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Il mezzo disastro della maturità nel Regno Unito

Eugenio Cau

Se non si possono fare gli esami a scuola, usiamo un sistemone statistico

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Milano. Ieri nel Regno Unito era il giorno dei risultati degli esami di maturità, un rituale di passaggio per centinaia di migliaia di diciottenni. Al contrario dell’Italia, dove di solito i risultati sono affissi sulle bacheche dei licei e degli istituti tecnici, nel Regno Unito la scuola consegna a ciascuno studente una busta con i suoi risultati, la busta viene aperta e poi cominciano i festeggiamenti o i pianti. Quest’anno i festeggiamenti erano distanziati, per quanto possibile, alcuni risultati sono arrivati per email e non con la busta tradizionale, e i pianti sono stati più del solito, perché a causa del coronavirus l’esame non si è fatto, e il modo in cui il governo ha deciso di attribuire i voti ha fatto arrabbiare molti ragazzi e anche molte scuole. In realtà di esami nel Regno Unito ce n’è più d’uno, con vari livelli di difficoltà e con differenze rilevanti tra le nazioni del Regno (la Scozia ha un sistema educativo tutto suo). Ieri però era il giorno dei risultati dell’esame più importante di tutti, l’A-level, che è fatto dai ragazzi più grandi di 18 anni sulla base di uno studio di due anni e su materie a loro scelta ed è fondamentale, tra le altre cose, per l’ingresso nelle università più prestigiose (anche se quelle più prestigiose di tutte, come Cambridge e Oxford, richiedono test d’ingresso supplementari, ovviamente). Ma appunto, quest’anno l’esame finale non si è fatto, c’era il virus, e il governo si è inventato un sistema arzigogolato per sfornare ugualmente dei risultati.

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Milano. Ieri nel Regno Unito era il giorno dei risultati degli esami di maturità, un rituale di passaggio per centinaia di migliaia di diciottenni. Al contrario dell’Italia, dove di solito i risultati sono affissi sulle bacheche dei licei e degli istituti tecnici, nel Regno Unito la scuola consegna a ciascuno studente una busta con i suoi risultati, la busta viene aperta e poi cominciano i festeggiamenti o i pianti. Quest’anno i festeggiamenti erano distanziati, per quanto possibile, alcuni risultati sono arrivati per email e non con la busta tradizionale, e i pianti sono stati più del solito, perché a causa del coronavirus l’esame non si è fatto, e il modo in cui il governo ha deciso di attribuire i voti ha fatto arrabbiare molti ragazzi e anche molte scuole. In realtà di esami nel Regno Unito ce n’è più d’uno, con vari livelli di difficoltà e con differenze rilevanti tra le nazioni del Regno (la Scozia ha un sistema educativo tutto suo). Ieri però era il giorno dei risultati dell’esame più importante di tutti, l’A-level, che è fatto dai ragazzi più grandi di 18 anni sulla base di uno studio di due anni e su materie a loro scelta ed è fondamentale, tra le altre cose, per l’ingresso nelle università più prestigiose (anche se quelle più prestigiose di tutte, come Cambridge e Oxford, richiedono test d’ingresso supplementari, ovviamente). Ma appunto, quest’anno l’esame finale non si è fatto, c’era il virus, e il governo si è inventato un sistema arzigogolato per sfornare ugualmente dei risultati.

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La base del risultato di quest’anno è una stima fatta dagli insegnanti di ciascun istituto, a cui è stato chiesto di immaginare che voto avrebbe preso ogni studente se avesse sostenuto l’esame. Queste previsioni sono basate sul lavoro fatto in classe, sugli esami di prova fatti prima del lockdown, sui compiti a casa e così via. Ma per evitare che gli insegnanti si facessero intenerire e dessero voti troppo alti, tuttavia, il governo aveva previsto che le stime assieme a una classifica degli studenti dal migliore al peggiore fossero inviate agli uffici centrali che si occupano della valutazione degli esami, dove sono state sottoposte a una “standardizzazione statistica”. Significa che il governo ha bilanciato i voti previsti dagli insegnanti con un sistemone statistico basato, tra le altre cose, sui risultati nazionali ottenuti negli anni precedenti e sulle performance di ciascun istituto. Se i voti di una certa scuola quest’anno si sono rivelati più alti del previsto, il sistemone li ha abbassati per metterli al livello dei risultati degli anni precedenti.

 

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Risultato: i voti in generale sono stati comunque un po’ più alti della media degli anni passati, e questo significa che gli insegnanti si sono fatti intenerire molto nelle loro stime. D’altro canto, però, quasi il 40 per cento dei risultati in Inghilterra è stato abbassato di uno o più giudizi, e questo significa che se dal punto di vista altissimo della standardizzazione statistica tutto è andato bene, perché i voti di quest’anno sono in linea con quelli degli anni passati, quando poi si scende nel particolare moltissimi studenti si sono trovati con voti inattesi, e alcuni ingiusti.

 

Il problema principale è stato in Scozia, dove per alcune categorie di esame gli studenti delle aree più povere si sono visti i loro risultati standardizzati verso il basso a un tasso doppio rispetto agli studenti delle aree più ricche. Anche in Inghilterra, la proporzione di studenti delle scuole private che ha ricevuto i voti massimi è stata doppia rispetto agli studenti delle scuole pubbliche, e in generale ieri i giornali britannici erano pieni di racconti di ragazzi disperati che non potranno andare all’università prescelta perché il modello statistico ha sputato voti più bassi di quelli previsti dai loro insegnanti. Ofqual, l’ente del governo che si è occupato degli esami, ha detto che siccome la statistica è quella che è era già previsto che ci sarebbero stati molti risultati anomali, e aveva preparato un piano per consentire agli studenti di fare appello. Due giorni fa, temendo disastri, il governo aveva anche deciso di trovare alternative al metodo statistico, per esempio considerando validi gli esami di prova fatti prima del lockdown, oppure consentendo agli studenti che lo vogliono di sostenere l’esame in autunno.

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