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il foglio sportivo

Nel castello della Nba. Parla Matteo Soragna

Giovanni Battistuzzi

“Infortuni e problemi fisici potrebbero regalare sorprese”. Il pallone tornerà a rimbalzare sul parquet il 30 luglio nell'eremo di Disney World. Cosa aspettarsi dal ritorno del basket americano che riparte?

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Il lockdown, almeno nel basket americano, fu insuccesso. Tutta colpa di Eddie Donovan, il general manager che costruì i grandi New York Knicks dei primi anni Settanta. Quando negli anni Sessanta si sedette per la prima volta in una panchina dell’Nba, sempre a New York, dopo gli ottimi risultati ottenuti alla Saint Bonaventure University, il tecnico decise di approcciarsi alla fase difensiva come nessuno mai aveva provato a fare: pressing sul portatore di palla e raddoppio sul giocatore avversario più forte per confinarlo fuori dal gioco. Andò malissimo. Dieci sconfitte consecutive tanto a poco lo convinsero di abbandonare l’esperimento.

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Il lockdown, almeno nel basket americano, fu insuccesso. Tutta colpa di Eddie Donovan, il general manager che costruì i grandi New York Knicks dei primi anni Settanta. Quando negli anni Sessanta si sedette per la prima volta in una panchina dell’Nba, sempre a New York, dopo gli ottimi risultati ottenuti alla Saint Bonaventure University, il tecnico decise di approcciarsi alla fase difensiva come nessuno mai aveva provato a fare: pressing sul portatore di palla e raddoppio sul giocatore avversario più forte per confinarlo fuori dal gioco. Andò malissimo. Dieci sconfitte consecutive tanto a poco lo convinsero di abbandonare l’esperimento.

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Il lockdown l'Nba l’ha ritrovato suo malgrado nel 2020. E questa volta gli schemi non c'entrano. Da inizio giugno i giocatori delle 22 franchigie che si giocheranno l’accesso ai playoff (le otto che non avevano possibilità di qualificazione sono rimaste a casa), si sono confinati lontani dalla pandemia che dilaga in America, all’interno dei 110,3 chilometri quadrati del Walt Disney World in Florida.

  

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Lo spettacolo della Nba ripartirà il 30 luglio con la prima delle ottantotto partite che decreteranno le sedici squadre che parteciperanno ai play-off. Il proscenio sarà uno soltanto: l’HP Field House del ESPN Wide World of Sports Complex all’interno del complesso Disney nei pressi di Orlando. “E sarà davvero un parco dei divertimenti: sportivo e non solo”, dice al Foglio sportivo Matteo Soragna che commenterà su Sky Sport la ripresa della stagione del basket americano. “Lo si è già visto in campo e soprattutto fuori dal campo. Sui social i giocatori raccontano la strana bolla nella quale vivono. L’Nba ha organizzato tutto in modo incredibile, garantendo ai cestisti l'ambiente sanitario più sicuro possibile, dando però loro anche l’occasione di non mutare la loro vita tutti i giorni. Quando non sono in palestra ad allenarsi possono fare ciò che farebbero normalmente: stare con le proprie compagne, uscire, andare al cinema, vedersi con gli amici”.

  


Foto LaPresse

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Una normalità riconquistata e necessaria. “Non dobbiamo dimenticare che l’Nba è il campionato di basket più importante al mondo e proprio per questo anche una macchina economica e commerciale. Ripartire era necessario. Per farlo servivano però le condizioni per garantire la sicurezza di tutti. Le scelte prese dalla lega sono riuscite a unire queste due esigenze”, sottolinea l'ex capitano della Benetton Treviso.

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La stagione 2020 dell’Nba poteva chiudersi lo scorso 11 marzo con il tiro libero realizzato da Delon Wright che aveva fissato sul 113-97 la partita tra Dallas e Denver. L’Anello invece non resterà vacante. Sul parquet le scarpe sono tornate a correre, il pallone a rimbalzare. Almeno nelle partite di rifinitura. Con la sfida tra Jazz e Pelicans si tornerà a fare sul serio. “Magari a ritmi più blandi, con qualche errore in più e qualche numero in meno”, commenta Soragna. “Gli atleti sono stati tre mesi fermi. E questo non è mai capitato. Nel periodo tra una stagione e l’altra ci si allena, si corre, si fa palestra. Cosa che non sempre è avvenuta in questo periodo di lockdown”.

Dopo qualche partita la forma fisica, già buona, migliorerà, il ritmo verrà ritrovato. “È una questione di adattamento. La grande stranezza sarà giocare in un palazzetto vuoto. Sarà più difficile vedere partite cambiare all’improvviso. Molte volte gli spettatori riescono a far salire d’intensità una sfida con il loro rumore. Alcuni giocatori hanno bisogno di un innesco per gasarsi”. Nulla è perduto però. “I giocatori si abitueranno in fretta. In Nba giocano i migliori cestisti al mondo, il loro talento e il loro ego è tale da poter adeguarsi a qualsiasi cambiamento. I valori in campo non cambiano, saranno gli stessi di prima della pausa”.

  

E così a condizionare ciò che succederà sul parquet potrebbero essere le assenze. “Infortuni e problemi fisici potrebbero regalare sorprese. Tra chi non è entrato nel castello Disney e chi s’azzopperà strada facendo molte squadre potrebbero essere decimate. I Brooklyn Nets sono già messi malissimo. È questo il grande punto di domanda di questo finale di stagione”, spiega Soragna. Tutto è possibile, anche se nulla potrebbe cambiare: “Le due Los Angeles a ovest e Milwaukee e Boston a est, sono a mio avviso superiori alle altre, dovrebbero raggiungere le finali di conference”. Ma siamo sempre nel castello magico della Nba 2020, “e in una situazione del genere, con poche settimane di allenamento serio alle spalle se si ingrana subito chissà. Saranno mesi interessanti”.

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