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il test sulla riapertura

I dati sui contagi a scuola incoraggiano a proseguire sulla strada tracciata

"Serve una corsia preferenziale nelle Asl", dice il ministro Azzolina durante il Cdm

Marianna Rizzini

"La trasmissione di Covid-19 negli studenti e nel personale scolastico risulta molto limitata", dice Brusaferro. Ora si pensa a come evitare che si sviluppino focolai e a come migliorare lo screening

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Mattina di ieri. “Serve una corsia preferenziale per le scuole nelle Asl”, dice il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, in Consiglio dei ministri. I ministri annuiscono. Si tratta di rendere più rapide e meno caotiche le procedure di gestione dei casi sintomatici all’interno degli istituti e di diminuire la disomogeneità fra regione e regione anche nell’individuazione. “Stiamo vivendo giorni impegnativi – dice Azzolina – Dopo mesi di lockdown i ragazzi hanno potuto finalmente riprendere le lezioni in classe, riappropriarsi dei loro spazi, ma hanno dovuto seguire nuove regole che occorre rispettare per la sicurezza di tutti. Il sistema ha reagito, i protocolli stanno funzionando, ma ora siamo tutti responsabili, soprattutto fuori, prima e dopo le lezioni”. 

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Mattina di ieri. “Serve una corsia preferenziale per le scuole nelle Asl”, dice il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, in Consiglio dei ministri. I ministri annuiscono. Si tratta di rendere più rapide e meno caotiche le procedure di gestione dei casi sintomatici all’interno degli istituti e di diminuire la disomogeneità fra regione e regione anche nell’individuazione. “Stiamo vivendo giorni impegnativi – dice Azzolina – Dopo mesi di lockdown i ragazzi hanno potuto finalmente riprendere le lezioni in classe, riappropriarsi dei loro spazi, ma hanno dovuto seguire nuove regole che occorre rispettare per la sicurezza di tutti. Il sistema ha reagito, i protocolli stanno funzionando, ma ora siamo tutti responsabili, soprattutto fuori, prima e dopo le lezioni”. 

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Ed è quella frase – “il sistema ha reagito” – a riportare l’attenzione a qualche giorno fa, quando il ministro, citando i dati emersi dal monitoraggio condotto dal ministero dell’Istruzione con la collaborazione dei dirigenti scolastici, ha parlato di “prime valutazioni” (sulle prime due settimane di lezione) da cui emergeva che la scuola “non aveva avuto impatto sull’aumento dei contagi generali, se non in modo molto residuale”. E ieri Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), ha scritto su Twitter che “la trasmissione di Covid-19 negli studenti e nel personale scolastico è strettamente monitorata e a oggi risulta molto limitata. I protocolli stanno funzionando”. 


I dati del monitoraggio in questione si riferiscono ai quindici giorni successivi al 14 settembre: il personale docente risultato contagiato è lo 0,047 per cento del totale (349 casi di positività), il personale non docente lo 0,059 per cento (116 casi), gli studenti lo 0,021 per cento (1.492 casi). Di questi, al 26 settembre, si contano 721 casi di positività tra gli studenti di elementari e medie, 237 tra i docenti, 65 tra i non docenti, e, sempre al 26 settembre,  771 casi tra gli studenti delle superiori, 112 tra i docenti e 51 tra i non docenti. 


Ma che tipo di monitoraggio è stato fatto? Il sistema è “in consolidamento”, spiegano al ministero, e prevede da un lato la riconfigurazione del sistema informatico (Sidi) già usato per “parlare” con le scuole, e dall’altro la consultazione di circa ottomila presidi (e c’è chi si domanda come mai sia stato il ministero dell’Istruzione e non le Asl a fornire rapidamente dati sui positivi). E al ministero dicono: “I dati che stiamo raccogliendo in queste ore sulla terza settimana di apertura al momento sono coerenti con le prime due settimane, ma dobbiamo aspettare che si completino per potere fare una valutazione e condividerli con l’Istituto Superiore di Sanità” (dopo un primo incontro post-riapertura con l’Iss di qualche giorno fa). 

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Resta sul campo il timore che si sviluppino casi poco gestibili, come i quattordici “possibili focolai” di cui si era parlato qualche giorno fa, a seguito di un’indagine dello stesso Iss con il ministero della Salute. Ma sulla definizione di focolaio c’è ancora confusione: quelli ipotizzati dalle regioni, infatti, non sono stati accertati dall’Iss. Nello stesso report  si invitava inoltre a “interpretare con cautela l’indice di trasmissione nazionale in questo particolare momento dell’epidemia. Infatti, l’Rt calcolato sui casi sintomatici, pur rimanendo l’indicatore più affidabile a livello regionale e confrontabile nel tempo per il monitoraggio della trasmissibilità, potrebbe sottostimare leggermente la reale trasmissione del virus a livello nazionale”.
 

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