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il foglio sportivo

Le conseguenze dell’attacco di Zhang su Instagram a Dal Pino

Giovanni Maddalena

La story che cambia la comunicazione nel calcio durante la farsesca discussione a proposito delle partite all’epoca del coronavirus

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Doveva essere ironicamente un cinese a dire l’ovvio nella farsesca discussione a proposito delle partite di calcio all’epoca del coronavirus. Il ventinovenne presidente dell’Inter Steven Zhang pubblica una story su Instagram con emoticon e hashtag per spiegare, in inglese, che il problema di cercare di salvare la capra della salute pubblica e i cavoli dell’incasso non è possibile, e che non è neanche dignitoso parlarne: bisogna salvare la salute pubblica, il resto non conta. Per completare l’opera, regala soldi all’ospedale Sacco e parole dure contro la Lega serie A e il suo presidente anche dal Financial Times. Un’osservazione comunicativa sull’episodio, di cui colpisce il linguaggio diretto, immediato, crudo, appassionato, forse addirittura violento. Le icone vengono usate come commento alle parole, peraltro corredate da sottolineature e punti esclamativi. Ci sono il pagliaccio, il vomito, la preghiera.

 

Il pagliaccio sarebbe il presidente Paolo Dal Pino, il vomito è riservato ai discorsi sulla sportività da parte di chi riempirebbe gli stadi lo stesso, la preghiera è di starsene sicuri a casa. Le icone esprimono direttamente sentimenti e non richiedono argomentazione: funzionano se l’argomento è ovvio, come in questo caso. Purtroppo, hanno una forza dirompente anche quando l’argomento è ovvio solo per chi parla, generando diatribe e incomprensioni. In generale, nell’ossequioso mondo dei padroni del calcio italiano, Zhang sembra Trump, nel bene e nel male. È il destino di quest’epoca della comunicazione: per porsi bisogna opporsi, e in modo maleducato, troppo diretto, troppo deciso. Vanno necessariamente insieme in questo momento la posizione originale e realista (chiamare le cose per nome) e questo linguaggio brutale e iconico.

 

Può non piacerci, ma sarebbe ora di porsi delle domande: perché chi vuole entrare nella scena pubblica in questo momento, senza essere schierato con l’establishment, deve farlo così? Perché l’establishment stesso fa coincidere toni e contenuti cosicché il nemico diventa il maleducato? Perché anche chi non è affatto un buzzurro – si pensi al Johnson laureato a Eton e Oxford – viene percepito e rappresentato come un buzzurro? Perché la gente trova più credibile chi usa questo tipo di linguaggio? Molto dipende dall’usura delle parole e della sintassi solita, ma molto dipende anche dal mezzo. Se si scrive su Instagram e non su una lettera con logo, il messaggio si altera. In meglio o in peggio? Ne perde la qualità della lingua e la precisione (Zhan parla di Juven fans), ma ne guadagna l’efficacia, almeno immediata e la credibilità. Ci sono altre strade comunicative? Forse, ma se l’establishment, del calcio e non, vuole proporre qualcosa di diverso, deve imparare a comunicare anche in questa lingua o rassegnarsi a essere sostituito da giovani Zhang. Non è forse un caso che il quarantaquatrenne Andrea Agnelli si sia schierato a sostegno del cinese.

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