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Il caso del liceo di Ravenna

O il ciclo è una patologia da congedo scolastico o è “energia primordiale”, decidiamoci

Chiara Lalli

Dovremmo scegliere prima o poi se essere fiori delicati, svenevoli fanciulle bisognose di soccorso e licenze speciali oppure se siamo il motore del mondo? Ma intanto sarebbe benefico smettere di considerare come empowerment tutto quello che passa e rivoluzionario un congedo se serve un certificato medico

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Mi sento particolarmente toccata da questa storia del “congedo mestruale” del liceo artistico di Ravenna perché non ho mai avuto voglia di andare a scuola e perché facevo talmente tante assenze che ho rischiato di non essere ammessa alla maturità. Poi sono anche femmina, sì. Confesso di non essermi mai troppo interessata al ciclo mestruale – se non per lamentarmene o per chiedermi cosa stessimo aspettando per trovare un rimedio – e che mi sembra ridicola la vergogna ma altrettanto ridicolo l’orgoglio.

 

Sono sicuramente fortunata a essere nata in un luogo e in un tempo dove “in quei giorni” (è colpa della pubblicità) al più sei di pessimo umore ma non sei estromessa da attività o da luoghi e la medicina è abbastanza evoluta da prevedere dei rimedi. Quindi forse non capisco bene tutta questa storia della vergogna e del tabù – ma ci si vergogna di sudare? Cioè dopo l’adolescenza, intendo. (Vale la stessa domanda per la fierezza.)
Mi sento particolarmente toccata, dicevo, e la decisione dell’artistico Nervi-Severini mi rievoca memorie e vecchie domande. Penso alle donne come mia nonna, con figli e senza lavatrici e con gli assorbenti di stoffa; penso alle levatrici e alle donne di qualche secolo fa. E penso che piace a tutti noi vivere più comodamente ma che certe volte quel paradosso del benessere ci fa dimenticare tutto e ci fa lamentare delle cose più sceme.

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Poi mi chiedo: ma come la mettiamo con quella storia delle mestruazioni che non sono una malattia, il potere femminile della riproduzione e il ciclo come “energia primordiale”? Possono convivere il festival del ciclo mestruale e il congedo, oppure dovremmo scegliere prima o poi se essere fiori delicati, svenevoli fanciulle bisognose di soccorso e licenze speciali oppure se siamo il motore del mondo? Questa convivenza di credenze contraddittorie potrebbe essere allargata anche alla gravidanza, in equilibrio tra la non patologizzazione della gestazione (ci mancherebbe, però) e l’elenco delle eccezioni e delle pretese.

Non stiamo parlando di tutti i cicli, certo, ma di dismenorrea e di altre patologie, quindi vorrei avere più dati di quelli che trovo e vorrei sapere come si calcola lo scivolamento dalla “energia che conquista il mondo” alla patologia, se la valutazione soggettiva è attendibile (no, non tanto) e come calcoliamo il dolore – e quando il dolore diventa intollerabile, non più fastidio ma infermità. Perché per stabilire quando qualcosa non è più fisiologia ma diventa una malattia dovremmo avere qualche criterio più attendibile di quello che sentiamo noi. Perché “dolori mestruali” è un dominio davvero un po’ troppo vago.

 

Comunque, c’è qualcosa da salvare nella decisione dell’artistico e nella legge spagnola? Forse sì, e sta nel riconoscere una diversità biologica e nel cercare di ridurre o eliminare le differenze di partenza, ma come sempre dobbiamo stare attenti ai modi e ai rimedi che si immaginano per farlo. Prendere troppo sul serio la biologia e ignorarla fanno danni simili, la premessa è diversa ma l’allucinazione è somigliante. E soprattutto sta nella prevenzione e nella visione della salute come bene pubblico, anche di quella sessuale e riproduttiva. Questo significa più informazioni, valutazioni cliniche in centri specializzati, accesso alle cure e alla igiene e alla contraccezione – soprattutto per le persone e nei luoghi più disagiati.

E poi sarebbe benefico smettere di considerare come empowerment tutto quello che passa e rivoluzionario un congedo se serve un certificato medico. Poi ognuno fa come vuole, per carità, anche perché sono molto più interessanti i commenti e le reazioni del congedo stesso.
 

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