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facce da euro 2020

Il signor Wolf della Francia. Kanté risolve problemi

Giovanni Battistuzzi

"N'Golo ti frega sempre” ha detto Pogba alla vigilia di Euro 2020. Ha ragione. Lo ha fatto con avversari e pregiudizi, pure con il tanto applaudito centro federale di Clairefontaine. Per Deschamps "merita il Pallone d'Oro"

"N'Golo ti frega sempre”, ha detto alla vigilia di questo Europeo Paul Pogba del compagno di Nazionale. “Dalle partite a carte ai possessi in allenamento. Lui fa spallucce ma sa di esser molto astuto. Ha una qualità unica”.

Ha iniziato a fare presto a fregare tutti. Non ha ancora smesso.

Lo ha fatto da giovanissimo quando venne scartato dal centro tecnico federale francese di Clairefontaine, lì dove dovrebbero fiorire i talenti del calcio nazionale. Forte, ma troppo basso, impossibile che possa fare carriera, dissero i selezionatori. Lui se ne andò al Boulogne. Prima stagione in seconda serie, la retrocessione, la ripartenza dalla Serie C francese. “Un giocatore del genere è un lusso per la categoria”, scrisse La Voix du Nord dopo cinque partite. E infatti ci mise poco a raggiungere palcoscenici più adatti alle sue caratteristiche.

“Kanté pressa, recupera palloni, imposta, si inserisce, ha la capacità di dettare l’ultimo passaggio. È come avere un giocatore in più in campo, fa il lavoro di due giocatori”, disse Patrice Garande, l’allenatore che lo guidò nei suoi due anni al Caen tra Ligue 2 e Ligue 1 dal 2013 al 2015. Che aggiunse: “Non capisco come il centro tecnico federale sia riuscito a farselo scappare”. Se lo chiesero anche in Federazione e cambiarono parte dei responsabili dello scouting.

In quelle due stagioni il francese fu il giocatore che recuperò più palloni e corse per più chilometri in campo. Primattore di queste due categorie statistiche lo fu anche nel primo anno in Premier League, quello al Leicester, stagione 2015-2016. E pure l’anno dopo nel Chelsea di Antonio Conte.

Poi basta. Perché N'Golo Kanté iniziò a “fregare” anche le statistiche.

Fu una mezza parola di Claude Makélelé a fargli riflettere sul suo modo di giocare. “A volte giri a vuoto, devi usare meno l’istinto, essere sempre lucido”, gli disse l’ex centrocampista della Francia che nel 2006 perse la finale dei Mondiali contro gli Azzurri. Lui ci pensò, diede ragione al connazionale e iniziò a cambiare, a ragionare su tutto. Diventò essenziale. Meno chilometri corsi, ma quelli giusti. Meno recuperi di palla, ma il lavoro di posizione adatto a mettere in difficoltà l’avversario. Kanté divenne invisibile in campo. Appariva soltanto quando era necessario per sbrogliare una situazione delicata. E risolveva sempre il problema. Un signor Wolf del centrocampo.

I Mondiali del 2018 furono il momento più alto della sua carriera, il picco di una continua crescita. Un torneo praticamente perfetto nel quale divenne, per stessa ammissione del ct Diedier Deschamps, “indispensabile”. Da allora, ha detto l’allenatore del Chelsea Thomas Tuchel, “è ancora migliorato, perché non solo è fondamentale in fase di non possesso, ma è riuscito a essere chirurgico anche in fase di costruzione dell’azione. È diventato semiperfetto”.

Nella finale di Champions League questa semiperfezione l’ha portato al premio di migliore giocatore in campo. Didier Deschamps però va oltre: “Merita il Pallone d'Oro. È uno dei motori della nostra squadra e la sua statura non collima con il suo status. È diventato davvero un giocatore enorme”.

Kanté dovrà cercare di trovare a Euro 2020 un nuovo palcoscenico per non farsi vedere e dimostrare che è nell’essenziale che si nasconde lo straordinario.

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