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il foglio sportivo

Il Barcellona in crisi elettorale

Federico Giustini

Il futuro dei Blaugrana tra guerre social, esoneri, malumori e risultati in bilico

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A sentire parlare di elezioni alle porte, e di account civetta molto attivi su Twitter, a qualcuno potrà venire spontaneo figurarsi anche stavolta una storia di hacker russi e raccolte illecite di dati. E invece non è che un’operazione assai più misera per mettere in cattiva luce i nemici interni, un inside job tutto intestino al mondo del Barcellona.

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A sentire parlare di elezioni alle porte, e di account civetta molto attivi su Twitter, a qualcuno potrà venire spontaneo figurarsi anche stavolta una storia di hacker russi e raccolte illecite di dati. E invece non è che un’operazione assai più misera per mettere in cattiva luce i nemici interni, un inside job tutto intestino al mondo del Barcellona.

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Del resto, ora che, dodici anni dopo l’ultima volta, si ripresenta lo spettro di una stagione senza trofei, è inevitabile che la preoccupazione e il nervosismo dilaghino al Camp Nou. Nel 2008 seppero rispondere con prontezza e coraggio a un’annata poco positiva: alla guida della prima squadra fu promosso dal Barça B Pep Guardiola. Con lui in panchina cambiò la storia del club e probabilmente anche quella del calcio.

 

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In questo momento della stagione nulla è precluso, sia in campionato che in Champions League, ma l’intero ambiente fatica a guardare con ottimismo al futuro. Nei primi mesi di questo 2020 il Barça ha perso la Supercoppa, è stato eliminato ai quarti di Coppa del Re ed è uscito sconfitto dal Clásico al Bernabeu. A gennaio è stato esonerato il tecnico Valverde e l’ex stella Xavi ha rifiutato di prendere il suo posto. Un altro no è arrivato anche da Ronald Koeman, attuale commissario tecnico dell’Olanda. Un mese dopo il segretario tecnico Eric Abidal ha accusato i calciatori di scarso impegno e di aver voluto far esonerare Valverde. Al dirigente francese ha replicato con asprezza Messi, invitandolo a fare i nomi dei presunti colpevoli. E così, a metà febbraio, si arriva allo scandalo dei social network: la I3 Ventures, società a cui nel 2017 il club catalano ha affidato il monitoraggio e la cura della reputazione sui social, ha creato e gestito sei account Facebook per screditare protagonisti e antagonisti. Uomini di campo come Messi, Piqué, Guardiola, Xavi e Puyol, politici catalani come Puidgemont e Junqueras, ma anche soci del club e potenziali candidati alle elezioni per la presidenza previste per l’anno prossimo, come Victor Font, Jaume Roures e Joan Laporta. Riconducibili alla stessa azienda sono anche decine di account Twitter falsi usati per intervenire nelle conversazioni e orientarle, esprimendo sostegno al presidente Josep Maria Bartomeu, dileggiando, screditando e in alcuni casi anche insultando i rivali e alcuni giornalisti critici con gli attuali vertici del Barça.

 

La società ha prima negato il coinvolgimento, poi ha interrotto il rapporto con la I3 Ventures e successivamente sospeso dalle sue funzioni Jaume Masferrer, direttore dell’area di presidenza del Barcellona e considerato da molti il “Rasputin di Bartomeu”. Sarebbe stato proprio Masferrer nel 2017 a recarsi in Argentina per firmare il contratto con la I3 Ventures, guidata da Carlos Ibañez Costantino. Lo stesso che è amministratore unico anche di Nicestream, società che ha firmato il dossier svelato da Cadena Ser sulle performance social degli account Facebook al centro della polemica. Sempre Ibañez, esperto di big data e digital marketing, fu socio fondatore anche di Emerging MC, altra società di comunicazione attraverso cui ottenne più di un contratto milionario con la principale agenzia di intelligence dell’Ecuador: parte di quei soldi sarebbero serviti per eliminare dalla rete contenuti critici nei confronti dell’allora presidente Rafael Correa e di sua moglie; altri per diffamare l’allora deputato di opposizione Galo Lara tra il 2013 e il 2014.

 

Se non bastasse, a complicare la situazione ci sono da registrare alcune uscite pubbliche poco lusinghiere nei confronti di chi ha costruito la rosa. Dopo il pareggio di Napoli, Busquets e Rakitic hanno bocciato pubblicamente la campagna acquisti, aggiungendosi alle critiche esposte mesi fa da Piqué. Sullo sfondo ci sarebbe poi anche un contratto in scadenza a giugno 2021: quello di Leo Messi, non proprio entusiasta delle ultime vicissitudini.

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Il momento è molto complicato per Bartomeu, fischiato al Camp Nou in occasione della partita con l’Eibar. Si attende l’esito di un audit da parte di Price Waterhouse Cooper, richiesta dalla dirigenza per fare luce su tutte le operazioni fatte e i contratti sottoscritti: sembrerebbe infatti che, per evitare il controllo della commissione delegata, il pagamento a I3 Ventures sia stato effettuato in cinque rate da poco meno di 200 mila euro ciascuna. Nel frattempo tra i principali critici di Bartomeu si è aggiunto Emili Rousaud, vicepresidente istituzionale del Barcellona e considerato fino a poco tempo fa sicuro candidato continuista per le elezioni, vista l’impossibilità per Bartomeu di ricandidarsi. Rousaud si sta però smarcando e sarebbe tra coloro che hanno chiesto le dimissioni dell’attuale numero uno del club in occasione della riunione straordinaria della giunta direttiva.

 

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Il voto potrebbe allora avvicinarsi. L’unica candidatura certa finora è quella di Victor Font, tra i più bersagliati dalle invettive social autoprodotte. Font ha dalla sua l’appoggio di Xavi e un programma chiaro che guarda avanti, a quando i protagonisti della generazione più brillante e vincente della storia del Barcellona avranno smesso di giocare, senza fare a meno del loro coinvolgimento. La sua piattaforma si chiama “Sí al futur”. Bartomeu invece spera di rivivere il passato recente, ossia il 2015, per salvare la faccia. Cinque anni fa da presidente reggente, a seguito delle dimissioni di Rosell per il caso Neymar, nel mese di gennaio e con la squadra in crisi di risultati, convocò le elezioni per l’estate. Arrivò un triplete inaspettato che gli garantì la vittoria alle urne.

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