La satira degli altri
I guardiani delle fake news non tollerano l’umorismo di destra. Lo strano caso del Babylon Bee, sito web scambiato per propaganda
Qualche giorno fa l’ex analista della Cia Cindy Otis, che ora si occupa di disinformazione come commentatrice, ha denunciato su Twitter l’esorbitante successo sui social di un articolo satirico: “Un post di un sito satirico che dice che il Partito democratico ha chiesto di esporre la bandiera a mezz’asta per la morte di Soleimani ha avuto più di 500 mila condivisioni. Alcuni miei famigliari mi hanno appena chiamata per segnalarmi che i loro amici repubblicani lo stanno diffondendo, credendolo un articolo serio. Abbiamo molto lavoro da fare, tutti”. La segnalazione di Otis è stata ripresa dal giornalista della Cnn Donie O’Sullivan, specializzato nella diffusione delle fake news e nella disinformazione a scopo politico, che ha aggiunto ulteriori ragioni di preoccupazione: “Per mettere le cose in prospettiva, è lo stesso numero di condivisioni che gli articoli più popolari del New York Times e della Cnn hanno avuto la scorsa settimana. Molte persone che condividono questo articolo ‘satirico’ su Facebook non sanno che è satira”. Molti commentatori nel settore sempre più nutrito dei guardiani della verità contro le fake news hanno diffuso la denuncia di O’Sullivan, preoccupati che le schiere di utenti non edotti circa il confine fra l’informazione e la presa in giro potessero davvero credere che il partito democratico avesse voluto rendere omaggio, esponendo la bandiera a mezz’asta, al generale della repubblica islamica ostile al “grande Satana” che è stato responsabile di un numero enorme di azioni violente contro le forze americane e gli alleati nella regione.
Qualche giorno fa l’ex analista della Cia Cindy Otis, che ora si occupa di disinformazione come commentatrice, ha denunciato su Twitter l’esorbitante successo sui social di un articolo satirico: “Un post di un sito satirico che dice che il Partito democratico ha chiesto di esporre la bandiera a mezz’asta per la morte di Soleimani ha avuto più di 500 mila condivisioni. Alcuni miei famigliari mi hanno appena chiamata per segnalarmi che i loro amici repubblicani lo stanno diffondendo, credendolo un articolo serio. Abbiamo molto lavoro da fare, tutti”. La segnalazione di Otis è stata ripresa dal giornalista della Cnn Donie O’Sullivan, specializzato nella diffusione delle fake news e nella disinformazione a scopo politico, che ha aggiunto ulteriori ragioni di preoccupazione: “Per mettere le cose in prospettiva, è lo stesso numero di condivisioni che gli articoli più popolari del New York Times e della Cnn hanno avuto la scorsa settimana. Molte persone che condividono questo articolo ‘satirico’ su Facebook non sanno che è satira”. Molti commentatori nel settore sempre più nutrito dei guardiani della verità contro le fake news hanno diffuso la denuncia di O’Sullivan, preoccupati che le schiere di utenti non edotti circa il confine fra l’informazione e la presa in giro potessero davvero credere che il partito democratico avesse voluto rendere omaggio, esponendo la bandiera a mezz’asta, al generale della repubblica islamica ostile al “grande Satana” che è stato responsabile di un numero enorme di azioni violente contro le forze americane e gli alleati nella regione.
La Cnn insorge contro un titolo satirico: “I democratici chiedono di esporre la bandiera a mezz’asta per commemorare Suleimani”
Quando è nato, il Babylon Bee ha ricevuto elogi bipartisan. Lo hanno chiamato “l’Onion per timorati di Dio”. Poi le cose sono cambiate
L’inghippo in questa vicenda è che il Babylon Bee è gestito da un gruppo di cristiani conservatori, e il suo canone umoristico è tarato particolarmente su quel pubblico: s’incontrano spesso battute sulle contraddizioni dei liberal, sui luoghi comuni attorno alla culture war e in generale sul tema religioso, con forti dosi di autoironia. Giusto l’altro giorno un articolo spiegava che sempre più spesso i feti si camuffano da Yoda durante le ecografie per non essere abortiti; accanto a questo si dava conto di una conferenza stampa in cui Trump ha dichiarato di avere fatto per il cristianesimo più di chiunque altro, Gesù incluso. Il pubblico di Babylon Bee trova questo genere satirico esilarante, e una parte significativa della carica umoristica che esprime lo deve proprio al fatto che si rivolge innanzitutto a un’audience che ha riferimenti culturali comuni e si muove nel mondo secondo certe coordinate condivise. Chi appartiene a questo sistema di riferimento può capire e apprezzare meglio le battute, chi non vi appartiene è meno sensibile, talvolta non coglie affatto l’umorismo e nei casi di fraintendimento più gravi arriva a prendere le battute alla lettera, che è il modo migliore per essere offesi. Quando la presunta offesa incontra giornalisti incaricati di salvare il mondo dalla propaganda dei cattivi, il sistema va in cortocircuito. La satira diventa propaganda, va dunque o espunta a forza dalla conversazione fra persone civili o deve essere segnalata con alert grandi così perché nessuno incorra nell’ambiguità, che però si dà il caso sia esattamente ciò che rende divertente la satira. Serve una quota minima di verosimiglianza perché la battuta faccia ridere, e avvertire con il cartello “SATIRA!” ogni volta che ci si appresta a scherzare distrugge l’umorismo.
Resiste ancora l’obiezione che lo zelante cronista fa a proposito della bandiera a mezz’asta: la gente non capisce che è uno scherzo. Ma non è sempre stato così? Il confine fra la realtà e la parodia non è così labile che talvolta si incorre nel fraintendimento? E non è proprio la vicinanza fra la realtà e la sua rappresentazione comica il motore dell’umorismo? Il caso di scuola è quello di Sarah Palin, indimenticata governatrice dell’Alaska, candidata vicepresidente nel ticket repubblicano nel 2008 e fonte inesauribile di battute su scala planetaria. Decine di milioni di americani sono ancora convinti che Palin abbia detto che “può vedere la Russia da casa sua”, mentre invece a dirlo è stata Tina Fey al Saturday Night Live, in una delle sue rappresentazioni più memorabili. La gag motteggiava l’esibita ignoranza paliniana in materia di politica estera, difetto evidente che la comica ha sintetizzato in una battuta assurda che però l’interessata avrebbe anche potuto lasciarsi sfuggire. Era un tratto vero portato al parossismo. La convinzione che Palin abbia davvero detto quella frase si è radicata nell’immaginario collettivo, ma nessuna task force contro la disinformazione della Cnn si è mobilitata per fermare la pericolosa deriva propagandista o per denunciare l’operazione di screditamento politico. Era soltanto satira presa sul serio, come capita spesso quando la satira è efficace. I guardiani delle fake news non si sono nemmeno mobilitati contro il Daily Show di Jon Stewart, notiziario satirico che viveva dell’editing selettivo di segmenti sulla cronaca politica e per anni è stato, secondo i sondaggi più seri, il programma d’informazione più autorevole per i millennial. Il programma di informazione, non la trasmissione satirica.
La differenza fra quei casi e la querelle nata attorno al Babylon Bee l’ha sintetizzata David Harsany sulla rivista conservatrice National Review: “Ovviamente, il vero crimine del Babylon Bee è che prende in giro le persone sbagliate”. Il suo peccato originale è di avere modellato il suo umorismo su una certa visione del mondo.
I critici dicono che le battute vengono scambiate per vere notizie dai lettori sprovveduti. Ma non è questa l’essenza dell’umorismo?
Milioni di americani sono certi che Palin abbia detto che “può vedere la Russia da casa sua”. Nessuna task force anti propaganda s’è mobilitata