Tokyo 2020

Vela, l'oro a Ruggero Tita e Caterina Banti. È il quinto per l'Italia

Enrico Veronese

I due azzurri vincono nella categoria Nacra 17, superando inglesi e tedeschi. Ingegnere informatico lui, laureata in Studi Islamici lei, i neocampioni regalano all'Italia il ventinovesimo podio di questi Giochi

Dalle finestre della sua casa di Civezzano, tra i colli di Trento, Ruggero Tita il mare non riesce proprio a vederlo. Neanche salendo sopra il campanile della pieve di Santa Maria, nei giorni più luminosi: più alla portata il vicino lago di Caldonazzo e quello di Garda, dove spesso la sua vela ha gareggiato nel circolo di Torbole. Questa mattina, a Tokyo, il timoniere 29enne ha vinto la medaglia d’oro nella categoria Nacra 17 full foiling assieme alla prodiera romana Caterina Banti, 34 anni: è il quinto trionfo italiano nei Giochi della XXXII Olimpiade.

 

Che Tita e Banti fossero già certi di una medaglia pregiata, prima della regata finale che assegna il doppio dei punti (vince chi ne fa meno), era plasticamente emerso dalle dodici gare della serie iniziale, quando i due italiani hanno messo a segno quattro vittorie e quattro secondi posti. Solo gli inglesi Burnet e Gimson  partiti a 12 punti di distacco  avrebbero potuto strappare l’oro, tenendo gli azzurri almeno a cinque distanze. Anche avessero concluso ultimi la medal race, Ruggero e Caterina sarebbero stati comunque davanti a chi è arrivato terzo, la Germania.

 

Invece, nella congestione delle finali dovuta al rinvio per il maltempo di ieri, lo spazio acqueo antistante lo Yacht Harbour dell’isola di Enoshima ha confermato che il trentino e la capitolina sono i più forti nel governo del catamarano di 5.25 metri. Concludendo tranquillamente al sesto posto l’ultimo sforzo – in controllo rispetto alla coppia inglese giunta quinta – Tita e Banti hanno incamerato 35 punti, contro i 45 dei rivali d’argento e 63 dei tedeschi, medaglia di bronzo.

 

Le quattro ultime boe, disputate con vento medio di 10 nodi (il doppio rispetto ai giorni precedenti), hanno visto gli atleti sporgersi all’esterno con bellissimo effetto di volo sull’acqua, reggendo vele spettacolari bardate con le dieci bandiere. La medal race è andata allo scafo argentino davanti alla Danimarca e agli Usa, ma al termine gli hurrà sono per gli alfieri della penisola, scortati alla club house dal presidente del Coni Giovanni Malagò.



"Il giorno di riserva è volato – spiega Ruggero Tita sui propri social network – ci siamo allenati in mare per dare il massimo, sapendo che lo avrebbero faranno anche gli altri, ma con la consapevolezza di aver dato tutto ogni minuto che abbiamo passato in barca in questi 5 anni". Le prove e le partenze annullate sono state durissime a livello mentale, complice anche un vento più debole del previsto: "Ci sarà da divertirsi", aveva preconizzato il timoniere, sopra un mare questo mese mai così blu.

 

Ingegnere informatico lui, titolare di laurea magistrale in Studi Islamici lei, i neocampioni olimpici sono arrivati a Tokyo dopo aver vinto i mondiali di Aarhus tre anni fa. Tita, atleta delle Fiamme Gialle, era già a Rio nel 2016, abbraccia gli sport della natura e dei fenomeni estremi (kitesurf, snowkite, freestyle, downhill) mentre Banti legge e viaggia fuori dall’acqua. 
 

“Whatever it takes”, fu il primo post di Ruggero arrivato in Giappone: quel tanto che è servito, finalmente, a rinverdire una tradizione italiana che data da Straulino-Rode (oro nel 1952) alle più recenti imprese di Alessandra Sensini. A Tita e Banti è bastato non incappare in partenze anticipate, quegli OCS (On Course Side) che sono costati la medaglia al surfista Mattia Camboni e qualche residua chance alla laserista Silvia Zennaro, battuti dall’impazienza. Parigi dista solo tre anni, ed entrambi hanno promesso di riprovarci ancora.
 

Il successo nella vela offre all’Italia il ventinovesimo podio, a fronte dei 28 conseguiti cinque anni fa in Brasile, con sei giorni ancora a disposizione per rimpinguarlo: "Ho sempre detto che avremmo fatto meglio – rivela Malagò – e lo abbiamo fatto. Conosco bene la forza della squadra e i ranking internazionali. Per gli ori hanno inciso tante variabili, ma abbiamo ancora diverse carte e tutte le squadre ai quarti di finale. Mi sembra tanta roba".
 

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