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Lo Schalke 04 a rischio Covid

Francesco Caremani

La società di Gelsenkirchen potrebbe non superare la pandemia. E non è la sola: 13 dei 36 club di Erste e Zweite Bundesliga, A e B tedesche, non navigano in buone acque

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Mega-Katastrophe. È questa la parola usata da Clemens Tönnies, membro del comitato direttivo dello Schalke 04, di fronte all’ipotesi di fermare definitivamente la Bundesliga e tutto il calcio tedesco senza concludere la stagione, nonostante l’Uefa stia spingendo affinché tutte le federazioni portino a termine i rispettivi campionati. Secondo la rivista Kicker 13 dei 36 club di Erste e Zweite Bundesliga, A e B tedesche, sarebbero a rischio fallimento. E Fritz Keller, presidente della DFB, ha dichiarato: “Non credo che il nostro panorama calcistico sarà lo stesso dopo la crisi economica provocata dal coronavirus”.

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Mega-Katastrophe. È questa la parola usata da Clemens Tönnies, membro del comitato direttivo dello Schalke 04, di fronte all’ipotesi di fermare definitivamente la Bundesliga e tutto il calcio tedesco senza concludere la stagione, nonostante l’Uefa stia spingendo affinché tutte le federazioni portino a termine i rispettivi campionati. Secondo la rivista Kicker 13 dei 36 club di Erste e Zweite Bundesliga, A e B tedesche, sarebbero a rischio fallimento. E Fritz Keller, presidente della DFB, ha dichiarato: “Non credo che il nostro panorama calcistico sarà lo stesso dopo la crisi economica provocata dal coronavirus”.

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Interrompere bruscamente la stagione, così come accaduto per tutte le altre attività produttive non considerate indispensabili, ha provocato a cascata l’interruzione del pagamento dei diritti televisivi, dei contratti degli sponsor e le richieste di rimborso da parte degli abbonati. Uno dei club più esposti è lo Schalke 04 di Gelsenkirchen, Renania Settentrionale-Vestfalia, che ha messo la maggior parte dei suoi 600 dipendenti in cassa integrazione, mentre giocatori e staff tecnico si sono ridotti lo stipendio del 15 per cento. Club, tra i primi dieci nel mondo per numeri di soci, più di 125.000, che in questi ultimi anni, grazie a uno sponsor munifico come Gazprom, ha tentato senza successo la scalata alla Champions: un tentativo che nell’ultimo esercizio si è tradotto in un passivo di 26 milioni di euro. Frutto di una gestione sconsiderata, nonostante le stringenti regole economiche del calcio tedesco.

 

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L’FC Gelsenkirchen-Schalke 04 e.V. è un’associazione registrata senza scopo di lucro che comprende altre società, otto in tutto, ognuna delle quali si occupa di un settore specifico: squadra di calcio, stadio, catering, parcheggio, ecc. Oltre alle altre sezioni sportive: pallacanestro, pallamano, atletica leggera, tennistavolo, sport invernali ed eSport Ora l’idea è quella di separare la sezione calcio dal resto e trasformarla in una società commerciale. “Già ai miei tempi avevamo affrontato la questione e adesso credo che sia l’unica soluzione possibile”, ha dichiarato a Sport Bild Josef Schnusenberg, presidente dello Schalke 04 dal 2007 al 2010. La prossima assemblea dei soci sarà chiamata a prendere questa e altre decisioni fondamentali per il futuro del club, assemblea indetta inizialmente il 7 giugno e spostata al 30 dello stesso mese.

 

Fritz Keller è preoccupato soprattutto per le serie minori, dove la crisi economica colpirà più duro e più forte, ed è profondamente consapevole che questo potrebbe mettere a repentaglio l’intero sistema, tanto da chiedere aiuto alla politica: “Devono decidere se darci una mano o abbandonare il movimento a se stesso”. Lo Schalke 04, attraverso il direttore del marketing, Alexander Jobst, ha informato i propri tifosi che il club sta affrontando una situazione economica difficile tale da metterne a repentaglio l’esistenza. Tanto che ai Vip della Veltins-Arena, impianto da più di 61.000 posti a sedere, così come a tutti gli altri abbonati è stato chiesto di rinunciare al rimborso delle partite perse in cambio di una speciale maglia celebrativa.

 

Non è l’unica società che cerca nuove vie per sopravvivere. L’RB Lipsia ha messo in vendita più di 120.000 biglietti posticci, a un euro l’uno, che i tifosi hanno acquistato per sostenere il club in questo difficile momento. L’Union Berlino sul sito ha creato un punto di ristoro virtuale dove i fan possono comprare birra e salsicce finte in cambio di soldi veri. Insomma, ognuno s’ingegna come può per contenere il contraccolpo economico. Nella speranza di tornare a giocare: non tanto per terminare una stagione che ha perso molto del suo senso, quanto per incassare quei soldi che diventeranno esiziali per la sopravvivenza, soprattutto per quei club in difficoltà già prima della pandemia di Covid-19.

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In Germania nel 1998 è stata introdotta la regola del 50+1 per cento. Cioè le squadre si possono iscrivere alla Erste e alla Zweite Bundesliga solo se le quote di maggioranza appartengono al club, tenendo minoritarie quelle di investitori esterni. Sistema che, a parte qualche eccezione, nel tempo ha evidenziato tutta una serie di benefici, sia economici in termini di sostenibilità del sistema, sia sportivi per la crescita dei settori giovanili, senza contare la ricaduta positiva sui tifosi, tra stadi a misura di fan e costi dei biglietti contenuti. Sistema che l’attuale crisi economica dovuta al coronavirus potrebbe far saltare in aria. Da più parti, infatti, si parla di privatizzazione dei club, abbandonando la formula vincente del calcio tedesco. Una privatizzazione che aprirebbe le porte a investitori stranieri e alla reazione dei tifosi, molto gelosi del proprio calcio e del proprio status all’interno di esso. Daniel Weimar, economista sportivo dell’università di Duisburg-Essen, mette in guardia: “Cambiare le regole adesso, sia verso la privatizzazione che verso un aiuto di stato, falserebbe la concorrenza salvando i club meno virtuosi”.

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