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Aridatece le ciabatte

L'estate della nostalgia degli americani

Michele Masneri

Dopotutto, la mitologia della vacanza italiana è un’invenzione tutta loro

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Dopo un po’ la percepisci quella strana sensazione: la nostalgia dell’americano. Si sente lancinante la mancanza del cappellino, dell’occhialone da sole, del bermudone con ciabatta, così identitaria per esempio del centro storico romano (da aprile in poi, infatti: sciaff, sciaff, ascolta, ecco i flip-flop, è cominciata la stagione). Quest’anno, niente. E se i leghisti brutti sporchi e cattivi suggeriscono che si fanno entrare i clandestini covidici e si respingono invece i turisti affluenti, fanno impressione le piazze, ma anche gli alberghi, a Roma il Raphaël o il Plaza o l’Hassler, sbarrati, in attesa di tempi migliori e del cliente ciabattone ma allegro, dalla larga mancia e dall’amore per “Florence, Venice and the Vatican”. Pura aristocrazia da Orient Express rispetto all’arabo sinistro e al russo trucibaldo. Così, tutta la penisola è unita dalla grande nostalgia per l’americano, che quest’estate non arriva, trattenuto dalle normative: la maggior parte dei paesi europei ha riaperto le frontiere a una lista di paesi “sicuri”, ma tra questi non figurano gli Stati Uniti, assai contagiati.

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Dopo un po’ la percepisci quella strana sensazione: la nostalgia dell’americano. Si sente lancinante la mancanza del cappellino, dell’occhialone da sole, del bermudone con ciabatta, così identitaria per esempio del centro storico romano (da aprile in poi, infatti: sciaff, sciaff, ascolta, ecco i flip-flop, è cominciata la stagione). Quest’anno, niente. E se i leghisti brutti sporchi e cattivi suggeriscono che si fanno entrare i clandestini covidici e si respingono invece i turisti affluenti, fanno impressione le piazze, ma anche gli alberghi, a Roma il Raphaël o il Plaza o l’Hassler, sbarrati, in attesa di tempi migliori e del cliente ciabattone ma allegro, dalla larga mancia e dall’amore per “Florence, Venice and the Vatican”. Pura aristocrazia da Orient Express rispetto all’arabo sinistro e al russo trucibaldo. Così, tutta la penisola è unita dalla grande nostalgia per l’americano, che quest’estate non arriva, trattenuto dalle normative: la maggior parte dei paesi europei ha riaperto le frontiere a una lista di paesi “sicuri”, ma tra questi non figurano gli Stati Uniti, assai contagiati.

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Così la Coldiretti Puglia stima una perdita del 20 per cento quest’anno per l’assenza degli americani, che nel 2019 sono stati 4,4 milioni in totale in Italia, e hanno speso, secondo la Banca d’Italia, oltre 5,5 miliardi di euro, con quasi 40 milioni di pernottamenti. Ma non sono neanche i soldi, è proprio che erano un pezzo dell’arredo urbano. Alcuni posti se li sono proprio inventati loro, come Alfredo, quello delle omonime fettuccine, che negli Stati Uniti considerano il non plus ultra di italianità, e in Italia nessuno mai ha assaggiato.

 

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L’altro giorno, un cameriere fumava una sigaretta nella controra sotto i marmi dei palazzi Inps già molto fascisti di piazza Augusto Imperatore, in attesa che tutta la piazza diventi il colossale hotel Bulgari. Ma a voi non vi spostano, vero?, si chiedeva. “Boh, me pare di no”, diceva l’addetto, fra i tavoli deserti. Americani, dove siete! Come Alfredo e le sue fettuccine, in fondo, l’intera mitologia della vacanza italiana è un’invenzione puramente americana.

 

 

Positano per esempio nacque come avamposto “wasp”: alla fine della guerra c’era stato un accenno di tifo per l’acqua assai impura, e il generale Clark, il principale collaboratore di Eisenhower, comandante della campagna d’Italia nella Seconda guerra mondiale, temeva la pandemia. Come Conte in Europa oggi, il marchese sindaco di Positano Paolo Sersale (poi inventore delle Sirenuse) convinse gli americani – che frugali non furono mai – a costruire un mega acquedotto. Clark acconsentì a quella grande opera, anche troppo grande: i positanesi erano infatti solo duemila, ma Sersale raccontò di aver un po’ arrotondato, a settemila. Grazie a quel trucco arrivarono acqua pulita e stipendi, un recovery fund idrico. E Positano diventò avamposto americano: in quelle lande l’italiano è infatti solo una terza lingua, dopo il napoletano e l’inglese. Ma gli americani fecero da testimonial anche per la Costiera, anzi per la “Amalfi Coast”, più della Ferragni: Jackie Kennedy a Capri fissava per sempre l’immagine della “sterminata vacanza” agnelliana-mediterranea (zoccoli, pantaloni bianchi, macchinette Fiat o taxi scoperti “stretched”), per una tipica vacanza italian style, che nessun italiano avrebbe mai potuto permettersi (vedi Fantozzi, anni dopo). Gore Vidal addirittura prendeva casa a Ravello, con ospiti globali come la principessa Margaret o Hillary Clinton, ma appassionandosi soprattutto a questioni locali tra sindaci e opposizioni, beandosi delle beghe comunali che lui, nipote di un senatore e fratellastro della suddetta Jackie, trovava ben più sapide.

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Più su, le migliori fiorentinità venivano coniugate da Bernard Berenson tra siepi e tweed: attirando masse letterarie con Baedeker e prima di Google Maps. E la regione Veneto quante statue avrebbe dovuto fare a Ernest Hemingway, che tra cacce alle anatre nella laguna e soggiorni alcolici tra l’Harry’s Bar e il Posta a Cortina ha creato il mito della “land of Venice”, come oggi la campagna per lanciare la regione? E il “lake Como”, che dovrebbe dire? Dovrà di più a Manzoni o al Nespresso, con George Clooney a rilanciare un intero distretto, mentre negli stessi anni il fondatore di Starbucks veniva in Italia a studiare i caffè italici? Insomma, noi qui in fondo ci si sente molto orfani, quest’estate. Ma gli americani, poveracci, chissà dove andranno, a sciabattare.

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