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Cari studenti, scusateci. Non siamo stati in grado di aiutarvi

Stefania Auci

La scuola, la fatica accumulata in questi due anni e la politica sorda che delude le attese. Lettera agli studenti

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Perché l’apprendimento è emozione, passione, coinvolgimento e non solo un programma da portare avanti.


Oggi molti di voi si trovano a dover affrontare un esame di maturità che vi coglie impreparati, non solo dal punto di vista della preparazione, ma anche sotto l’aspetto emotivo, proprio come il protagonista del romanzo di Buzzati che si sente spaesato nel mondo cittadino dopo quattro anni passati nell’isolamento del deserto. Al di là delle facili battute, l’esame di maturità è il primo grande rito di passaggio dell’esistenza, che vi traghetta dal mondo dell’adolescenza a quello dei giovani adulti: un momento sognato e temuto, vissuto spesso con incoscienza, leggerezza e insieme con l’angoscia di non aver fatto abbastanza. Voi, purtroppo, sapete che questa non è una paura immotivata: davvero non avete potuto approfondire la vostra preparazione come sarebbe stato necessario. 


Sbaglia chi banalizza il vostro malessere, chi pensa che non vogliate fare la seconda prova perché siete pigri o svogliati, o perché vi è piaciuto “fare vacanza”. Chi vive dentro la scuola conosce la fatica accumulata in questi due anni e sa perfettamente che non è stato semplice, anzi: avete accumulato frustrazione, stanchezza, disillusione. Nonostante tutto questo, avete avuto il coraggio di tornare in piazza per chiedere rispetto per il vostro futuro. I cortei di questi giorni raccontano la rabbia e la delusione nei confronti di una politica che vi ha messo da parte. E’ ingiusto dichiarare che le proteste sono fomentate da non ben identificati facinorosi: questo è un altro modo per svuotare la protesta di significato, per privarvi delle responsabilità che vi siete presi, per togliere valore alla vostra azione.

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Volete essere protagonisti del vostro tempo, come è giusto che sia. La vostra amarezza dovrebbe causarci disagio e senso di colpa, la vostra consapevolezza dovrebbe suscitare rispetto da parte degli adulti. Molti tra genitori e insegnanti appoggiano le vostre istanze, chiedono che l’esame tenga conto delle lacune nella preparazione, che ci si ricordi che per troppo tempo elaborati e relazioni sono stati sostituiti da test a risposta chiusa e moduli di Google form. Eppure, un certo tipo di politica continua a essere sorda e a deludervi, se non addirittura a mandarvi contro le cariche della polizia. Continua a mettervi da parte. Che rabbia.

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Dicono che l’incoscienza sia una delle caratteristiche della gioventù. Forse è così. Personalmente io non leggo superficialità nelle vostre azioni, né paura. Siete stati molto più coraggiosi di quegli adulti che continuano a guardarvi con aria di sufficienza mescolata a una bonarietà paternalistica che ormai ha fatto il suo tempo. Certo, con le vostre pressioni avete ottenuto una rettifica nel calcolo dei crediti e l’assicurazione che ci sarà attenzione nella valutazione delle prove scritte insieme a qualche manganellata, che qui in Italia non passano mai di moda. Ma questi risultati sono simili a una caramella che si dà a un bimbo per placarne le bizze dopo averlo minacciato di dargli una sculacciata: siete trattati ancora come ragazzini capricciosi quando invece siete maturi, consapevoli, lucidi. Non ve lo meritate. Per questo vi chiedo di nuovo scusa. Abbiamo scoperto di essere noi per primi fragili e disorientati. Siamo adulti imperfetti, più spaventati di quanto vogliamo ammettere.


Dunque non mi sento di biasimare chi tra voi potrebbe scegliere di andare a lavorare all’estero: un paese che non ascolta la voce e i bisogni dei suoi ragazzi, che non ha a cuore la loro educazione, il loro benessere, il loro futuro finirà, inevitabilmente per allontanarli. E ritrovarsi più povero e più vecchio.

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