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Famiglie e giovani temono la “nuova normalità” post pandemia

Marianna Rizzini

Un’indagine Nomisma e una maratona digitale per capire in quale direzione si sta andando. Tra modelli e “autopercezioni”

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Roma. I piani, gli scenari, le fasi, le indicazioni, i “modelli” per uscire dall’emergenza. La percezione del futuro e l’autopercezione sul “come” lo si affronta. Se le imprese hanno vissuto il dramma economico, le famiglie si sono trovate davanti a uno stravolgimento di abitudini e di vita difficile da elaborare. E il passaggio tra lockdown e parziale apertura non è così semplice: si esce, ma non si sa bene che cosa aspettarsi da un futuro che presenta molte incognite (dal punto di vista del reddito, dell’eventuale riduzione del lavoro, della gestione dei figli con le scuole ancora chiuse).

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Roma. I piani, gli scenari, le fasi, le indicazioni, i “modelli” per uscire dall’emergenza. La percezione del futuro e l’autopercezione sul “come” lo si affronta. Se le imprese hanno vissuto il dramma economico, le famiglie si sono trovate davanti a uno stravolgimento di abitudini e di vita difficile da elaborare. E il passaggio tra lockdown e parziale apertura non è così semplice: si esce, ma non si sa bene che cosa aspettarsi da un futuro che presenta molte incognite (dal punto di vista del reddito, dell’eventuale riduzione del lavoro, della gestione dei figli con le scuole ancora chiuse).

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Com’è vissuto, nelle case appena riaperte, il momento e il contesto? Questo l’interrogativo a cui ha cercato di rispondere l’indagine Nomisma 2020 sulle famiglie italiane, presentata ieri durante l’evento in diretta streaming organizzato da Nomisma e Crif in collaborazione con Unicredit, con il titolo “Fuori tutti, la voce alle famiglie. Vivere, abitare, investire: l’Oltre del Coronavirus”. Uno studio da cui emerge un’“apparente tenuta delle famiglie”, ma anche una “scarsa consapevolezza della loro effettiva situazione”.

 

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Da un lato, secondo l’indagine, durante l’emergenza, su una scala da 0 a 10, le famiglie italiane hanno dimostrato di avere piena fiducia nei confronti di medici e infermieri (8,2), del volontariato (7,8), e degli insegnanti (6,5). Sono i tre attori sociali, questo emerge dallo studio, che “costituiscono una presenza determinante su cui far convergere una ‘fiducia da fronteggiamento’, orientata verso i soggetti che nel quotidiano hanno saputo affrontare le minacce tipiche della pandemia”. C’è invece uno slittamento di priorità in cima a un’ideale agenda politica delle famiglie: la disoccupazione è la prima preoccupazione per il 66,9 per cento, seguita dall’aumento del debito pubblico (49,9 per cento) e dalle diseguaglianze economico-sociali (per il 49,2 per cento). Mentre il tema “immigrazione”, che prima della pandemia era uno dei primi punti divisivi del dibattito politico, registra un calo di “interesse” (-8,6 per cento). E’ insomma la tenuta complessiva del sistema – posti di lavoro in testa – a dare inquietudine. E se è vero che, a fronte di un 28,8 per cento che dichiara di “non riuscire a risparmiare”, il 41,8 per cento del campione ritiene di avere una situazione stabile e il 12,9 per cento di essere in condizione di aumentare la propria capacità di risparmio, i dati mettono in luce un’auto-percezione “troppo positiva” che evidenzia una sopravvalutazione.

 

Dice Marco Mercatili, responsabile Sviluppo di Nomisma che, secondo le “autopercezioni” da parte delle famiglie sulla capacità di affrontare la seconda parte del 2020 e l’inizio del 2021, le famiglie che si sentono forti sono 4,1 milioni, mentre quelle che si percepiscono resilienti 5,6 milioni. “Incrociando queste percezioni con l’effettiva solidità economico-reddituale delle famiglie, si assiste al dimezzarsi di questi dati: le famiglie forti sarebbero pressoché 2,2 milioni, così come si riducono del 40 per cento quelle resilienti (3,4 milioni). Le famiglie ‘autoilluse’ della propria forza e della propria resilienza, insomma, potrebbero essere oltre 4 milioni”. Poi ci sono i giovani, quelli che hanno vissuto il lockdown nel momento della vita in cui è difficile anche soltanto “pensarsi” reclusi. Come si vedono, nel prossimo futuro post Covid? Per cercare di rispondere alla domanda, il prossimo 13 giugno, un ampio gruppo di adolescenti e giovani adulti (tra i 14 e i 35 anni) parteciperà alla maratona digitale “Quale futuro” di Visionary days, voluta dal ministero per le Politiche giovanili e lo Sport, con la consulenza di Ipsos, con l’idea di mettere insieme proposte concrete e indagare speranze, progetti e paure della categoria che più ha dovuto rivoluzionare il proprio modo di esistere, e che ora si affaccia con molti dubbi alla cosiddetta “nuova normalità”.

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