LAPRESSE ARCHIVIO STORICO MONDIALI USA 1994

il personaggio

"Il Divin Codino" su Netflix: tutto quello che c'è da sapere su Roberto Baggio

Francesco Gottardi

Numeri, storia e curiosità sul calciatore italiano più influente di sempre. Protagonista dell'ultimo film in streaming targato Netflix: stasera anche in tv su Italia1

Non vi è titolo – nome o frasi che individuano un argomento – in grado di contenere Roberto Baggio per intero. La sua storia d’Italia e di calcio. Sia allora concessa una selezione essenziale in cinque punti – 10 sarebbe banale – per accogliere "Il Divin Codino", nuovo appuntamento in streaming su Netflix da mercoledì 26 maggio e questa sera in tv alle 21:20 su Italia1. Un film biografico di 92 minuti, diretto da Letizia Lamartire e con la collaborazione attiva dello stesso protagonista: “Pensavo che la mia storia non interessasse”, ha ammesso Baggio alla presentazione della pellicola. “Poi mi sono fatto trascinare da mia moglie e dal mio manager. E ne è valsa la pena”. Ciak, si gioca.

 

La carriera del "Divin codino" in numeri

Quelli che rendono meno giustizia all'ex attaccante. Basta l’impatto visivo di una sbirciata su Wikipedia. Trofei di squadra: due scudetti, una Coppa Italia e una Coppa Uefa. Titoli individuali: sfilza di bullet points – il Pallone d’oro 1993 su tutti – che travalicano lo schermo. Roberto Baggio ha vinto poco, rispetto a quei 22 anni di carriera da fuoriclasse mondiale. Questione di tempi, squadre, allenatori. Karma, anche – poi ci torniamo. A partire dalla difficile convivenza con gli infortuni – “la mia amante insaziabile”, dirà lui. Da un ginocchio all’altro: a 18 anni la rottura del crociato con la maglia del Vicenza, a 35 quando giocava nel Brescia. Ma dal 1983 al 2004 il suo score dice 321 gol e oltre un centinaio di assist in 703 partite ufficiali fra club e nazionale, dove è il quarto marcatore di sempre. La forza del numero 10.

 

Quel rigore contro il Brasile negli Usa

L'attimo. Pasadena, 17 luglio 1994. Non serve aggiungere altro: un’intera generazione sa, Baggio ancora oggi racconta di non averci dormito per milioni di notti. “Sognavo la finale mondiale Italia-Brasile sin da bambino e con quell’errore ho dato il colpo di grazia alla mia squadra. È l’unico rimpianto della mia carriera”.

 

 

Cosa ha rappresentato Roberto Baggio per l’Italia?

È anche quella dannata rincorsa ad averlo fissato nell’immaginario collettivo, dal cinema alla musica. Prendiamo Paolo Rossi e Fabio Grosso, simboli dei trionfi azzurri prima e dopo Roberto: momento perfetto, storia perfetta. Il rigore di Baggio – per non parlare delle "Notti magiche" – racchiude invece la tragica empatia della sconfitta. Anche con il talento più puro del calcio di fine secolo, il paziente recupero dai guai fisici, la grande bellezza dei gol che solo il Divin codino aveva nelle corde. Signore sul campo, trascinante sugli spalti. Se sbaglia Baggio, siamo liberi di sbagliare anche noi. E rialzarci ogni volta. Lo ho raccontato con le maglie di Vicenza, Fiorentina, Juventus, Milan, Bologna, Inter, Brescia. Senza associarsi a una sola bandiera, se non al grande ombrello tricolore sotto cui si ritrovano gli italiani – divano, trombette e maglia azzurra. Per onor di cronaca, se quel rigore fosse entrato il Brasile avrebbe comunque vinto segnando il successivo. E la genesi del codino si deve al fortuito suggerimento di una cameriera. Cosa c’è di più divin dell’umano?

 

L’uomo oltre il calciatore

Il professionismo è stata una lunga meteora sopra la tranquillità. Baggio è cresciuto nel vicentino in una famiglia numerosa – sette fratelli di cui uno, Eddy, ex calciatore come lui. Il padre Florindo lavorava in officina, appassionato di ciclismo più che di pallone: con lui Roby da ragazzo ha avuto un rapporto conflittuale – “solo col passare degli anni ho capito che era il mio eroe più vero” –, quasi ad anticipare i dissapori emersi con molti suoi allenatori. Ha iniziato a giocare sognando Zico, Van Basten è stato l’avversario che in campo ha ammirato di più. Alla tv ride davanti a Benigni. Ma la vera svolta per Roberto è arrivata durante la riabilitazione dal primo lungo infortunio: lì incontra il maestro Daisaku Ikeda e abbraccia il buddismo, coinvolgendo negli anni a venire anche la futura moglie Andreina. Karma, appunto. Altrimenti come si spiega quella disgrazia di Moreno, a condannare l’Italia di Trapattoni che aveva escluso Baggio dai convocati in Corea e Giappone. “A quel mondiale meritavo di esserci”, continua a rivendicare lui.

 

Cosa fa e dove vive Roberto Baggio oggi?

Lontano dal calcio e dai riflettori: dopo aver lasciato la presidenza del settore tecnico della Figc nel 2013, Baggio ha voltato pagina. È ambasciatore per la Fao, attivo nelle iniziative di beneficenza – a partire dalla Fondazione Borgonovo, suo compagno di squadra ai tempi di Firenze. Vive ad Altavilla Vicentina, insieme alla moglie e ai tre figli. E cura la tenuta di famiglia, si occupa dei campi. Del bestiame. Sempre alla guida di una Fiat Panda 4x4 del 1983, uscita mentre lui esordiva nel Vicenza. Dopo il ritiro l’ex fantasista aveva preso il patentino per allenare, ma non ha mai iniziato: “Il calcio è stata la mia passione”, spiega in una recente intervista a Vanity Fair, “non lo dimentico. Ora mi diverto a guardarlo e sono felice anche con altro”. Perché stupirsi, perché aspirare all’ennesimo salotto tv. “Rimanere nel cuore della gente, ecco il risultato più grande per ogni calciatore e sportivo”. Missione compiuta. Ben prima di Netflix e della produzione del "Divin codino".

 

Di più su questi argomenti: