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Quattro sberle al partito del pessimismo

Claudio Cerasa

I migliori giornali stranieri hanno deciso di inaugurare il 2020 schierandosi contro il pensiero unico disfattista. Numeri alla mano: negli ultimi decenni sono diminuite povertà, guerre e ignoranza. Ed è cresciuta persino la democrazia. Una controstoria

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Come dice un vecchio detto: good news is no news, but bad news is often fake news. Il nuovo anno, complice l’assenza di grandi notizie, si apre, come succede spesso durante le vacanze, con una serie infinita di news descritte con toni drammatici, con una serie infinita di piccoli casi di cronaca trasformati in grandi allarmi nazionali e con una serie infinita di piccoli problemi trasformati in emergenze universali. Il catastrofismo è tipico dei paesi in lotta perenne contro se stessi – e in questo l’Italia è un paese esemplare – ma in questa fase specifica della nostra esistenza il catastrofismo è spesso associato anche a una serie di piccole e grandi paure legate al nostro futuro. E in un momento storico in cui il mondo viene costantemente raffigurato come se fosse destinato ad andare da un momento all’altro in vacca, sostenere che le profezie apocalittiche sul futuro siano delle vaccate può apparire un’eresia ma è quello che alcuni grandi giornali hanno scelto di fare negli ultimi giorni. Giornali naturalmente non italiani, perché se togli ai giornali italiani l’allarmismo rischia di non rimanere neppure la lisca. Giornali che da qualche settimana in modo quasi coordinato hanno scelto di sfidare il pensiero unico allarmista offrendo buone ragioni per non avere paura del futuro.

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Come dice un vecchio detto: good news is no news, but bad news is often fake news. Il nuovo anno, complice l’assenza di grandi notizie, si apre, come succede spesso durante le vacanze, con una serie infinita di news descritte con toni drammatici, con una serie infinita di piccoli casi di cronaca trasformati in grandi allarmi nazionali e con una serie infinita di piccoli problemi trasformati in emergenze universali. Il catastrofismo è tipico dei paesi in lotta perenne contro se stessi – e in questo l’Italia è un paese esemplare – ma in questa fase specifica della nostra esistenza il catastrofismo è spesso associato anche a una serie di piccole e grandi paure legate al nostro futuro. E in un momento storico in cui il mondo viene costantemente raffigurato come se fosse destinato ad andare da un momento all’altro in vacca, sostenere che le profezie apocalittiche sul futuro siano delle vaccate può apparire un’eresia ma è quello che alcuni grandi giornali hanno scelto di fare negli ultimi giorni. Giornali naturalmente non italiani, perché se togli ai giornali italiani l’allarmismo rischia di non rimanere neppure la lisca. Giornali che da qualche settimana in modo quasi coordinato hanno scelto di sfidare il pensiero unico allarmista offrendo buone ragioni per non avere paura del futuro.

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La prima testata a mettere insieme idee ottimiste sul 2020 è stato Bloomberg, che nonostante la sua scarsa propensione a intravedere scenari non apocalittici per il nostro futuro, qualche giorno fa ha pubblicato sul suo sito una formidabile guida ottimistica al 2020, con previsioni non catastrofiste rispetto al futuro dell’ambiente, al miglioramento della salute, al potenziamento delle politiche a favore della genitorialità, alla diffusione dell’elettrico, alle sfide della società aperta rispetto al tema della conquista dello spazio. Lo ha fatto Bloomberg e pochi giorni dopo lo ha fatto anche la Cnbc che ha messo insieme sei temi interessanti per scoprire perché, nonostante tutto, a finire in malora potrebbero essere presto le previsioni negative di tutti coloro che oggi immagino un futuro in cui la nostra vita finirà a schifìo. Ragione numero uno: forse non ve ne siete accorti, ma la prosperità globale è in miglioramento costante, il benessere globale ha raggiunto il livello più alto di sempre – secondo uno studio approfondito messo insieme dal Legatum Prosperity Index nell’ultimo decennio la prosperità è migliorata in 148 paesi ed è diminuita in soli 19 dei 167 paesi presi in esame – e alla fine dei conti a stare meglio rispetto al recente passato, grazie a sistemi sanitari più efficienti, educazione sempre più diffusa e una migliore fornitura di servizi primari, è oltre il 99 per cento della popolazione mondiale (sempre la stessa indagine dice che un secolo fa era legale essere gay in soli 20 paesi, oggi è possibile esserlo liberamente in oltre 100 paesi).

 

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Non vi sembra abbastanza? Bene. Guardate cosa dice la Banca mondiale: oltre un miliardo di persone ha abbandonato la povertà estrema dal 1990 a oggi, la percentuale di popolazione che vive in condizioni di povertà estrema oggi viaggia intorno al 10 per cento e si tratta della percentuale più bassa mai registrata. Secondo spunto di ottimismo fornito da Cnbc: anche alcuni dei posti peggiori del mondo a poco a poco stanno migliorando. Prendete l’Uzbekistan, per esempio. Il primo ministro Shavkat Mirziyoyev ha portato il suo paese lontano dal dispotismo e ha abbandonato la via del carcere per i giornalisti stranieri non graditi. Prendete per esempio il Sudan, un altro paese che nel 2019 ha fatto un passo da gigante lontano dal dispotismo rimuovendo quello che l’Economist ha definito “uno dei tiranni più vili del mondo”, Omar al-Bashir, sostituito con il primo ministro Abdalla Hamdok, il cui governo costituente ha promesso elezioni nel giro di tre anni. Prendete, spunto numero tre, la classe media globale, il famoso ceto medio che, nonostante la retorica che lo vede sempre in costante difficoltà (ah, il ceto medio) in realtà non è mai stato così grande rispetto alla popolazione globale e vede ogni giorno in giro per il mondo la diseguaglianza decrescere in numeri assoluti. E non solo: oggi circa metà della popolazione mondiale vive all’interno di democrazie e in giro per il mondo, anche se a volte con un messaggio del tutto simbolico, le manifestazioni a difesa della democrazia stanno aumentando (vedi Hong Kong, vedi Taiwan suggeriscono il contrario, vedi le proteste in Medio Oriente in Iran, in Iraq e in Libano).

 

Spunto numero quattro: i conflitti violenti in giro per il mondo. Per quanto l’Europa venga ogni giorno bistratta, la popolazione europea è da tre generazioni che non vede più una guerra nel suo continente e nessuno tra i grandi paesi del mondo sembra avere intenzione di voler preparare una qualche guerra nei prossimi anni (e forse nei prossimi mesi scopriremo che anche le guerre commerciali vengono minacciate più che combattute).

 

Lo spunto numero cinque riguarda un dato scientifico importante relativo alla crescita costante del quoziente intellettivo dei bambini, tre punti ogni dieci anni, grazie, annota la Cnbc, a una migliore alimentazione e grazie a un ambiente sempre più pulito. Per non parlare poi, ultimo spunto, del fatto che in giro per il mondo, grazie al cielo, le donne stanno guadagnando sempre di più potere politico (in Europa lo sappiamo bene) e sono arrivate a rappresentare un quinto dei membri dei parlamenti nazionali (di strada ancora ce n’è, ma di strada se ne è fatta eccome).

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L’ottimismo rispetto al 2020 arriva poi anche da altri articoli interessanti. Sul New York Times, Nicholas Kristof ha scritto che il 2019 è stato probabilmente l’anno in cui i bambini hanno avuto meno probabilità di morire, in cui gli adulti hanno avuto meno probabilità di crescere come analfabeti e in cui le persone hanno avuto meno probabilità di soffrire di malattie lancinanti e deturpanti. “Ogni giorno negli ultimi anni – scrive Kristof – almeno 325.000 persone hanno avuto il loro primo accesso all’elettricità. Ogni giorno, oltre 200.000 hanno ricevuto l’acqua per la prima volta. E circa 650.000 sono andati online per la prima volta. E non solo. Fino al 1950, il 27 per cento di tutti i bambini moriva ancora all’età di 15 anni. Ora questa cifra è scesa a circa il 4 per cento. La maggioranza degli americani – scrive ancora l’editorialista del Nyt – afferma nei sondaggi che la percentuale della popolazione mondiale che vive in condizioni di povertà è in aumento eppure una delle tendenze degli ultimi 50 anni è stata un’enorme riduzione della povertà globale e per oltre un decennio i giornali avrebbero potuto riportare ogni giorno un titolo di questo tipo: ‘Ieri altre 170.000 persone sono uscite dalla povertà esterna’”.

 

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Ne ha scritto Kristof e ne ha scritto anche il magnifico il re degli anti catastrofisti, autore di un meraviglioso libro dedicato all’ottimismo, “Enlightenment Now”, che il 29 dicembre ha dedicato al tema un lungo articolo sul Financial Times per provare a pensare agli anni Venti senza melodrammi. Pinker ha ricordato che scienza e medicina continuano a esplorare le loro frontiere e che dovrebbero continuare in modo costante a offrire soluzioni capaci di migliorare la nostra vita. Ha notato che pur essendo tutti noi impossibilitati a calcolare i danni che potrebbero essere generati dal populismo ci sono buone ragioni per pensare che il populismo non sarà l’ideologia del futuro perché anche i paesi che cercano di nascondersi in una fortezza nazionalista saranno sempre più assediati da crisi intrinsecamente globali e che non potranno essere risolte senza cooperazione internazionale. Ha segnalato che la democrazia, ripetutamente dichiarata moribonda è in realtà più resistente di quanto si riconosca e mentre tutti hanno letto degli arretramenti registrati in paesi come la Turchia, la Russia e il Venezuela, in pochi hanno informato dei passi in acanti fatti in paesi come la Georgia, lo Sri Lanka, la Nigeria, l’Armenia, la Malesia e l’Etiopia. Lo stesso vale per le guerre. Le guerre tra grandi potenze, una volta croniche, sono svanite: l’ultima ha contrapposto gli Stati Uniti alla Cina più di 65 anni fa. Il tasso complessivo di morti nelle guerre di è precipitato di cento volte tra il 1950 e il 2005. L’ottimismo sul futuro ha spinto un blogger americano ad aprire un sito divertente e interessante – optimism2020 – dedicato alle buone notizie che ci accompagnano all’interno di questo nuovo anno. E tra queste ne ha selezionato alcune non male. Punto numero uno: il veganesimo è una fede meno diffusa rispetto a quanto si può credere e secondo un recente sondaggio Gallup solo il 5 per cento degli americani è vegetariano e solo il 3 per cento è vegano.

 

Sullo stesso filone, più seriamente, Matt Ridley, divenuto famoso in tutto il mondo anni fa con il suo saggio di successo “The Rational Optimist”, sullo Spectator la scorsa settimana ha ricordato che l’anno appena passato è stato il migliore mai vissuto da un essere umano – We’ve just had the best decade in human history. Seriously – e lo ha fatto ricordando anche lui alcuni dati fantastici. La povertà estrema crollata. La disuguaglianza globale che sta precipitando. L’Africa e l’Asia che stanno sperimentando una crescita economica più rapida di Europa e Nord America. La mortalità infantile scesa a livelli sempre bassi. La carestia che si è quasi estinta. La malaria, la poliomielite e le malattie cardiache che sono sempre più in calo. sono in declino. Il consumo di alcuni oggetti, poi, si è ridotto nel tempo. Basti pensare ai telefoni cellulari che hanno la potenza di calcolo di un computer che negli anni 70 aveva le dimensioni di una stanza e che oggi vengono utilizzati al posto di una radio, di una macchina fotografica, di una torcia, di una bussola, di una mappa, di un calendario, di un orologio, di un lettore CD, di un mazzo di carte e a volte anche di un giornale. E ancora. Le lampadine a LED consumano circa un quarto dell’elettricità rispetto alle lampadine a incandescenza per produrre la stessa quantità di luce. Lo stesso vale per il mondo dell’agricoltura.

 

Nel 2012, Jesse Ausubel della Rockefeller University notò che, grazie alla tecnologia moderna oggi utilizziamo il 65 per cento in meno di terra per produrre una determinata quantità di cibo rispetto a 50 anni fa. Ci si chiederà, nota Ridley, come si faccia a essere ottimisti di fronte ai guai della Siria, all’egemonia di Trump, all’Europa aggredita. Cioè: come si può dire che le cose stanno andando meglio anche se non tutto va per il meglio? La risposta è semplice: accadono cose brutte mentre il mondo continua a migliorare. Ridley si lancia poi in una previsione: quando entreremo nella terza decade di questo secolo, vedremo meno povertà, meno mortalità infantile, meno terra dedicata all’agricoltura nel mondo. Ci saranno più tigri, balene, foreste e riserve naturali. Le cose spesso non vanno come vorremmo. Ma per provare a osservare il mondo non per quello che sembra ma per quello che è un’immersione nel realismo generato da alcuni campioni dell’ottimismo può aiutarci a trovare nel 2020 le giuste energie per ricordarci che i catastrofisti possono avere speranza di guidare il mondo verso il futuro solo a condizione che il futuro venga descritto come una fonte di incertezza e non di opportunità. Nel suo piccolo, osservare il mondo per quello che è può aiutare a far cadere più rapidamente il ridicolo castello di sabbia costruito da tutti coloro che sanno di poter campare solo a condizione di descrivere il futuro come un posto da cui fuggire e da cui proteggersi. Viva l’ottimismo, viva il realismo, abbasso lo sfascismo, abbasso l’allarmismo e viva il nuovo anno.

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