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Finalmente si torna in pista. Non sarà una F1 normale

Fabio Tavelli

Riparte lo “strano” Mondiale di Formula 1. Servirà l’asterisco? Chiunque vinca, sarà un Mondiale “con l’asterisco”

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[Anticipiamo un articolo del numero del Foglio Sportivo in edicola domani e domenica. L'edizione di sabato 4 e domenica 5 luglio la potete scaricare qui dalle 23,30 di venerdì 3 luglio]

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Nel peggior remake possibile de: “I ragazzi irresistibili”, Bernie Ecclestone ed Hemut Marko hanno interpretato a modo loro Walter Matthau e George Burns in una commedia dell’assurdo dove i due vecchietti – Marko lo è molto meno, ma lombrosianamente e pure come progresso di pensiero pare allineato a correnti non esattamente moderne – hanno preso la scena durante il forzato stop ed esternato come nemmeno un Cossiga d’altri tempi al tramonto del suo settennato. Facendo ridere molto meno e generando il legittimo desiderio di veder spazzate via da una robusta pigiata di acceleratore le loro bizzarrie, concesse con dovizia di particolari a ogni media che li interrogasse. Tra le “perle” di questo infinita èra di stand by una sobria disquisizione in stile: “Non siamo noi razzisti, sono loro che sono neri” e una folgorante teoria su piloti e meccanici come un sol uomo in una moderna immunità di gregge teorizzata da colui che si fa anche chiamare “Dottore”. Il vecchio Bernie ci ha pure messo il carico da 11 con una nuova paternità a 89 anni con una ragazza che potrebbe essere sua nipote. Impresa smargiassa che gli assicura l’eternità. Bene, dovremmo aver passato anche questa e da oggi pomeriggio i numeri saranno solo quelli dei cronometri dei tempi sul giro per comporre la prima griglia.

 

Non c’è più niente da scrivere, abbiamo dragato ogni sospiro, ogni alzata di sopracciglio per oltre cento giorni per tenere vivo un interesse che rischiava di diventare soporifero come un Gp d’Ungheria agostano. Ma che non lo è stato soprattutto grazie al mercato piloti. Ma da oggi Sainz torna a essere uno della McLaren e non il futuro compagno di Leclerc e Ricciardo è sempre quello della sciagurata idea di andare alla Renault. Che poi una cosa in più sui motori, in questo Formula 1 e Motomondiale pari sono, va detta. Parliamo di campionati che iniziano, non che sono ripresi dopo una lunga interruzione a differenza di moltissimi altri. E questo non è un particolare da poco. Non esistono incognite tipo: “Cosa avranno fatto durante la pausa?”. Per quanto possa valere, e non lo sapremo per qualche gara, si comincia da zero a zero come si fosse in Australia. Qualcuno ricorderà quei tempi, quando fino alla mattina del venerdì c’erano tifosi che affollavano i cancelli di Albert Park pensando di entrare e qualche team si domandava se non fosse tutto uno scherzo. Bene ma non benissimo quelli che comandano il vapore, ma di reati prescritti ormai parliamo e tanto vale farsene una ragione e pensare solo al poi e non al prima. Due gare in una settimana nello stesso circuito sono un nonsenso e forse poteva essere il caso di tenere la seconda (in Austria come in UK il 2 e 9 agosto) con un asterisco in attesa di capire se altre opzioni si potessero nel frattempo materializzare. Ma ormai sarebbe tardi anche per quello.

  

A proposito di asterisco. Bisognerà metterlo accanto al nome del vincitore del titolo piloti 2020? Per me sì. E non perché valga meno. Chi vincerà lo avrà fatto con merito e sarà stato il più bravo. Ma considerare l’annata 2020 come le altre, senza nemmeno un segno distintivo, che non vuole essere una deminutio, sarebbe un errore. Non si è mai visto un calendario con date che saltavano come tappi, una partenza a luglio e nemmeno la certezza su quanti saranno i GP, dove e su quali circuiti. Sinceramente sono troppe le carte degli Imprevisti in questo Monopoli impazzito per farlo sembrare un Mondiale normale. Se saranno sette per LH ogni tifoso di Schumi potrà dire: “eh però, il settimo conta meno”. Ma in fondo, interessa realmente? Hamilton ora è in modalità capopopolo e guida una Mercedes tinteggiata di nero. Piuttosto che niente è meglio piuttosto, si dice da queste parti. Ognuno fa la parte che crede sia meglio fare, Lewis certo può vivere di rendita per anni luce e fregarsene di qualche fratello che se la passa peggio di lui. Non lo fa e questo è un merito, avrà convinto qualcuno a rinsavire? Non credo, perché chi è razzista ha altri riferimenti culturali ma comunque ha avuto il merito di dare un cazzotto, guantato di nero, al sonnacchioso mondo della Formula 1. Che almeno ha ritrovato in Charles Leclerc un nuovo epigono a metà tra Jean-Paul Belmondo e Paul Newman. Con naturalmente maggiore talento alla guida ma ancora minor fascino seduttivo. Eppur sempre capace di calamitare interessi non solo economici su una figura tutto sommato semplice ma non per questo meno interessante di altre. I meno disponibili alle aperture di credito si domandano se davvero basti vincere due gare (perché di questo stiamo, finora, parlando) per far gridare al predestinato, dargli in mano i destini della Ferrari per i prossimi anni e non ultimo fargli girare film, spot e quant’altro. Tutta invidia, si dirà, a patto di non ammiccare adesso per sparare a palla incatenata quando, il destino non volesse, certe valutazioni sul suo talento si rivelassero eccessive. Intanto si comincia con la doppietta in Stiria e un salto all’Hungaroring. Due circuiti che alla Ferrari dicono non benissimo al combinato disposto tra il recente passato, vedi stagioni scorse, e i test di Barcellona (unici parametri utilizzabili, seppur scaduti come uno yogurt). Quelli meno allineati e coperti sentenziano: “terza forza”. Non esattamente un atto di fiducia in un Mondiale con in lizza tre scuderie. Binotto è stato chiarissimo su quel che si aspetta dalla doppietta in terra Red Bull. Se non ha bluffato a più di un cuore ferrarista sono tornate in mente le parole di chi, a precisa domanda su quando la Rossa vincerà il Mondiale, rispondeva invariabilmente: “l’anno prossimo!”. E poi c’è il “fattore Sebastian”, auspicabilmente non Sebastiancontrario. Che il biondino si metta a fare la scheggia impazzita è poco credibile e sarebbe in totale distonia con la sua storia. Altra cosa sarà aspettarsi un rispetto militaresco dei legittimi diritti del predestinato. Vettel correrà soprattutto per sé e per trovare un sedile per la prossima stagione, sempre che abbia ancora voglia di gareggiare e che ci sia una vettura non di ultima fila disposta a dargli ancora fiducia. Più d’uno indica nel 2020 come l’anno di Verstappen e del suo “motorone” Honda. Non sarebbe una sorpresa epocale se il giovanotto infilasse un triplete in luglio e costringesse LH a inseguire. Magari sarebbe troppo, ma è anche vero che qualcosa di “normale” questo bisesto deve ancora produrla.

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