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la carta resiste

Sul retro delle edicole s'impara a spendere il 2 per cento del pil in armamenti

Arnaldo Greco

Riviste che sembra non acquistare mai nessuno. Si possono comprare davvero o sono come i libri finti delle librerie vuoti all’interno? Sono numeri di riviste che risalgono al 1997 e che gli edicolanti non sostituiscono mai, tanto hanno perso le chiavi delle vetrine? Una rassegna che, visto il momento, parte da "Aeronautica e Difesa"

"Ormai vendono tutto tranne i giornali" o “mi sono dovuto districare tra le bibite e le merendine per trovare una copia del quotidiano” sono ormai considerazioni perfino ovvie sulla trasformazione delle edicole. Ma, a ben vedere, anche in mezzo alla trasformazione da edicole in centri poli-servizi (per dirla in fuffese) resistono, indomiti, anche alcuni elementi della tradizione, seppur ricevendo sempre scarsa attenzione. Mi riferisco al retro delle edicole, dove lottano strenuamente per apparire quelle riviste che sembra non acquistare mai nessuno. Numeri specializzati sulla musica, il giardinaggio, le auto, il ciclismo, i viaggi e poi riviste sempre più specialistiche, le decappottabili, come coltivare le ortensie, il triathlon, “Il mio gatto”, “Isole ioniche”, “Armi magazine”, “Cavalli e segugi”. Chi le compra? Come sono fatte? Si possono comprare davvero o sono come i libri finti delle librerie vuoti all’interno? Sono numeri di riviste che risalgono al 1997 e che gli edicolanti non sostituiscono mai, tanto hanno perso le chiavi delle vetrine e sul retro non si possono più mettere quelle porno? Ho provato, perciò, ad avviare una rassegna di queste riviste e, dato il particolare momento storico, sono partito da Aeronautica e Difesa. 

Aeronautica e Difesa è un mensile, è arrivato ormai al 37° anno di pubblicazioni e costa 6,50 euro. La copertina di aprile è dedicata, naturalmente, alla guerra in Ucraina, ma anche all’F-22 Raptor e alle esercitazioni nel Mediterraneo del Neptune Strike. Trattandosi di “aeronautica” c’è anche qualche articolo riservato ad aerei dedicati a usi civili, ma non esiste una netta separazione tra le due categorie il che, per il neofita, risulta un po’ straniante. Uno trasporta passeggeri e un altro missili, ma che vuoi che sia, minuzie. Il Neptune Strike o l’F-22 Raptor fanno subito riflettere su uno degli aspetti più immaginifici di questa rivista e, in maniera più ampia, di questo mondo. Proprio come per le inchieste giudiziarie o gli scandali giornalistici o le indagini di polizia, un bel nome funziona meglio di una sigla, la cannoniera volante Lockeed Martin AC-130 J funziona meglio col nome “Ghostrider”, l’elicottero da attacco EC-665 viene meglio se soprannominato “Tigre”, il C-130J suona meglio come “Super Hercules” (anche se forse Ercole già bastava, Super Ercole sembra un po’ troppo). Se non si parlasse di aerei da guerra per la maggior parte del tempo, sembrerebbe quasi di avere tra le mani una rivista di automobili con le prove su strada.

Infatti, proprio come quelle sono pensate per lettori che, quando scoprono di una macchina che può arrivare a duecento chilometri all’ora in dieci secondi, pensano “wow” invece di “vabbè, ma quando mai dovrò andare o potrò andare a duecento all’ora in dieci secondi”, così qui si dà per assodato e non ci si chiede mai: ma davvero all’esercito brasiliano serve questo nuovo cacciabombardiere F-39E “Gripen”? Evidentemente sì, visto che fonti attendibili parlano dell’ordine di un nuovo lotto di 30 caccia, oltre i 36 già ordinati e in preparazione (qui si potrebbe perfino usare, per una volta, a ragione l’abusata formula giornalistica “rampa di lancio”). Notizie di questo tipo si aggiungono ad altre come la “Soddisfazione della RAAF” (aeronautica australiana, ndr) per gli F-35A, “Anche l’Indonesia sceglie il Rafale, ne ha ordinati sei, ma potranno diventare 42” (per chi se lo chiedesse, il Rafale può anche trasportare missili aria-aria “Mica” e “la versione da 1.000 kg della bomba guidata stand-off AASM”).

Nella rivista ci sono anche rubriche fisse come “le guerre nella storia” e, stavolta, tocca alla “guerra delle Falkland”. Come dice giustamente il sottotitolo in un occhiello che pare particolarmente rivelatorio sul senso di ogni guerra “il conflitto scoppiato nel 1982 tra Argentina e Gran Bretagna per il controllo di alcuni scogli inospitali nell’Atlantico meridionale”. O altre rubriche di analisi dedicate alle “Forze aeree nel mondo”: il focus di questo mese è dedicato al Kazakistan di cui viene descritta l’intera dotazione seppur con l’importante specifica, “non è facile ottenere indicazioni precise sulla consistenza della forza armata kazaka, anche se l’impressione è che, rispetto all’organico che qui riportiamo nella tabella, la quantità degli aerei in carico ma non operativi o, comunque, parcheggiati nei depositi degli aeroporti kazaki possa essere più elevata”. 

In effetti che tutti gli eserciti del mondo lascino prove così palesi delle loro dotazioni smarrisce un po’ il lettore inesperto tanto che uno dei titoli più rassicuranti finisce per essere “una nuova versione dell’F-35 per un cliente ignoto”. In ogni caso, se è vero che bisogna arrivare a spendere il 2 per cento del pil in armamenti, da qualche parte bisognerà pur partire a informarsi.

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