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La scuola e i virus che non vogliamo vedere

Claudio Cerasa

L’assenza di concorrenza che ingolfa il trasporto pubblico. L’ideologia del no che mette a rischio la pulizia delle città. Il giustizialismo che minaccia i presidi quasi come i sindacati. Perché i guai del ritorno in aula non riguardano solo la pandemia

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A voler essere brutalmente sintetici, si potrebbe dire che i problemi legati al tema della riapertura delle scuole possono essere affrontati scegliendo tra due diverse prospettive.

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A voler essere brutalmente sintetici, si potrebbe dire che i problemi legati al tema della riapertura delle scuole possono essere affrontati scegliendo tra due diverse prospettive.

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La prima prospettiva è quella che riguarda i temi legati alla stretta gestione della pandemia e i temi in questione sono quelli che ormai conoscete: l’uso delle mascherine, il distanziamento tra i banchi, l’organizzazione delle mense, la misurazione delle temperature, i provvedimenti da prendere in caso di contagio. La prima prospettiva, giustamente, è quella che interessa di più, ma ha la caratteristica di essere una problematica legata a una fase straordinaria di fronte alla quale non possono che essere prese delle misure non ordinarie.

 

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La seconda prospettiva, invece, è quella che interessa un po’ meno, ma è una caratteristica che, essendo ordinaria e non straordinaria, meriterebbe di essere messa a fuoco con uguale attenzione, perché riguarda una serie di problematiche che continueranno a esistere anche quando la pandemia finirà. E se si sceglie di utilizzare questa chiave di lettura, si capirà facilmente che una serie di guai legati al ritorno a scuola ha a che fare, prima di tutto, con problemi che con la pandemia c’entrano fino a un certo punto.

 

Si è detto giustamente che le famiglie abituate a far arrivare i propri figli a scuola con i mezzi pubblici avranno più problemi delle altre a trovare spazio sugli autobus o sulle metropolitane – sul trasporto pubblico solo l’80 per cento dei posti potrà essere occupato – ma non ci vuole molto a capire che, almeno su questo fronte, i problemi sono stati solo enfatizzati dalla pandemia, e se negli ultimi anni i comuni italiani avessero creato un sistema di vera concorrenza in questo settore (il 70 per cento del trasporto pubblico locale è escluso dal libero mercato) oggi gli stessi comuni avrebbero più margine d’azione per rafforzare i propri servizi. Si è detto giustamente che le famiglie italiane sono preoccupate, tra le mille cose, anche dell’igiene e della pulizia delle proprie città, ma anche qui non ci vuole molto a capire che il problema della pulizia di una grande e di una piccola città non è legato alla carenza di personale, ma è legato semmai a una carenza di visione per il futuro, che ha portato una buona parte degli enti locali del nostro paese a sprecare soldi per rinviare scelte mai come oggi necessarie per rendere più pulite le proprie città (in attesa di avere un loro termovalorizzatore, per esempio, i romani pagano 670 milioni di euro all’anno di Tari, di questi, 350 milioni di euro se ne vanno in personale e 200 milioni se ne vanno per allontanare i rifiuti e portarli negli impianti che la regione non ha). Il ragionamento vale quando si parla di ciò che accade fuori dalle nostre scuole ma vale ovviamente anche quando si mette il naso dentro la scuola. Ed è evidente che buona parte dei problemi che l’Italia dovrà affrontare nei prossimi mesi ha a che fare con problemi maturati ben prima della pandemia.

 

E’ stato ben prima della pandemia che il sistema scolastico italiano ha contribuito a combattere ogni politica finalizzata a rafforzare l’autonomia della scuola, preoccupandosi in primo luogo di demonizzare ogni tentativo di rafforzare le figure dei presidi e preoccupandosi in secondo luogo di dare progressivamente sempre meno importanza a ogni tentativo di valutare l’operato delle singole scuole e dei singoli docenti.

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E’ stato ben prima della pandemia che una parte probabilmente non minoritaria delle famiglie italiane ha accettato senza colpo ferire di portare i processi decisionali delle scuole sempre meno all’interno della scuola e sempre più all’interno dei gruppi su Whatsapp dei genitori – auguri a discutere con gli altri genitori su cosa fare in caso di un contagio nelle classi.

 

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E’ stato ben prima della pandemia che il sistema politico italiano ha accettato senza colpo ferire di lasciare gli insegnanti italiani nelle mani dei sindacati – da giorni, i sindacati chiedono al governo di pagare di più gli insegnanti per fare i corsi di recupero prima della riapertura delle scuole, ignorando il fatto che il contratto degli insegnanti prevede la presa di servizio il primo settembre.

 

E’ stato ben prima della pandemia che la politica ha creato le condizioni perfette per alimentare un sistema giudiziario capace di trasformare ogni sospettato in un colpevole fino a prova contraria – e c’è da augurarsi che il governo e l'opposizione diano al personale scolastico la possibilità di avere una sorta di immunità per ogni eventuale produzione di danno non dovuto a dolo o colpa grave.

 

Il ritorno a scuola spaventa tutti (più i genitori dei figli) anche se con un po’ di buon senso (e test sierologici per tutti) vi sono buone possibilità di avere meno casi come quelli di Verbania (dove il più importante istituto superiore della città è stato chiuso per alcuni giorni per rendere possibile la sanificazione, a seguito della rilevazione di un contagio nella scuola) e più casi simili a quelli osservati per esempio in una scuola romana, l’istituto superiore professionale Roberto Rossellini specializzato in cinematografia, rimasto aperto a luglio e agosto per riprese e casting senza grandi problematicità (come è stato in fondo anche in buona parte del paese per i centri estivi e per gli esami di maturità). Ciò che dovrebbe far più paura quando si parla di scuola è immaginare di ritrovarci nei prossimi mesi con un paese incapace di affrontare non la straordinarietà ma l’ordinarietà (a proposito, non sarebbe il caso di ascoltare l’ex ministro Valeria Fedeli e prendere subito i soldi del Mes anche per portare i medici nelle scuole?). Se si guarda alla prima, qualcosa si sta facendo. Se si guarda alla seconda, ciò che c’è da fare, purtroppo, è più di ciò che è stato fatto.

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