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L'intervista

"Così abbiamo reinventato un mestiere". Parla la dirigente scolastica del Galileo di Firenze

David Allegranti

"L’etica del sacrificio dei dottori, che tanto abbiamo visto e letto in questi mesi, è più difficile da traslare nel mondo della scuola", dice Liliana Gilli

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“Sono smarrita”, dice al Foglio Liliana Gilli, dirigente del liceo classico Galileo di Firenze e vicepresidente dell’associazione nazionale presidi, appena uscita da una lunga riunione con gli altri dirigenti fiorentini e la prefettura per organizzare la riapertura delle scuole, durante la quale si è parlato di tutto, anche dei trasporti. Un problema sentito in un liceo come il Galileo, che ha il 46 per cento di studenti pendolari.

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“Sono smarrita”, dice al Foglio Liliana Gilli, dirigente del liceo classico Galileo di Firenze e vicepresidente dell’associazione nazionale presidi, appena uscita da una lunga riunione con gli altri dirigenti fiorentini e la prefettura per organizzare la riapertura delle scuole, durante la quale si è parlato di tutto, anche dei trasporti. Un problema sentito in un liceo come il Galileo, che ha il 46 per cento di studenti pendolari.

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“Questo incontro è stato un bel gesto da parte della prefetto Alessandra Guidi, che è appena arrivata, alla quale sono grata. Io sono una donna dello Stato, quindi mi adeguo a qualsiasi decisione. Ma a livello centrale avremmo apprezzato un maggior preavviso”, dice Gilli che si sta apprestando a scrivere (“Siamo io e il vicepreside, la segreteria è chiusa”) una nuova circolare sui rientri in classe. Il compito di un dirigente scolastico di questi tempi è particolarmente gravoso. Deve garantire la sicurezza degli alunni ma anche quella degli insegnanti, oltre ad assicurare l’organizzazione della didattica. Lei e i suoi colleghi di altri istituti hanno cercato di reinventare un lavoro vecchio come il mondo: insegnare ai ragazzi e alle ragazze. Ogni venerdì dalle 12 alle 2 lei e altri dirigenti scolastici dei licei del centro di Firenze si trovano su Teams per confrontarsi sulle loro esperienze. “Da me, ci sono insegnanti che hanno paura di tornare a scuola. Qualcuno magari vive con un parente anziano in casa, che ha patologie pregresse, e non vuole metterlo a rischio. Io capisco certe situazioni, come si fa a entrare nelle case e nelle vite delle persone? L’etica del sacrificio dei dottori, che tanto abbiamo visto e letto in questi mesi, è più difficile da traslare nel mondo della scuola”.

 

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Dall’esterno, con troppa facilità si fa l’elogio della didattica a distanza, si riduce tutto a una questione tecnologica (computer, un’adeguata banda larga per navigare su Internet, e via). “In questi mesi la scuola ha fatto un piccolo miracolo, perché ha reinventato un mestiere. Però non basta, non è sufficiente. Pensi agli insegnanti di greco e latino. Come possono assegnare, via computer, una versione da tradurre?”. Mentre altri suoi colleghi cercavano una succursale per fare lezione, la dottoressa Gilli – che gestisce una scuola che è cresciuta molto in questi anni, addirittura undici classi in più da quando c’è lei – ha fatto cablare tutta la scuola per consentire il 50 per cento delle lezioni in presenza e il 50 a distanza. In più, era riuscita a ottenere una piccola struttura in centro a Firenze, di cinque classi, per fare i compiti. “Il problema non è fare lezione”, assicura Gilli. “Con i mezzi giusti, i ragazzi di terza, quarta o quinta non hanno grosse problematiche a studiare a distanza. Il problema vero sono i compiti, le verifiche orali. Nessuno a questo ci pensa mai, perché finora si è pensato che ci dovessimo occupare soltanto dei mezzi tecnologici per insegnare. Invece servirebbe una grande ulteriore riflessione su come stiamo insegnando”.

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