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editoriali

Sì: cambiamo i calendari della scuola

redazione

Aule aperte d’estate? La prima idea di Draghi è saggia, con alcuni paletti

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Più che sulla lettera delle parole attribuite a Mario Draghi riguardo alla necessità di rimodulare il calendario scolastico per recuperare i numerosi giorni persi, ha senso riflettere sullo spirito dell’intenzione. E’ ovvio che questi mesi di didattica a distanza non sono andati sprecati: i docenti hanno lavorato, gli alunni si sono impegnati, i programmi sono progrediti. E’ altrettanto evidente però che la fatica di studenti e insegnanti, unitamente alle oggettive difficoltà dell’emergenza, ha causato un rallentamento, un impoverimento e un inaridimento nella trasmissione dei contenuti. Lo scorso anno scolastico era passato in cavalleria perché ad aprile Lucia Azzolina aveva promosso tutti d’ufficio, esautorando gli insegnanti e rendendo la DAD una scusa per lacune che magari si trascinavano dai mesi precedenti la pandemia.

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Più che sulla lettera delle parole attribuite a Mario Draghi riguardo alla necessità di rimodulare il calendario scolastico per recuperare i numerosi giorni persi, ha senso riflettere sullo spirito dell’intenzione. E’ ovvio che questi mesi di didattica a distanza non sono andati sprecati: i docenti hanno lavorato, gli alunni si sono impegnati, i programmi sono progrediti. E’ altrettanto evidente però che la fatica di studenti e insegnanti, unitamente alle oggettive difficoltà dell’emergenza, ha causato un rallentamento, un impoverimento e un inaridimento nella trasmissione dei contenuti. Lo scorso anno scolastico era passato in cavalleria perché ad aprile Lucia Azzolina aveva promosso tutti d’ufficio, esautorando gli insegnanti e rendendo la DAD una scusa per lacune che magari si trascinavano dai mesi precedenti la pandemia.

 

Dire che bisogna ripensare la scuola – poiché questo significa porre mano al calendario scolastico – rimette al centro il sapere. Presuppone infatti che ogni grado scolastico debba raggiungere un livello minimo di conoscenze e non c’è emergenza che tenga; niente amnistia, piuttosto si fanno gli straordinari, docenti e studenti. Già basterebbe, certo, evitare le perdite di tempo tipiche d’inizio anno scolastico, fra cattedre vacanti e orario ridotto. Ma si potrebbe anche massimizzare uno strumento che già esiste: i corsi di recupero, che vengono pagati a parte a chi li tiene. Ora sono striminzite lezioncine per far ripassare i rudimenti di alcune materie agli alunni più deficitari; potrebbero venire invece attuati su vasta scala, sistematicamente, per le ultime settimane di giugno e le prime di settembre, affiancate magari da corsi di approfondimento per chi ha già i fondamentali. Lavorare sarà un investimento per il futuro.

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