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Riaprire gli atenei, come?

Giuseppe Monteduro* e Sara Nanetti**

E’ sbagliato contrapporre didattica a distanza e in presenza all’università. Gli studenti cercano una comunità di vita, anche grazie all’innovazione. Una ricerca

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Le misure di contenimento in risposta alla crisi sanitaria dovuta al Covid-19 hanno scosso profondamente la quotidianità dei singoli, delle famiglie e dei gruppi. I repentini mutamenti degli stili di vita hanno segnato il presente di ciascuno, con inevitabili ricadute anche sul futuro. I primi soggetti che hanno visto radicalmente mutate le proprie abitudini sono stati i giovani, in seguito all’immediata interruzione dell’offerta didattica in presenza che ha caratterizzato sin da principio l’emergenza. Lo scandalo dell’imprevedibile ha restituito in parte uno sguardo più consapevole e riflessivo sulla realtà del presente e sulle aspettative per il futuro.

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Le misure di contenimento in risposta alla crisi sanitaria dovuta al Covid-19 hanno scosso profondamente la quotidianità dei singoli, delle famiglie e dei gruppi. I repentini mutamenti degli stili di vita hanno segnato il presente di ciascuno, con inevitabili ricadute anche sul futuro. I primi soggetti che hanno visto radicalmente mutate le proprie abitudini sono stati i giovani, in seguito all’immediata interruzione dell’offerta didattica in presenza che ha caratterizzato sin da principio l’emergenza. Lo scandalo dell’imprevedibile ha restituito in parte uno sguardo più consapevole e riflessivo sulla realtà del presente e sulle aspettative per il futuro.

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Da un lato, il presente ha mostrato una solidità e una straordinaria efficienza: la pronta risposta da parte degli atenei italiani ha dato prova dell’eccellenza che caratterizza le università, nonché di un alto grado di competenze del corpo docente e di un’offerta formativa flessibile ed efficace.

    

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Dall’altro, il futuro appare meno lineare e prevedibile di quanto un pensiero orientato alla continua idea di progresso vorrebbe. L’esperienza dei giovani che hanno vissuto il distacco dal mondo della vita universitaria mostra un’eccedenza rispetto a visioni riduzionistiche. L’università si presenta nell’esperienza dei giovani non tanto come mera porta di accesso al mercato del lavoro, o ponte di passaggio tra l’adolescenza e l’età adulta, ma riacquista il sapore del suo etimo (universitas), ovvero complesso di tutte le cose. Per gli studenti l’università non è riducibile agli aspetti istituzionali, ma acquisisce connotati valoriali e di significato intessuti da relazioni di prossimità. L’Università non è solo un pezzo di vita, ma una vita intera in cui si giocano, forse per la prima volta, le grandi decisioni: dove orientare il proprio affectus intellettuale, a cosa guardare e chi scegliere come “maestri di vita” i tanti docenti, colleghi, amici che si incontrano in un luogo deputato alla formazione dell’identità e della personalità di ciascuno.

       


L’emergenza del Covid-19 ha imposto una riorganizzazione repentina della vita quotidiana e una riflessione sui processi in atto


      

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Così, al fine di comprendere la complessa situazione dei giovani alle prese con i molteplici aspetti formativi, sociali e valoriali connessi al percorso di istruzione universitaria risulta di fondamentale importanza leggere oltre agli aspetti didattici e istituzionali anche le relazioni che danno forma all’esperienza degli studenti. L’emergenza del Covid-19 ha imposto una riorganizzazione repentina della vita quotidiana, imponendo una riflessione sui processi in atto, sugli effetti e sulle possibili opportunità future. La crisi che ha scosso l’esistenza e le abitudini di milioni di famiglie e studenti può, se compresa, trasformarsi in un proficuo momento di riflessività per riprogettare e affrontare il futuro con maggiore consapevolezza.

    

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Nel tentativo di restituire spunti di riflessione per il futuro insieme come gruppo di giovani ricercatori di diversi atenei italiani (oltre agli scriventi, anche Davide Ruggieri dell’Università di Bologna, Michele Bertani dell’Università di Verona, Livia Petti dell’Università del Molise e Matteo Moscatelli dell’Università Cattolica di Milano) è stata promossa una ricerca dal titolo La Vita degli studenti universitari al tempo del Covid-19 che intende restituire un’immagine complessa della situazione degli studenti che abitano l’università ogni giorno e che a un tratto hanno dovuto cambiare le modalità di studio durante l’emergenza sanitaria.

    

La ricerca (che verrà pubblicata da Erickson nella sua versione integrale, in un volume disponibile a partire da novembre) è stata condotta, attraverso questionario online, durante il periodo centrale dell’emergenza, tra maggio e luglio 2020. La rilevazione ha consentito (anche grazie al proficuo impegno del Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari e di altre organizzazioni studentesche, quali Elsa-Student Italia) di dare voce all’esperienza degli studenti ancora attivi e alle prese con gli impegni universitari legati allo studio, alle lezioni e agli esami. Le rappresentanze studentesche hanno favorito la disseminazione del questionario, intercettando soprattutto la popolazione di studenti che abitudinariamente frequentano gli spazi universitari. Chi ha risposto è soprattutto chi vive l’Università non solo come struttura erogatrice di servizi didattici o formativi ma anche come comunità e luogo nel quale costruire relazioni sociali. Complessivamente hanno risposto all’indagine 14.317 studenti (considerando i questionari validi, mentre i questionari complessivamente raccolti sono stati oltre 16.000) e il campione si è distribuito lungo tutto l’arco territoriale italiano, interessando le quattro macro-aree territoriali dell’Istat (Nord-Est, Nord-Ovest, Centro, Sud-Isole).

     


La perdita di indipendenza appare, insieme alla mancanza delle relazioni sociali, un elemento che ha segnato il vissuto dei giovani


     

Il 65,5 per cento dei rispondenti è iscritto ad una laurea triennale, due studenti su dieci (20,8 per cento) sono iscritti a una laurea magistrale, mentre i restanti (13,7) sono iscritti a un corso di laurea a ciclo unico: l’insieme degli studenti manifesta una consolidata esperienza della formazione universitaria e della vita all’interno del proprio ateneo, alcuni dei quali sono alle prese con la scelta sul futuro professionale e/o di studio e specializzazione.

    

Nove rispondenti su dieci hanno frequentato le lezioni durante il primo semestre dell’anno accademico 2019/2020, l’86,7 per cento degli studenti ha altresì riportato una valutazione decisamente positiva rispetto alla didattica in presenza. La stragrande maggioranza dei rispondenti (92,3 per cento) ha seguito lezioni online durante l’emergenza, confermando la continuità dell’offerta didattica e della partecipazione degli studenti alle lezioni. Dall’analisi dei dati emerge che complessivamente l’esperienza di didattica online è stata valutata positivamente: l’8,6 per cento la considera estremamente positiva, il 36,4 abbastanza positiva, il 24,3 né positiva né negativa, il 23,8 abbastanza negativa e il 6,9 estremamente negativa. La valutazione della didattica in presenza appare maggiormente positiva: per il 36,2 per cento è estremamente positiva, per il 50,5 è abbastanza positiva, per il 9,3 è né positiva né negativa, per il 3,2 è abbastanza negativa e solo lo 0,7 la considera estremamente negativa. Il dato relativo alla valutazione dell’esperienza didattica online vissuta durante il lockdown, sebbene inferiore alla presenza, è più che confortante a fronte della situazione emergenziale che ha costretto la maggior parte dei docenti universitari italiani a confrontarsi per la prima volta con l’esperienza di formazione online a cui ha risposto con prontezza ed elevata professionalità. Non è quindi possibile ridurre un discorso complesso affermando che la DAD funzioni o non funzioni proprio in ragione del fatto che si è trattata di una risposta a una situazione di emergenza e un modello didattico, in quanto tale, non è né positivo, né negativo, ma va saputo utilizzare con solide basi metodologico-didattiche. Un altro dato interessante riguarda il fatto che il 41,10 per cento del campione dei rispondenti si esprime favorevolmente nel futuro ad un modello “mixed”, capace cioè di integrare momenti online e in presenza.

    


L’Università non è solo un pezzo di vita, ma una vita intera in cui si giocano, forse per la prima volta, le grandi decisioni


     

L’esperienza universitaria, tuttavia, non si risolve nella sola offerta formativa, le relazioni informali e formali con colleghi, amici, docenti rappresentano un forte connettore tra giovani e poli universitari, nonché garanzia di integrazione e di successo nel corso degli studi. Uno degli elementi trasversali che accomuna le risposte dei giovani su ciò che è mancato maggiormente durante il periodo di lockdown è infatti l’università intesa non tanto come istituzione, quanto come comunità. L’esperienza universitaria si muove nel tentativo di rispondere alle domande di senso entro un orizzonte composto da gruppi, associazioni e movimenti nei quali lo studente ha la possibilità di ampliare la propria formazione intellettuale e spirituale, nel solco di una formazione integrale, alla stregua della classica Bildung neoumanistica. Se nessun uomo è un’isola, a maggior ragione un’esperienza universitaria completa e più edificante passa anche attraverso momenti ed esperienze di socializzazione e ancor più in quelle forme di associazione tra studenti che rendono il legame con la vita universitaria ancora più profondo e intenso, capace cioè di generare idee, di proporre soluzioni a problemi e di affrontare le emergenze con maggiore capacità critica e maggiore prontezza nell’adattamento. La vita associativa, come luogo di incontro e di approfondimento del senso di sé e delle cose che ruotano attorno alla routine quotidiana, rappresenta un aspetto importante, non secondario della vita universitaria. Favorire processi di associazionismo, aiuta a favorire una partecipazione più presente alla vita sociale ed accademica, anche nel suo lato strettamente didattico.

    

L’ingresso dei giovani nelle aule universitarie è spesso accompagnato da un più esteso processo di acquisizione di indipendenza. Nonostante la permanenza dei giovani con la famiglia di origine si attesti a livelli decisamente elevati (50,26 per cento), il 43,75 per cento circa dei rispondenti ha vissuto il periodo di studio fuori dal nucleo famigliare, in appartamento con altri universitari, (32,38 per cento), in collegio o residenza universitaria (4,29), in appartamento da solo (4) oppure con il partner (3,08). La perdita di indipendenza appare, insieme alla mancanza delle relazioni sociali universitarie, un elemento che ha segnato profondamente il vissuto dei giovani durante l’emergenza, molti dei quali hanno trascorso il periodo della fase 1 (tra marzo e aprile 2020) con la famiglia di origine.

       


 Oltre 14.000 studenti hanno risposto all’indagine. Molti sono favorevoli a un modello misto, con momenti online e in presenza


     

La crisi provocata dal contagio ha reso evidente la profonda interconnessione che sussiste tra gli individui, richiedendo l’acquisizione di una nuova consapevolezza circa le ricadute delle proprie azioni e scelte individuali sugli altri. Nello stesso tempo, la diffusa consapevolezza dell’essere parte di una comunità ha inciso profondamente nel vissuto dei giovani che, nel riscoprirne il valore, hanno potuto conferire un significato inedito e troppo spesso sottaciuto dell’istruzione terziaria, quale percorso di formazione non solo professionale e accademico, ma innanzitutto personale ed umano.

    

I giovani studenti hanno manifestano una preferenza per la didattica in presenza (44,24 per cento) in ragione del vivo interesse a tornare a vivere l’Università nella sua completezza. Allo stesso tempo, sono consapevoli e disponibili, anche in ragione di un sincero apprezzamento, a fruire di modalità digitali dei contenuti universitari, sia per ragioni legate all’emergenza, sia come modello didattico tout court. Di conseguenza, senza per questo tornare indietro, l’innovazione sarà ancora più efficace e più capace di “non lasciare indietro nessuno”, quanto maggiore sarà la capacità di guardare avanti portandosi dietro però tutti gli aspetti centrali della vita accademica, compresi quelli di socializzazione (come l’associazionismo studentesco), senza i quali l’Università muterebbe completamente la propria natura.

   

*Università del Molise e **Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

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