oltre l'aula di tribunale
Johnny Depp e Amber Heard, tra eccessi e pornografia dei sentimenti
Al di là dell'esito del processo, i due attori si sono dimostrati una coppia fortissima nel catturare l’interesse del pubblico guardone
Nel 1990 Johnny Depp era Frankenstein. O meglio – incarnato lunare, occhiaie di pece e capelli a sfidare la forza di gravità – interpretava la versione contemporanea di un Frankenstein gotico, romantico e un po’ punk: Edward mani di forbice, forse il miglior film di Tim Burton. C’è una scena stupenda di questo film, quando Kim (Winona Ryder) chiede allo strano amico con le forbici al posto delle mani, l’amico che la sua famiglia ha accolto e amato da subito al di là di ogni pregiudizio, di abbracciarla; e lui con la disperazione negli occhi le risponde di non poterlo fare. Le sue mani sono un pericolo: possono tagliare e ferire, non potranno mai accarezzare. Però possono anche creare bellezza: cespugli come usciti da un bestiario immaginifico, angeli intagliati nel ghiaccio, pettinature come opere d’arte.
Johnny Depp, che abbiamo visto negli ultimi tre anni impegnato nel processo che ha seguito la sua separazione dall’ex moglie Amber Heard e ha monopolizzato la cronaca fino all’esito di cui ieri hanno parlato tutti i giornali, sembra che abbia ancora qualche problema con le mani. Mani che feriscono anche se non sono forbici, e che vengono ferite: si dice che un dito gli sia stato mozzato da una bottiglia di vodka scagliatagli addosso dall’ex moglie. Ma ormai non c’è più la poetica deformazione grottesca di Burton né la malinconia dei suoi eroi: soli, emarginati, senza alcuna arroganza. Nessuno spiraglio di bellezza.
“Forse c’è un po’ di strega in te, Katrina” sussurra Jonny Depp a Christina Ricci nel Mistero di Sleepy Hollow (Tim Burton, ancora lui). C’è della strega in lei, perché lei lo ha stregato; lo ha fatto perdutamente innamorare. E le streghe, per un’orribile tradizione, finiscono sempre nel fuoco. Forse c’era della strega anche nell’ex moglie Amber per meritarsi la minaccia di essere bruciata viva, almeno a stare a un messaggio riferito alla donna e mandato da Depp all’amico Paul Bettany. Sleepy Hollow, la cui storia gira intorno alla figura di un misterioso cavaliere mozzatore di teste, quando uscì nel 1999 fu definito da molti di genere horror-fantastico. Nelle vicende processuali di questi ultimi anni si è lasciato il “fantastico” per strada: è rimasto solo l’horror. “La follia di una persona è la realtà di qualcun altro” ha detto una volta Burton in un’intervista. Forse si riferiva alla vita privata del suo attore feticcio.
A proposito di Depp e Heard, abbiamo visto in rete filmati di violenza domestica: si è parlato di feci sul letto, di urina sul pavimento, di bottiglie usate in modo poco consono, di alcol, di vino bevuto dentro pinte di birra, di corpose strisce di coca. C’è stata una guerra di hashtag: #AmberHeardIsALiar contro #IStandWithAmberHeard; e ancora #JusticeForJohnnyDepp contro #JusticeForJAmberHeard. Ma soprattutto si è molto parlato di consulenti e società di comunicazione, di strategie, di gruppi di influenza. Anche la fine di un amore e il suo avventurarsi nei toni del legal thriller, se non del film dell’orrore, avviene a favore di un pubblico. Tutto appare pensato per appassionare spettatori non paganti. Depp e Heard: coppia fortissima se non altro nel catturare l’interesse. Più forti persino della guerra in Ucraina. Forse orchestratori di ogni svolta nell’arco narrativo della loro separazione; più probabilmente vittime di un sistema virtuale bramoso di catalizzatori di attenzione. Tanto per dare i numeri anche noi: l’hashtag #JusticeForJohnnyDepp è salito su Tik Tok a oltre 7 miliardi e mezzo di visualizzazioni.
“L’erba si può mangiare?”, chiede un bambino a Willy Wonka nella Fabbrica di cioccolato. “Ma certamente ogni cosa in questa stanza è commestibile: persino io lo sono,” risponde Wonka interpretato da Johnny Depp. Che se lo sia ricordato a quasi vent’anni da quella interpretazione? Tutto si può mangiare, tutto può essere dato in pasto al pubblico adorante (o odiante, poco importa). Forse ancor prima di capire da che parte stare, potremmo chiederci a che spettacolo abbiamo assistito e se valeva la pena di assistervi, dunque di farne parte. La regia questa volta non è di Tim Burton, purtroppo. La pornografia dei sentimenti non è nel suo stile.
Abituati alla tragedia