Lorenzo Ostuni, in arte Favij, è lo youtuber italiano più seguito (foto tratta dal canale YouTube di Favij)

Zapping tra Youtuber

Simonetta Sciandivasci

Il palinsesto che la tv non vede. Da Favij a Iolanda Sweets, dagli unicorni al bullismo, reportage ammirato sui canali più seguiti da adolescenti e bambini (con lezioni utili per tutti gli adulti)

Se YouTube sarà la televisione che verrà è difficile da dire, e chissà quanto conta. Contano, moltissimo e sempre di più, gli youtuber, che non assomigliano ai presentatori, né agli attori, o alle soubrette, ai giornalisti, e a nessuno dei professionisti che la tv, finora, l’hanno fatta. Assomigliano, piuttosto, agli spettatori. Ed è questo il loro cambiamento più immediato, visibile.

  

Ogni cosa che comunicano ed esprimono gli youtuber e gli influencer ha sempre un intento promozionale

In un saggio del MIT (il MIT!), che Pietro Minto riprendeva, due anni fa, in un articolo su Ze Frank, il primo youtuber della storia, poi capo della sezione video di BuzzFeed, e con un seguito che oggi supera di poco il milione di iscritti al suo canale (PewDiePie, lo youtuber più famoso al mondo, ne ha 78 milioni), era scritto: “Ze Frank celebra un tipo di bruttezza come atto di ribellione contro l’ortodossia del design professionale e il gusto. Sostiene che visto che le persone normali hanno cominciato a usare strumenti un tempo disponibili solo ai professionisti, canoni di bellezza e gusto dovranno essere rivisti alla luce di questo tipo di creatività più inclusiva”. Erano gli albori dell’azzeramento della differenza tra espressione e comunicazione, funzionale alla loro fusione. Fu quella fusione a rendere possibile un processo preciso, oggi piuttosto evidente: la trasformazione del messaggio (di qualsiasi messaggio) in pubblicità.

  

 

Youtuber e influencer hanno in comune soprattutto questo: ogni cosa che comunicano ed esprimono (comunicano/esprimono) ha sempre un intento promozionale. I creator, che sono la nuova categoria di youtuber, sono la magnificazione ultima di questo processo: elaborano contenuti, storie, storielle, narrazioni (e sono quasi sempre storie e narrazioni del proprio quotidiano) partendo dai prodotti che le aziende inviano loro, per omaggiarli e, naturalmente, finire da loro menzionate, quindi sponsorizzate (non conta se bene o male: l’importante è che se ne parli - e questa è una vecchia, intramontabile regola). Il creator “produce contenuti in completa autonomia”, dicono gli uffici stampa dei libri che scrivono, o gli agenti che li seguono, perché sì: moltissimi youtuber e creator pubblicano libri, alcuni sono biografie e altri addirittura romanzi, soprattutto fantasy. La dimestichezza di questi ragazzi con la promozione, la pubblicità, l’autofiction anche (una particolare forma di autofiction, ibridata con il reality show, una specie di one reality man show) è impressionante ed è così naturale che, a noi vecchietti che la osserviamo, viene da dire che sia genetica e che, quindi, questi ragazzi siano nativi youtuber. All’inizio di dicembre si è molto parlato del piccolo Ryan, un bambino di otto anni che con i suoi video in cui non fa nient’altro che giocare, quasi sempre sotto la supervisione dei suoi genitori, e sempre con giocattoli nuovi (che le aziende gli forniscono), è arrivato a guadagnare 22 milioni di dollari. È lo youtuber più pagato al mondo. Anzi, più precisamente, è il kid influencer attualmente più influente al mondo. Quando gioca non gioca e basta: recensisce il giocattolo con cui lo fa. Ha 17,3 milioni di seguaci, ha totalizzato 26 miliardi di visualizzazioni e il 90 per cento dei suoi guadagni deriva dagli spot che precedono i suoi video.

     

Ryan ha otto anni. Vive in una casa enorme, dove è sempre pomeriggio, è tutto bianco e ci sono pupazzi ovunque

I registi di questo successo incredibile sono la madre e il padre del bambino, lei ex insegnante di chimica e lui ingegnere civile, che due anni fa hanno piazzato una telecamera nella cameretta del figlio e hanno studiato l’effetto che faceva, intuendo il potenziale e decidendo, così, di provare a costruirci un’azienda familiare che è diventata un impero di cui, al piccolo Ryan, quando sarà maggiorenne, spetterà il 15 per cento del fatturato attualmente depositato in un conto a lui intestato. Non storcete il naso: per decenni mamme e papà hanno investito sulle carriere da miss delle figlie (e non è affatto finita: “Bellissime”, un libro inchiesta di Flavia Piccinni, pubblicato da Fandango lo scorso anno, racconta a cosa vengono sottoposti bambine e bambine che fanno i modelli – la moda bimbo ha un giro d’affari di quasi 3 miliardi di euro – non tanto e non solo dalle case di moda, ma innanzitutto dai loro genitori).

   

Ryan sembra (è?) un ottenne contento. Vive in una casa enorme, dove è sempre pomeriggio, ed è tutto bianco (persino il giardino, a parte l’erba) e ci sono pupazzi dappertutto: il salotto, la cucina, le stanze sembrano tutti una cameretta, sono tutti una cameretta, la sua. Bellezza ce n’è poca, disordine molto e questo, come ha osservato il MIT, rende tutto più inclusivo, perché a casa di Ryan ci si sente a casa propria, o forse adottati: l’ambiente emana sense of community. I genitori sono persone qualunque, il bambino è un bambino qualunque e tutti e tre sono a nostra disposizione, a intrattenerci senza richiederci una soglia di attenzione particolarmente elevata (è un punto che gli youtuber non condividono con gli influencer, ma con i protagonisti di un reality show sì). Ovviamente, Ryan indossa esclusivamente abbigliamento che porta il suo nome e che è acquistabile online, mangia dentro piatti dove c’è la sua faccia dipinta, beve in tazze brandizzate (scusate la parola) con il suo logo. Chissà se lo sa. La fatica del montaggio e della trasmissione dei video spetta ai genitori, così come tutto il resto. Lui deve solamente divertirsi. Non che non costi fatica, ma è una fatica che s’avverte quando si hanno un po’ di anni in più.

  

Non molti mesi fa, il Guardian ha segnalato che il 2018 è stato l’anno in cui si è registrato il più alto numero di video di youtuber che raccontavano ai propri iscritti (o seguaci o fan o visualizzatori: è uguale) come, nonostante il successo crescente, il moltiplicarsi del proprio seguito, la monetizzazione sempre più elevata, avessero cominciato a sentirsi stanchi, infiacchiti, persino depressi. Perché al pubblico si deve offrire una immagine di sé in forma smagliante, perché la promozione richiede ostentazione, toni fulgidi, squillanti, e soprattutto impone una presenza costante, non si può fare mai fuga, niente filone.

 

  

Tyler Blevins, in arte Ninja (27 anni, professione gamer: i gamer sono gli youtuber che si filmano mentre giocano a un videogame), ha raccontato di non essersi presentato su Twitch, la piattaforma che usa di solito per condividere i suoi video, per 48 ore e di aver perso immediatamente 40 mila follower. Perdere seguaci significa perdere soldi (Blevins è un ragazzo da 500 mila dollari al mese) ma anche adrenalina e fiducia in sé stessi: se ogni giorno sei abituato a ricevere consensi e poi, improvvisamente, quegli stessi consensi calano, l’impatto emotivo può demolirti.

  

In “American Meme”, il documentario di Netflix sulla vita delle star di Instagram, è raccontata proprio la pressione dittatoriale cui si è sottoposti quando ci si deve esporre quotidianamente a un pubblico che s’aspetta di trovarti sempre di buon umore, contenta, soddisfatta, coinvolgente, sfavillante.

 

  

Appuntamenti quotidiani con ragazzi che si filmano mentre infilano le dita in batuffoli di slime e si sfidano a bere intrugli

E’ questo che gli adulti condannano degli youtuber? E, soprattutto, è da quest’altra parte della medaglia così arroventata che i genitori dei ragazzini che seguono gli youtuber sono terrorizzati? Non ancora. Da una parte, li spaventa la possibilità che anche i propri figli diventino youtuber (possono farlo tutti, indipendentemente dal risultato: se un programma di Rete4 non fa ascolti, lo tagliano, ma nessun canale di YouTube rischia l’oscuramento se totalizza poche visualizzazioni) perché amore di mamma, quello non è mica un lavoro, non vorrai davvero passare la vita a riprenderti mentre ti stendi lo smalto, ma cosa racconterai a cena ai tuoi suoceri, e poi ai tuoi figli, e dall’altra sono disorientati dall’offerta di YouTube, dai suoi contenuti, insomma dal suo palinsesto incontrollabile, gigantesco, manipolato dall’algoritmo e fatto di appuntamenti quotidiani con ragazzini che per interi quarti d’ora si filmano mentre infilano le dita in batuffoli di slime (poi spieghiamo cos’è, anche se lo dovreste sapere, negli anni Settanta andava moltissimo), giocano ai videogame, si fanno gli scherzi, si sfidano a chi resiste a bere più intrugli o a fare più capriole possibile, si truccano, spacchettano gli omaggi delle aziende, che li corteggiano come corteggiano gli influencer.

   

Quello che gli adulti, specie se genitori, non sanno è che le derive degli youtuber, cioè le derive di YouTube, potrebbero avere, ad arginarle, un nemico assai sveglio: gli utenti. Eugenio Cau ha raccontato su questo giornale che quest’anno il video che lo stesso YouTube ha prodotto (come fa ogni dicembre, in coda all’anno trascorso, per accomiatarsene e ricordarne i momenti migliori), “YouTube Rewind”, ha ricevuto 13 milioni di dislike (sul tubo – e solo sul tubo – ci si può esprimere attraverso pollice su o pollice verso).

  

  

 

E’ successo perché agli utenti è stato immediatamente chiaro che si trattava di un’operazione di marketing puro, volta ad attrarre inserzionisti interessati a raggiungere i giovani, unitamente al fatto che rispondeva a logiche censorie da rispettabilità sociale (PewDiePie è stato escluso dal video perché è considerato un personaggio controverso) che con YouTube non dovrebbero avere a che fare. E’ essenziale, per larga parte degli utenti, che la piattaforma si conservi autonoma.

 

Ha scritto Cau: “YouTube è stato accusato di voler trasformare uno strumento di produzione libero e selvaggio in una MTV con palinsesto normalizzato e pubblicità. Il fiasco di Rewind è la prima faccia della piattaforma nata dalla creatività dei suoi membri e che, nel tentativo di monetizzare il più possibile, ha finito per tradirli”.

  

Tuttavia, anche se strampalato, un palinsesto di YouTube esiste. Gli utenti hanno le proprie consuetudini, i propri appuntamenti fissi, le proprie star che, a loro volta, organizzano l’offerta in modo da non lasciarli mai soli.

  

In questo senso, se è ancora troppo presto per capire se YouTube sarà o meno la televisione che verrà, si può già dire che ha imparato molto dalla televisione, soprattutto quella per ragazzi, che è già stata.

 

Come ogni palinsesto che si rispetti, anche quello di YouTube ha i suoi primi in classifica, le sue categorie.

 

Se è ancora presto per capire se YouTube sarà o meno la tv che verrà, si può già dire che ha imparato da quella per ragazzi

La sera del 26 dicembre scorso, cinque milioni di telespettatori e passa hanno guardato “Cenerentola”, su Raiuno. In share, fa 21,1 per cento. Un trionfo (con molti punti di distacco dalle altre reti). E’ molto probabile, trattandosi di un classico Disney, che tra quei telespettatori ci fossero molti iscritti al canale di Favij. Cinque milioni di persone, anche lì. Prima di Favij, in Italia, c’è stata Marzia Bisognin, in arte CutiPieMarzia, ex fidanzata di PewDiePie (sarebbe stato lui a farla cominciare su YouTube) che di follower ne aveva 7 milioni, solo che poi, dopo sei anni di fiorente attività nei quali ha visto il tubo cambiare e diventare da piattaforma per la condivisione di Vlog, cioè blog audiovisivi, a social network del one reality man show e della caccia alla monetizzazione, ha deciso di mollare (a ottobre scorso ha condiviso un video nel quale spiegava di essere molto stanca e di aver faticato, soprattutto nell’ultimo anno, a “trovare le ragioni per continuare”).

 

  

Favij ha festeggiato il raggiungimento di cinque milioni di iscritti al suo canale, la scorsa settimana, con un video di 14 minuti dove, per la maggior parte del tempo, annuncia un pigiama party grandioso, al quale sarà invitata molta gente importante della sua vita e anche della nostra: i vip. E, subito dopo, si vede lui che porta gli inviti a Nainggolan, Cannavacciuolo, Lorenzo Jovanotti, J-Ax. Tutti lo accolgono con dissimulata diffidenza, quando non proprio ostilità, e nessuno accetta l’invito (o accampano scuse o gli dicono chiaramente di no o gli rifilano un classico cercherò di passare: “Credi che uno come me possa venire alla tua festa?”, “Vediamo se conosci davvero le mie canzoni”, “Adesso ho da fare”). Verso la fine c’è lui che, vestito con un pigiama quasi da papà, di quelli che indossano gli attori americani nelle serie tv drammatiche (insomma un pigiama non ridicolo, né buffo), seduto sul divano davanti al quale staziona una torta a molti piani, anche piuttosto invitante, risponde alle ultime telefonate di amici che gli rifilano scuse dell’ultimo momento per dirgli che non andranno alla sua festa. 


Prima erano Vlogger, adesso usano YouTube per lavorare, autopromuoversi, festeggiare cinque milioni di seguaci


  

Poi, suona il citofono. E’ Cristiano Malgioglio, che fa in tempo a dirgli che non ha alcuna intenzione di rispettare il dress code e indossare un pigiama perché lui è solito dormire nudo. Fa ridere? Non esattamente. Però è divertente, fatto bene (molto bene), intelligente, mette di buon umore, e dice molte cose. Alcune di certo ci sfuggono, perché siamo anziani. Altre, invece, ci colpiscono proprio perché siamo anziani (non tanto per la differenza anagrafica: il gap si misura in disinvoltura rispetto al mezzo che no, nel caso degli youtuber non coincide con il messaggio, almeno non del tutto). Ragionando da anziani, e quindi rintracciando metafore, i vip amici di Favij che rifiutano il suo invito (è tutta costruzione, naturalmente: tutta sceneggiatura) sbolognandolo come si fa con i ragazzini, siamo noi o comunque ci assomigliamo parecchio. Quella diffidenza dissimulata è il nostro misoneismo. Il punto è che quel misoneismo non è vincolante e Favij ha trovato un modo dolcissimo per dirlo: se non vieni alla mia festa perché non capisci chi sono e cosa faccio è perché non ti interessa, e io ci resto male, ma la faccio lo stesso, anche da solo, sul divano, perché a riempire quel divano e la stanza che lo contiene, anche se tu non le vedi, ci sono cinque milioni di persone, che da casa loro costruiscono con me una gigantesca comunità, nella quale siamo tutti un po’ fratelli, o forse cugini, e ci intratteniamo a vicenda, divertendoci molto. E soprattutto, caro vecchio adulto: a me per fare una festa serve pochissimo, mi bastano un divano, una torta e un pigiama, e magari è per quello che non vuoi venire, figurati se saresti in grado di divertirti, tu, con solo un pigiama, una torta e un divano. Certo, potrei organizzare un party esclusivo, qualcosa da billionaire, perché guadagno molto bene, più di te (del te di adesso e del te di quando avevi la mia età), solo che non m’interessa.

  

      

Sesso mai, bleah, pazza idea, robaccia analogica. La coppia più seguita e amata si fa chiamare MeControTe

Favij è nato nel 1995, sei anni dopo Fedez, che l’ultima volta che ha festeggiato qualcosa ci è mancato poco che venisse arrestato per megalomania e dileggio di lattuga (ricordate, no, quando sua moglie Chiara gli allestì un party a sorpresa in un Carrefour milanese e gli invitati si strusciarono addosso un paio di cespi d’insalata e gli italiani da casa per poco non chiesero l’intervento della Protezione civile, essendosi molto impegnati a indignarsi su Instagram ritenendo che la scenetta insultasse il Biafra e tutti i posti del mondo dove si soffrono la fame e la sete). Il video della festa di Favij è stato visto da un milione e 663 mila persone: a 222 mila di loro è piaciuto, a 2.632 no.

   

Favij ha un eloquio talmente buono che non ha bisogno di catturare l’attenzione colorando le frasi, piazzando meme nel montaggio, o fumetti in sovrimpressione; non urla, non strepita, non si promuove continuamente (lo fa solo alla fine: ricordatevi che su Amazon trovate il mio libro, cliccate sul link sotto per prenotare la felpa, venite a vedere la mia diretta domani alle 13, se ancora non mi seguite su Instagram sbrigatevi). E’ quasi lento, a volte. Ha spesso la faccetta stropicciata. Gioca con qualche amico, ogni tanto, più spesso con il suo cane. Spiega come usa le cose (e anche come addestra il suo cane). Ogni tanto, legge la corrispondenza erotica delle sue fan. E ride, perché le lettere sono buffe, ma pure perché se c’è una cosa che è quasi del tutto assente dal palinsesto dello YouTube dei ragazzi è il sesso. Nel palinsesto dello YouTube per ragazzi è sempre pomeriggio, le case sono arredate tutte nello stesso modo (essenziale, tendenza Ikea, poche o nessuna libreria), non ci si veste che in felpa, jeans e tuta, e soprattutto non si scopa, neanche si pensa di farlo o, se ci si pensa, è per riderne. Sesso mai, bleah, pazza idea, robaccia analogica.

  

Caro vecchio adulto, a me per fare una festa serve pochissimo, mi bastano un divano, una torta e un pigiama. Tu non ti divertiresti

La coppia più famosa di youtuber italiani si chiama, significativamente, MeControTe. Sono tra i più seguiti del filone “Sfide”, il cui corrispettivo televisivo, nella tv degli anni Novanta, sarebbe stato “Scommettiamo che…?” e, in quella più recente, anche se con margini di differenza molto ampi, “Lo show dei record”. Si chiamano Luì e Sofì, hanno un’età imprecisata (potrebbero avere sedici anni come anche trentasei), arrivano dalla Sicilia, e ogni giorno si fanno uno scherzo idiota. Una volta lui ha preparato a lei un bagno caldo, riempendo la vasca di vernice (che lei ha scambiato per sali colorati). Tutta la fastidiosità e la melensaggine della Melevisione, quintuplicata, non arriva a un decimo della loro: lui è un uomo che vive in tuta, si sforza moltissimo di avere la mimica facciale di Ace Ventura, intrattiene con la sua donna il medesimo rapporto che i maschi hanno con le bambine che li incantano al secondo anno di scuola materna; lei è un vorrei ma non posso di Cristina D’Avena. Ai bambini piacciono moltissimo, ai genitori anche, il Moige li ha persino premiati per “l’alto valore educativo” della loro produzione.

 

Noi non possiamo capire: siamo troppo anziani. A noi sembrano solo dei Teletubbies parlanti, e senza la scusa di rivolgersi a un pubblico inerme.

 

Ad ogni modo, quando la babysitter è in vacanza, se sintonizzate la prole sul canale di MeControTe, nessuno si farà male. Forse solo voi, che in cuor vostro coverete il sospetto di aver piazzato i vostri figli davanti a uno spettacolo per fessi (o per trote, come Luì e Sofì chiamano i propri fan), ma questo lo deciderà la storia, non ve ne incaricate, dopotutto voi siete stati allevati con Dolce Candy, una che avrebbe porto l’altra guancia anche a un giustiziere dell’Isis, e non siete certo venuti su altruisti e compassionevoli. Anzi.

 

  

Non si muove dalla sua camera, ha sempre un cappellino in testa e un letto sfatto alle spalle (poveri mamma e papà)

Assai più amata della categoria sfide, pur contenendone molte, c’è quella dei gamer, le star delle star. PewDiePie ha iniziato come gamer. Uno dei più seguiti, in Italia, è Jocker, che non si muove dalla sua cameretta con le pareti blu, ha sempre un cappellino da baseball in testa e un letto sfatto alle spalle (povera mamma, e povero pure il papà). Un milione e mezzo di iscritti al suo canale, centinaia di migliaia di visualizzazioni: lui gioca e voi guardate. E, soprattutto, ascoltate la sua colorita telecronaca, così non dovete né affaticarvi a giocare, né a capire cosa sta succedendo nel gioco. Iolanda Sweets è la regina della categoria “Slimer, esperimenti creativi e cose pucci”, cioè di quelli che si filmano mentre, per quindici o venti minuti, affondano le dita in batuffoli gelatinosi, urlando quanto godono (anche qui niente di erotico, non vi preoccupate). Salani ha pubblicato, lo scorso settembre, il primo libro di Iolanda Sweets: si chiama “Magic You, il potere degli Slime”, nel quale lei è un’eroina che combatte contro un mago cattivo e lo fa insegnando ai bambini a scuola come fare un uso corretto degli slime.

 

 

Noi non possiamo capire: siamo troppo anziani. A noi sembrano solo dei Teletubbies parlanti, e senza la scusa del target

Noi non possiamo capire. “Nel mio romanzo non ci sono solo cose pucciose come gli unicorni, ma anche tematiche più particolari come per esempio il bullismo, che io ho subìto a scuola”. Così, non molti mesi fa, Corinne Mantineo, mezzo milione di iscritti al suo canale, ha annunciato di aver scritto il suo primo libro, un romanzo fantasy. Titolo: “La vita segreta di un unicorno” (ed. Salani).

   

Noi non possiamo capire. O forse sì: basta ricordarci com’era “Solletico” (in caso di rimozione, su YouTube si trovano molte vecchie puntate). Anche allora guardavamo altri bambini giocare, solo che a guidarli c’erano gli adulti (Mauro Serio ed Elisabetta Ferracini). Adesso a guidare i bambini che giocano o semplicemente guardano gli altri giocare, ci sono altri bambini. La disintermediazione ha fatto quello che cantavano i Pink Floyd: “Hey, teacher, leave those kids alone”.

Di più su questi argomenti: