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il foglio sportivo

La nuova Serie A raccontata da chi sta tra le panchine

Marco Nosotti

Come cambia il ruolo (fondamentale) del bordocampista adesso che in tv “si sente tutto quello che dicono”

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Sono un bordocampista, uno che da 25 anni almeno se ne sta tra lì, le panchine di un campo di calcio, vedo, osservo, ascolto e racconto ciò che avviene durante una partita. Riporto, completo, aggiungo ciò che regia prima e telecronisti poi dicono dell’evento partita, in tv. Sono un bordocampista, manco c’era 25 anni fa questa parola, adesso è diventata pure un vino, un buon rosso toscano prodotto da Luciano Spalletti sulle colline della sua tenuta di Montaione. Bordocampista, si chiama proprio così… quanto gli devo essere stato sullo stomaco appollaiato a fianco della sua panchina e quanto ho imparato da gente come lui, da bordocampista. In uno stadio che spesso diventava bolgia, mille suoni, parole, rumori . Un ronzio che restava nella testa anche ore dopo, e una necessità su tutte: sentire! Sentire bene cosa dicevano in panchina, coglierne il significato, rubare espressioni per andare oltre un’impressione. Ogni partita un “master”. I silenzi, fissi, di Lippi; quel sedersi senza parole di Capello a metà gara: non una resa bensì la conferma che la partita l’aveva in mano. Il pungo alto di Mazzone , le parolacce nei miei confronti: “Nun te preoccupa’, mica ce l’ho con te, ma co’ quell’artro” (termine che andava bene per chiunque in quel momento fosse avversario, arbitro compreso). Ancelotti che in dialetto emiliano mi anticipava mosse e scelte, psicologia spicciola e tattica prêt-à-porter, per il successo finale: “Ora cambio Sheva con Pippo, guarda come s’arrabbiano!”. Ed era così, entrambi però in campo davano il meglio. E il geniale pragmatismo di Allegri, vedeva gioco molto prima di tutti ed era sempre una soluzione vincente. Non si arrabbiava più di tanto agli inizi ma quando lo sentivi biascicare un “madonnina delle rose” beh, sapevi bene che di lì a poco sarebbe venuto giù il mondo! Molto tempo prima degli spogliarelli rabbiosi dell’ultima Juventus. Bordocampista, un cronista, nulla più, che lavora prima dell’inizio della gara e dopo la fine della stessa ma soprattutto durante. Sono stato considerato intruso, spione, voyeur, traditore, ficcanaso, non era facile accettare un presenza narrante a bordo campo. Ma la passione comune il rispetto delle storie e delle persone quelle in campo e quelle a casa , ha facilitato la novità di fatto introdotta con l’avvento della pay tv… Da bordocampo hai una visuale differente, molto più vicina a quella degli allenatori o del quarto uomo. Vedi volti, ascolti parole, conosci il prima e il dopo di un gesto ,di una scelta, di un’incazzatura. Contestualizzi, raccogli e porgi al racconto, prima cronaca poi, se serve, uno spunto per l’analisi, tutto ben distinto possibilmente. E poi condividi, il caldo la pioggia i successi le delusioni le arrabbiature, le feste, scudetti e coppe salvezze e promozioni, tuo malgrado sei dove le cose debbono avvenire. Lacrime, gioia e quel disorientamento che prende spesso uno sportivo quando raggiunge il proprio obbiettivo: ”E adesso? Che succede?”.

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Sono un bordocampista, uno che da 25 anni almeno se ne sta tra lì, le panchine di un campo di calcio, vedo, osservo, ascolto e racconto ciò che avviene durante una partita. Riporto, completo, aggiungo ciò che regia prima e telecronisti poi dicono dell’evento partita, in tv. Sono un bordocampista, manco c’era 25 anni fa questa parola, adesso è diventata pure un vino, un buon rosso toscano prodotto da Luciano Spalletti sulle colline della sua tenuta di Montaione. Bordocampista, si chiama proprio così… quanto gli devo essere stato sullo stomaco appollaiato a fianco della sua panchina e quanto ho imparato da gente come lui, da bordocampista. In uno stadio che spesso diventava bolgia, mille suoni, parole, rumori . Un ronzio che restava nella testa anche ore dopo, e una necessità su tutte: sentire! Sentire bene cosa dicevano in panchina, coglierne il significato, rubare espressioni per andare oltre un’impressione. Ogni partita un “master”. I silenzi, fissi, di Lippi; quel sedersi senza parole di Capello a metà gara: non una resa bensì la conferma che la partita l’aveva in mano. Il pungo alto di Mazzone , le parolacce nei miei confronti: “Nun te preoccupa’, mica ce l’ho con te, ma co’ quell’artro” (termine che andava bene per chiunque in quel momento fosse avversario, arbitro compreso). Ancelotti che in dialetto emiliano mi anticipava mosse e scelte, psicologia spicciola e tattica prêt-à-porter, per il successo finale: “Ora cambio Sheva con Pippo, guarda come s’arrabbiano!”. Ed era così, entrambi però in campo davano il meglio. E il geniale pragmatismo di Allegri, vedeva gioco molto prima di tutti ed era sempre una soluzione vincente. Non si arrabbiava più di tanto agli inizi ma quando lo sentivi biascicare un “madonnina delle rose” beh, sapevi bene che di lì a poco sarebbe venuto giù il mondo! Molto tempo prima degli spogliarelli rabbiosi dell’ultima Juventus. Bordocampista, un cronista, nulla più, che lavora prima dell’inizio della gara e dopo la fine della stessa ma soprattutto durante. Sono stato considerato intruso, spione, voyeur, traditore, ficcanaso, non era facile accettare un presenza narrante a bordo campo. Ma la passione comune il rispetto delle storie e delle persone quelle in campo e quelle a casa , ha facilitato la novità di fatto introdotta con l’avvento della pay tv… Da bordocampo hai una visuale differente, molto più vicina a quella degli allenatori o del quarto uomo. Vedi volti, ascolti parole, conosci il prima e il dopo di un gesto ,di una scelta, di un’incazzatura. Contestualizzi, raccogli e porgi al racconto, prima cronaca poi, se serve, uno spunto per l’analisi, tutto ben distinto possibilmente. E poi condividi, il caldo la pioggia i successi le delusioni le arrabbiature, le feste, scudetti e coppe salvezze e promozioni, tuo malgrado sei dove le cose debbono avvenire. Lacrime, gioia e quel disorientamento che prende spesso uno sportivo quando raggiunge il proprio obbiettivo: ”E adesso? Che succede?”.

  

Sono un bordocampista che si è preparato per raccontare con onestà e divertimento ciò che succede lì in mezzo. Pronta a tutto ma spiazzato dalla ripartenza post coronavius. Una gara a porte chiuse non è una novità, capirai… ma già sapere che quel silenzio non si trasformerà in tifosi, in incitamenti, in passione urlata e partecipata, disorienta e intristisce. Ma una cosa è tutta nuova… SI SENTE TUTTO. Eccolo il paradiso dei bordocampisti… uno stadio vuoto, dove tutto è amplificato ma non tutto è colto dai microfoni a bordocampo. Ora le pause del telecronista fanno parte del racconto, cambia il ritmo della telecronaca, ti danno il senso di quello che si vive lì… si sente tutto, o quasi. E cambia anche l’approccio del bordocampista. Non c’è possibiltà di equivoco, macché distanza sociale, e quella “manina” davanti alla bocca che si era inventato quel geniaccio di Cassano? Superata! Lo stadio vuoto è tutto nuovo da raccontare e non puoi fingere o mescolare ad arte le carte, si sente bene in panchina anche quello che dici tu, bordocampista. Prova a discutere con una panchina intera seppur distanziata. Non c’era bisogno dello stadio a porte chiuse ad esempio per raccontare la partita di uno come Conte, ma ora ne abbiamo testimonianza diretta. Guida e indica le scelte per ogni situazione, le ha pensate provate e fatte memorizzare ai suoi ma poi serve il ritmo che solo la sua voce e la sua postura possono dare. Il più sfortunato è il giocatore che si trova sulla fascia immediatamente vicina all’area tecnica: si prende di tutto anche quello destinato altri compagni, ma anche il bordocampista non è da meno: alla fine vorresti chiedere il cambio, sei stanco e sudato come se avessi giocato pure tu. Si sente tutto e quei marpioni della panchina che sono i nostri allenatori lo sfruttano a proprio favore in un amen. Come in Bologna-Cagliari. Mihailovic e Zenga allenatori ed ex compagni di squadra alla Samp, strade che si sono spesso incrociate e, a volte, sovrapposte. Amici prima di tutto. Il silenzio dello stadio lo riempiono loro con le indicazioni i consigli tattici, ma si conoscono bene sanno cosa farà l’uno a fronte della scelta dell’altro. Ed allora il silenzio dello stadio è complice. Sinisa urla ai suoi di non aggredire alto l’inizio azione del Cagliari: “Tanto non sono capaci, non ci riescono, la mettono lunga sul Cholito”, e lo dice buttando l’occhio di là nell’area tecnica avversaria per vedere nemmeno tanto di nascosto l’effetto che fa. E Zenga? Urla ancora più forte: “Costruisci pure da basso, che va bene!”, e l’occhiata che lancia a Sinisa potrebbe incenerirlo… Se la ridono. E si va avanti così nel nuovo gioco delle parti”. Sembriamo i due vecchietti del Muppet’s show”, diranno nel post. E il bordocampista Sinisa? “Tu sei Kermit”, la rana. At salùt.

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