimovic: integrare una punta di peso nel suo sistema di gioco, ci riuscirà?

“Ho gridato di tutto a Guardiola, gli ho urlato 'non hai le palle' e anche cose peggiori come 'ti caghi addosso davanti a Mourinho, puoi andartene all'inferno'. Ero completamente folle, avevo perso il controllo e al posto di Guardiola mi sarei messo molta paura”, parole e musica dall'autobiografia di Zlatan Ibrahimovic, che oggi, dopo l’ufficialità di Erling Haaland al Manchester City, tornano più attuali che mai.

 

Sì, perché nell’ormai lontano 2010 Guardiola provò ad accantonare i suoi principi tattici, su tutti il famoso falso nueve, per far spazio a un nove di un metro e 95 per 95 chili che di falso aveva ben poco. L’anno precedente l'allenatore spagnolo fece il triplete (vittoria nello stesso anno di campionato, coppa nazionale e Champions League), e, come quei registi che sentendosi troppo bravi in un genere passano a un altro genere, decise di trasmigrare da uno stile di gioco a un altro, per dimostrare a tutti che cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia; non fu così. Un po' per incompatibilità caratteriale ma soprattutto per incompatibilità tecnica, Ibrahimovic e Guardiola non combaciarono. L’attaccante svedese fu rigettato come un corpo estraneo da quell’orchestra complessa e armoniosa che era il Barça del tiki-taka. I risultati quell’anno furono altalenanti sia per Ibrahimovic sia per il Barcellona, il primo collezionò 45 presenze totali ma solo, si fa per dire, 21 gol di cui 4 in Champions League mentre la squadra blaugrana vinse sì la Liga, ma uscì in semifinale dalla coppa con le grandi orecchie – proprio contro l’Inter, ex squadra dello svedese – che era il vero e dichiarato obiettivo.


Dopo undici anni, Guardiola ha deciso di riprovare l’esperimento. Sebbene Haaland e Ibrahimovic non siano completamente sovrapponibili come calciatori – il primo è molto più veloce, il secondo decisamente più tecnico – sono assimilabili come impatto che hanno sulle squadre in cui militano: quando hai una punta di quasi due metri in campo è inevitabile ricorrere maggiormente al lancio lungo e concentrarsi meno sulla costruzione dal basso, vero mantra del guardiolismo. Inoltre, Haaland, almeno per il momento, è meno abile di Ibra nel fraseggio con i compagni e ciò potrebbe estremizzare ancora di più la ricerca della profondità a scapito del gioco da dietro. Il giovane attaccante norvegese non apprezza particolarmente il gioco spalle alla porta, ama invece giocare velocemente, ricevere fronte al portiere avversario e correre come una bestia appena liberata da un periodo di cattività. Tutto il gioco di Haaland, a dire il vero, sembra tenersi in equilibrio grazie alla sua capacità di coordinare un corpo così grande per compiere movimenti che non sembrano potergli appartenere. Nonostante ciò “Haaland ha l’aria di un esperimento genetico creato in laboratorio per distruggere il calcio mondiale” come disse, nel 2019, Emanuele Atturo su Ultimo Uomo e le sue statistiche sovrumane lo confermano. Basta citarne una: 27 gol in 25 presenze di Champions League, a soli 22 anni.
 

Guardiola ha, quindi, i suoi buoni motivi per far spendere al Manchester City 100 milioni di euro per il giovane norvegese – tra costo del cartellino, bonus alla firma e commissioni per gli agenti e la famiglia del ragazzo – e uno di questi è la ricerca della tanto agognata Champions che manca nella bacheca dell’allenatore dal 2011, l’anno seguente, ironia della sorte, all’esperimento Ibrahimovic. È normale, penserete, che un allenatore abbia difficoltà a vincere l'ex coppa dei campioni, lo è un po' meno quando quell’allenatore si chiama Guardiola, e, a detta di molti, ha le stigmate dell’allenatore più forte al mondo (se può esistere un allenatore più forte al mondo) senza tralasciare che, parentesi non secondaria, fa spendere ai club in cui milita centinaia di milioni di euro all’anno (l’ultimo esempio è l’acquisto di Jack Grealish per 117 milioni di euro).

 

Una prima punta come Haaland, in sintesi, lo farà rinunciare senza tante remore allo spazio – che è l’attaccante per eccellenza dell’allenatore – ma il dubbio rimane; il nuovo film del regista Guardiola sarà da Oscar o non sarà candidato nemmeno ai Golden Globe?