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Matzneff e il nuovo sistema culturale del puritanesimo antipedofilo

Giuliano Ferrara

Giudicate pure ma senza isterismo. Il predatore è un animale istintuale, il conte russo è un individuo razionale e di cuore

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Il problema è conoscerlo. E averlo letto e ascoltato in conversazione. Gabriel Matzneff, un conte russo nato a Parigi e vissuto come su una mongolfiera in tutta la lunga sua vita di 83 anni, è tecnicamente e legalmente un pedofilo, uno che ama l’età minore o la minore età. Ha studiato nei Cinquanta i pagani della Roma antica, i poeti, i filosofi, i saggisti stoici, ha coltivato tra i moderni Byron e Schopenhauer e Nietzsche e Lev Chestov, fu gran lettore e adoratore di Casanova, da sempre legge con passione Venezia, Roma, Napoli, e le altre meglio beltà d’Italia, paese che adora e di cui conosce la lingua, ha fatto il soldato in Algeria e non era un assertore dell’Algerie Française, è romanziere e poeta e geografo del Faubourg Saint Germain, cristiano di confessione ortodossa, beghino direi ma senza illusioni, gli bastano la fede la liturgia e il senso del peccato, frequenta la piccolissima parrocchia della rue Saint Victor a due passi dal buco in cui vive in sobria e elegante povertà sotto un ritratto dello zar Nicola II e a un tiro di schioppo dalla Salle de la Mutualité, ha un carattere gentile, delicato, incline all’amicizia discreta, è uno degli uomini più belli del mondo, ha indossato per Lagerfeld, ci tiene alla sua sveltesse e a una vita pacifica, devotamente timida, dedicata al lusso intellettuale, al giornalismo tribunizio e anche politico mai banale, e al piacere. Il suo matrimonio durò due anni, fu un naufragio dall’inizio, senza remissione. E’ autore di un lungo diario personale diviso in tanti tomi, scritto in un francese semplice e bellissimo, e di tutta una letteratura anche saggistica in cui nulla di ciò che è mai viene nascosto, edulcorato, deformato. “Le minori di sedici anni” è un suo titolo innamorato, e per il resto, compresa qualche innocente mitomania, la sua storia personale è imperlata di frequentazioni impossibili, amori fuorilegge, cose di un aperto immoralista che ama le ragazzine e, se è per questo, i ragazzini.

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Il problema è conoscerlo. E averlo letto e ascoltato in conversazione. Gabriel Matzneff, un conte russo nato a Parigi e vissuto come su una mongolfiera in tutta la lunga sua vita di 83 anni, è tecnicamente e legalmente un pedofilo, uno che ama l’età minore o la minore età. Ha studiato nei Cinquanta i pagani della Roma antica, i poeti, i filosofi, i saggisti stoici, ha coltivato tra i moderni Byron e Schopenhauer e Nietzsche e Lev Chestov, fu gran lettore e adoratore di Casanova, da sempre legge con passione Venezia, Roma, Napoli, e le altre meglio beltà d’Italia, paese che adora e di cui conosce la lingua, ha fatto il soldato in Algeria e non era un assertore dell’Algerie Française, è romanziere e poeta e geografo del Faubourg Saint Germain, cristiano di confessione ortodossa, beghino direi ma senza illusioni, gli bastano la fede la liturgia e il senso del peccato, frequenta la piccolissima parrocchia della rue Saint Victor a due passi dal buco in cui vive in sobria e elegante povertà sotto un ritratto dello zar Nicola II e a un tiro di schioppo dalla Salle de la Mutualité, ha un carattere gentile, delicato, incline all’amicizia discreta, è uno degli uomini più belli del mondo, ha indossato per Lagerfeld, ci tiene alla sua sveltesse e a una vita pacifica, devotamente timida, dedicata al lusso intellettuale, al giornalismo tribunizio e anche politico mai banale, e al piacere. Il suo matrimonio durò due anni, fu un naufragio dall’inizio, senza remissione. E’ autore di un lungo diario personale diviso in tanti tomi, scritto in un francese semplice e bellissimo, e di tutta una letteratura anche saggistica in cui nulla di ciò che è mai viene nascosto, edulcorato, deformato. “Le minori di sedici anni” è un suo titolo innamorato, e per il resto, compresa qualche innocente mitomania, la sua storia personale è imperlata di frequentazioni impossibili, amori fuorilegge, cose di un aperto immoralista che ama le ragazzine e, se è per questo, i ragazzini.

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Fu amico di François Mitterrand, unito a lui dal culto per la letteratura e dall’immoralismo alla stessa stregua, ha ricevuto dei riconoscimenti inferiori alla sua statura di scrittore, è stato accettato per quel che era dalla società francese per decenni, compresa la sua vita di relazione tutta racchiusa nei suoi diari e romanzi e saggi, tutta al sole trasparente della confessione pubblica, conta qualche buon amico, tra cui chi scrive, e molti nemici e detrattori e spregiatori. Ora una sua fiamma di un tempo, che all’epoca del loro incontro aveva quattordici anni, ha deciso, arrivata alla testa di un’importante casa editrice a un anno e qualcosa dall’esplosione del #MeToo, di pubblicare una memoria intitolata “Consenso”, che esce oggi nelle librerie di Parigi e della Francia. Non l’ho ancora letta, questa memoria, e spero che sia piena di pietà verso l’amore di un tempo, oltre che verso sé stessa intesa come vittima, un amore che Matzneff conferma spavaldo e innocente in una breve dichiarazione prima di scomparire dalla bagarre, ma naturalmente è stata altrimenti recepita. E’ nato per l’ennesima volta il caso letterario e politico e civile, lo scandalo Matzneff, e forse era inevitabile. La tenebrosa avvisaglia del pasticcio si era palesata vicino a piazza de la Contrescarpe, qualche settimana fa, mentre si svolgeva una lettura matzneviana richiesta da suoi lettori e ammiratori in un caffè letterario, e era consistita di due irruzioni squadriste, una della buoncostume nazifascista e una di un gruppetto di estrema sinistra radicale, con botte, distruzione del mobilio, esfiltrazione del vecchio scrittore da una porta laterale.  

 

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Matzneff, che ho conosciuto per caso sotto casa mia a Parigi tanti anni fa, vicino all’edicola dove compriamo i giornali, e che ha collaborato a questo giornale e ha conversato con Camillo Langone e altri più volte, è la personalità più lontana che si possa immaginare da quella di un predatore sessuale. E’ come un’insegnante che si innamora del suo allievo tredicenne, è come Chaplin o Salinger che si invaghiscono di una minorenne figlia di Eugene O’Neill, è gentile e morboso come Balthus nei suoi ritratti di Thérèse Blanchard, la bambina vicina di casa o di studio a Parigi ritratta a gambe aperte e con la biancheria in vista, è come Nabokov nel resoconto romanzesco della sua Lolita tredicenne, è come mill’altri artisti, compresi i suoi Byron e Casanova, incapaci di separare esperienza personale e esperienza estetica, piacere e legge, vita e destino morale, solo che adesso incappa nel nuovo sistema di costume e culturale del puritanesimo antipedofilo. Ancora qualche lustro fa era accolto da Bernard Pivot, nella popolare emissione tv Apostrophe, e parlava dei suoi libri e delle sue conquiste, contestato soltanto da una scrittrice del Québec, patria in anticipo storico, come registrò Mordecai Richler nel suo libro su Barney Panofsky, del politicamente e dell’eticamente corretto. Per il resto conversazioni adulte, un premio di primaria importanza alla carriera per i saggi, il Renaudot, il riconoscimento della Brasserie Lipp, il Prix Cases, due lire di sussidio, un minuscolo monolocale a prezzo politico della municipalità, una rubrica del Point ma solo online, e un ostracismo sostanziale ma sghembo, privo di risonanza vera, compensato da stima e fedeltà amicale di molti scrittori e parigini della comunità ortodossa e della haute culturale. A parte episodi francamente minori, la magistratura non si era mai interessata del caso. Il caso non esisteva, se non nella testa dei più prude. Matzneff, con tutte le sue due effe per le quali era dannato quando ai tempi della Guerra fredda si batteva per le libertà civili e religiose a est e nella Russia, da insigne e fervente anticomunista, è uno che vive nell’eccezione della legge, ai margini della società letteraria, e pubblica per tutti gli editori di un paese libertario tutto ciò che vuole.

 

Matzneff vive in simbiosi con una sua ex, persona ferrigna e dolcissima e di gran talento che lo accudisce nella sua serena e allegra vecchiaia e che lui promuove per le sue qualità. Un’altra ex delle tante ha deciso per la chiamata in causa. Matzneff ha abitudini modeste, modi da gran gentiluomo, espia nella fede e nel pentimento cristiano i suoi peccati e quelli del resto dell’umanità, suoi nemici compresi, ma non è neanche sfiorato dall’idea di aver predato gli innocenti, ha sempre solo dato e cercato quel che lui ha, il senso carnale e vivacemente intellettuale e sentimentale del piacere. Per questo le leggi della tribù e anche il nostro senso personale dell’inibizione, dei limiti della vita, lo giudicano e in alcuni casi lo condannano, eppure i comportamenti da lui stesso ogni volta passati in rassegna sembrano, a chi lo conosca e lo stimi come scrittore e come uomo, campioni, se non di rispettabilità morale, di moralismo sentimentale, di amore purissimo e distillato nel tempo. Il predatore è un animale istintuale, la pedofilia è un brutto vizio da cui la morale corrente ci tiene accortamente lontani; Matzneff è un individuo razionale e di cuore, si definisce philopède invece che pedofilo, l’amore con lui c’entra sempre, come la poesia, l’illusione, la gelosia, il tradimento, la riconciliazione, l’estasi reciproca. Ci sono state epoche in cui la sua vita non era nemmeno un problema, epoche dell’indifferenza, e ora è il tempo del giudizio. Giudicate pure, ma senza isterismo. Leggete prima Hawthorne. Ascoltate tutte le testimonianze, per favore, compresa questa che parla di una incomprensibile forse ma sontuosa e bella eccezione.

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