PUBBLICITÁ

La svolta su Aspi spiegata da Toninelli. Risate

Lorenzo Borga

L’ex ministro grillino ha diffuso un video sui social con cartelli esplicativi: “Lo stato non paga un cent”, “A pagare miliardi saranno i Benetton”. Un racconto lontano dalla realtà dei fatti e monco di un intero capitolo

PUBBLICITÁ

Non si è ancora capito chi ne esca vincitore dalla partita delle autostrade italiane. Se lo stato oppure Atlantia. E non c’è nulla di strano perché – restando nella metafora calcistica – siamo solo a fine primo tempo. Quello tra Autostrade per l’Italia e il governo è infatti un accordo di massima che andrà nelle prossime settimane ultimato e firmato. Si dice, ai piani alti di Atlantia, che si potrebbe giungere a una firma prima dell’anniversario del crollo del Ponte Morandi. Per raggiungere il 90esimo e quindi conoscere il vincitore servirà soprattutto un elemento fino a ora sconosciuto: quanto vale la società Autostrade? Non essendo quotata in borsa il suo valore non è aggiornato minuto per minuto e, prima, la riduzione dell’indennizzo in caso di revoca della concessione (introdotta nel decreto “milleproroghe”) e, dopo, la pandemia di coronavirus hanno seminato incertezza su quanti soldi valgono le concessioni di Aspi.

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Non si è ancora capito chi ne esca vincitore dalla partita delle autostrade italiane. Se lo stato oppure Atlantia. E non c’è nulla di strano perché – restando nella metafora calcistica – siamo solo a fine primo tempo. Quello tra Autostrade per l’Italia e il governo è infatti un accordo di massima che andrà nelle prossime settimane ultimato e firmato. Si dice, ai piani alti di Atlantia, che si potrebbe giungere a una firma prima dell’anniversario del crollo del Ponte Morandi. Per raggiungere il 90esimo e quindi conoscere il vincitore servirà soprattutto un elemento fino a ora sconosciuto: quanto vale la società Autostrade? Non essendo quotata in borsa il suo valore non è aggiornato minuto per minuto e, prima, la riduzione dell’indennizzo in caso di revoca della concessione (introdotta nel decreto “milleproroghe”) e, dopo, la pandemia di coronavirus hanno seminato incertezza su quanti soldi valgono le concessioni di Aspi.

PUBBLICITÁ

 

Ma possiamo comunque contare su alcune certezze. Prima fra tutte, mai fidarsi di Danilo Toninelli. L’ex ministro per le infrastrutture ha diffuso un video sui social in cui spiegava – a parole sue – il compromesso tra Aspi e il governo Conte. Toninelli mostra alcuni cartelli durante il video. Inizia con “fuori i Benetton da Autostrade” il che è più o meno corretto: secondo le ipotesi di cui si sta scrivendo in questi giorni Atlantia, che oggi controlla l’88 per cento di Autostrade ed è a sua volta controllata per circa un terzo dalla holding dei Benetton, dovrebbe scendere fino al 10 per cento. Questo dopo l’aumento di capitale di Cassa Depositi e Prestiti, l’acquisto di azioni da parte degli investitori istituzionali e la quotazione in borsa.

 

PUBBLICITÁ

 

Ma è al secondo cartello che iniziano i brividi: “lo stato non paga un cent”, seguito da pollicione ostentato. Ecco, questo è proprio un tarocco. Se Cassa Depositi e Prestiti dovesse entrare in Aspi con un 30 per cento circa del controllo, dovrebbe sborsare alcuni miliardi di euro. La stima che circola del valore della società è attorno ai 10 miliardi di euro: se così fosse a Cdp ne verrebbero chiesti circa 3. Non proprio noccioline, eh? E se ci fossero dubbi sul considerare Cdp un braccio dello Stato, li chiarisce il Ministero dell’economia: sul suo sito è specificato che quasi l’83 per cento della Cassa è in mano al Mef. Si tratta di soldi investiti dai risparmiatori postali, e che se destinati in Autostrade non potranno essere usati per altri scopi. Avrebbero cioè quello che gli economisti chiamano “costo opportunità”. In un momento di crisi economica secondo alcuni sarebbe stato più opportuno destinare i 3 miliardi per ricapitalizzare settori strategici a corto di liquidità. Mentre ancora non c’è certezza sui soci che potrebbero acquistare le azioni di Atlantia: se anche questi fossero riconducibili al settore pubblico, le somme versate si aggiungerebbero ai probabili 3 miliardi pagati dallo Stato. È semmai vero che lo Stato potrebbe rientrare dall’investimento, dopo qualche anno: i rendimenti di Autostrade sono stati elevati negli ultimi anni e – nonostante il dovuto taglio dei pedaggi deciso dall’autority dei trasporti per i concessionari e a cui Aspi non si è ancora adattata – è probabile che continuerà a rimanere in utile. Ma forse Toninelli avrà pensato che tutta questa complessità non ci stava su un foglietto di carta.

Passiamo oltre: “a pagare miliardi saranno i Benetton”, con nuovo pollicione che gli varrà nuovi meme. Anche qui, ci sono due verità: il preaccordo prevede che la vecchia proprietà paghi 3,4 miliardi di euro come somma risarcitoria per il crollo del ponte Morandi, ma d’altra parte si aspetta di incassare qualche miliardo dalla vendita delle proprie azioni. Anche qui, se ci guadagnerà o meno dipenderà dalla valutazione di Autostrade: se dovesse incassare poco più di 3 miliardi Atlantia, e quindi in parte i Benetton, potrebbero chiudere in pari. Proprio per questo il valore di Autostrade è cruciale: lo Stato non vorrà valutarla un prezzo troppo alto per non far sborsare una somma eccessiva a Cdp e rischiare di far incassare ad Atlantia una cifra troppo alta; ma d’altra parte un prezzo troppo basso rappresenterebbe uno scarso rendimento futuro delle autostrade per la nuova proprietà pubblica, a cui non conviene quindi comprare a prezzo stracciato se ci tiene a ripagare l’investimento.

PUBBLICITÁ

PUBBLICITÁ

Non sappiamo chi abbia spiegato a Toninelli il compromesso trovato la scorsa settimana per evitare la revoca. Ma il suo “mini-Bignami” è proprio lontano dalla realtà dei fatti, almeno quella che conosciamo fino a ora.

 

PUBBLICITÁ

E nel suo racconto manca un intero capitolo, che in realtà è assente anche dal tavolo della trattativa tra l’azienda e l’esecutivo: la tutela della concorrenza. La super-concessione ad Autostrade, che rappresenta quasi la metà della rete autostradale italiana, sappiamo ormai che ha rappresentato per anni un regalo ai privati a spese dei contribuenti e degli automobilisti. Altissimi rendimenti, scarsa manutenzione, regolamentazione debole, rincari dei pedaggi e investimenti sotto le aspettative. Comportamenti, culminati con il crollo del Ponte Morandi, che possono giustificare la perdita di fiducia nel concessionario, ma il rischio è che con il controllo pubblico non cambi granché. Un passo per riuscirci sarebbe seguire le direttive dell’Autorità di regolazione dei trasporti che ha ridotto l’ambito ottimale delle future concessioni a 315 chilometri di rete. Mentre oggi Aspi gestisce un perimetro quasi dieci volte più ampio. Spacchettare la rete e metterla a gara potrebbe rendere più competitivo il mercato e raggiungere – senza i rischi di una gestione pubblica (ben rappresentati anche da Toninelli) – buoni investimenti e bassi pedaggi.

PUBBLICITÁ