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La scuola e i sindacati che fermano l’Italia. Intervista a Lucia Azzolina

Claudio Cerasa

La meritocrazia da imporre contro il corporativismo. Gli insegnanti come esempio del pubblico impiego del futuro. La fine della stagione del lockdown. E i problemi che ancora restano. Chiacchierata (sorprendente) con il ministro dell’Istruzione

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La scuola del futuro e il ritorno sui banchi. L’ostilità dei sindacati e le frizioni nella maggioranza. E poi le frontiere dello smart working, le differenze con gli altri paesi, la meritocrazia da difendere e i corporativismi da combattere. Abbiamo passato qualche minuto al telefono con il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, proveniente dal M5s, e con il ministro più che parlare di foto scandalistiche al mare, polemiche sui check-in, battibecchi con Salvini, abbiamo provato a capire cosa ha imparato la scuola in questi mesi di pandemia e in che modo il sistema scolastico potrebbe permettere a questo mondo di accettare la grande sfida della stagione in cui ci troviamo: accelerare il futuro.

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La scuola del futuro e il ritorno sui banchi. L’ostilità dei sindacati e le frizioni nella maggioranza. E poi le frontiere dello smart working, le differenze con gli altri paesi, la meritocrazia da difendere e i corporativismi da combattere. Abbiamo passato qualche minuto al telefono con il ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, proveniente dal M5s, e con il ministro più che parlare di foto scandalistiche al mare, polemiche sui check-in, battibecchi con Salvini, abbiamo provato a capire cosa ha imparato la scuola in questi mesi di pandemia e in che modo il sistema scolastico potrebbe permettere a questo mondo di accettare la grande sfida della stagione in cui ci troviamo: accelerare il futuro.

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I mesi di lockdown – ci dice Azzolina – sono stati duri ma ci hanno permesso di gettare le base per fare quello che da troppo tempo l’Italia si era dimenticata di fare: innovare la scuola, digitalizzare l’istruzione, trasformare il processo di formazione degli insegnanti non in un costo per il settore ma in un investimento per il paese. E con le cifre che abbiamo stanziato, con i 180 milioni di marzo e aprile sommati alle altre risorse appena stanziate, possiamo dire che i gap tecnologici presenti fino a qualche mese fa nelle scuole italiane verranno di fatto colmati”.

 

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Per capire il futuro occorre anche soffermarsi sul passato e anche sul presente. E il presente, ministro, ci dice questo. Il governo francese ha riaperto le scuole l’11 maggio. La Germania ha riaperto le scuole il 27 aprile. L’Olanda ha riaperto le scuole l’11 maggio. In Norvegia le scuole hanno riaperto il 27 aprile. In Svizzera l’11 maggio. In Grecia l’11 maggio. In Austria il 18 maggio. Davvero rivendica il fatto di aver scelto di non aprire le scuole in Italia? “Lo rivendico. È stata una scelta giusta che ha contribuito alla sicurezza del paese. E poi le faccio notare che la questione del clima non è da sottovalutare. Lei sa cosa vorrebbe dire per gli studenti italiani fare lezione con trenta o quaranta gradi? A settembre si riaprirà. E lo faremo con responsabilità e rispetto verso la nostra scuola. Se poi mi chiede se io sia favorevole a rivedere i calendari scolastici, le dico di sì a patto che si rendano adeguate le strutture scolastiche. Ma questa è un’altra storia”.

 

Cosa farà il governo per evitare che il prendere tempo sulla scuola possa coincidere a un perdere tempo? “Io penso che in questi mesi gli insegnanti siano stati un esempio di come il pubblico impiego possa contribuire a rendere il nostro paese all’altezza delle sfide di questa fase storica. Smart working, e questo vale per tutti i settori anche privati, non significa stare sul divano ma significa avere a cuore il proprio mestiere e significa avere contezza di una questione cruciale: se l’Italia vuole accettare la sfida dell’accelerazione del futuro, ciascuno deve fare la sua parte. La didattica a distanza è stata un esempio a mio avviso più che positivo di smart working e ciò che posso dire e che da settembre andremo incontro alle richieste della scuola e daremo la possibilità di organizzare anche non in presenza sia i consigli dei docenti sia i colloqui tra genitori e insegnanti”.

 

Possiamo dire che in questi mesi gli insegnanti italiani hanno dimostrato di essere infinitamente migliori dei loro sindacati? “Glielo dico con franchezza, mi sarei aspettata in questi mesi più collaborazione da parte dei sindacati. Ci siamo ritrovati di fronte a una sfida epocale. Ci siamo ritrovati di fronte alla possibilità di modernizzare la scuola. Ci siamo ritrovati di fronte alla possibilità di stimolare la creatività degli insegnanti. Mi sarei aspettata da parte dei sindacati meno lettere di diffida e più collaborazione, per guardare verso il futuro. Mi sarei aspettata passi in avanti per esempio nel tentativo di intercettare l’intero personale scolastico e non soltanto quella porzione rappresentata dalle sigle sindacali. Chi ha a cuore la scuola non deve frenare, ma deve impegnarsi a innovare. E innovare oggi significa anche non avere paura di pronunciare una parola spesso tabù: meritocrazia”. Quando parla di meritocrazia, il ministro non si riferisce solo al metodo Invalsi, “che verrà naturalmente confermato e che penso sia uno strumento utile per conoscere lo stato di salute del sistema d’istruzione”, ma si riferisce anche alle molte polemiche registrate negli ultimi mesi sul tema dei concorsi. Una parte della maggioranza, quella più legata al Pd, insieme con i sindacati, chiedeva di non fare i concorsi previsti per l’assunzione di 32 mila precari di terza fascia ma chiedeva semplicemente di stabilizzare i precari senza concorsi. Il ministro insieme con il M5s ha scelto di sposare una linea differente: concorso, valutazione e domande non a crocette ma con risposte aperte. Il concorso sarà tra settembre e ottobre e il ministro ammette che “su questo anche una parte della maggioranza sembrava non volesse percorrere quella che a me sembra l’unica strada per avere una scuola di qualità: valutazione e meritocrazia”. A settembre però non ci saranno solo i concorsi a tenere banco nel mondo della scuola ma ci sarà ovviamente anche il ritorno degli studenti a scuola. 

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Azzolina si sente di escludere, a oggi, che a settembre ci saranno nuovi lockdown – “immagino più chiusure mirate che lockdown, oggi siamo nelle condizioni di gestire in modo eccellente anche situazioni difficili” – ma di fronte a una domanda importante il ministro confessa che rispetto a settembre c’è ancora molto lavoro da fare.

 

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Facciamo notare che in alcuni paesi in cui la scuola ha scelto di riaprire, come in Israele, molti focolai si sono sviluppati proprio nelle scuole e in particolare laddove erano presenti in modo significativo le cosiddette classi pollaio, con più di 30 studenti. Possiamo immaginare che da settembre le classi pollaio non ci saranno più? “Ci stiamo lavorando. Abbiamo inserito nell’ultimo decreto una norma che ci permette di derogare a vecchie leggi e che ci dà la possibilità di intervenire anche su questo fronte. Per settembre non sarà possibile, temo, intervenire su tutti quei numeri, ma è mio obiettivo nei mesi successivi permettere agli studenti di non trovarsi in situazioni di questo tipo”.

 

Azzolina lascia intendere che anche con il ritorno alla scuola in caso di focolai “si agirà su base territoriale” e si interverrà eventualmente nelle singole regioni e nei singoli istituti. E rispetto al ritorno a scuola aggiunge qualche interessante dettaglio in più. Facciamo notare al ministro che il Piano scuola 20-21 da poco pubblicato dice, senza girarci troppo intorno, che, se non si trovassero dei locali adeguati, a settembre il 15 per cento dei ragazzi rimarrebbe fuori dalle scuole. Cosa pensate di fare per risolvere questo problema? “È vero. Noi abbiamo un 15 per cento di criticità. Eventualmente, se non bastassero gli spazi a settembre, lavoreremo con alcuni enti locali, come teatri, cinema e musei, per eliminare questa criticità”. Tra due mesi ciò che potrebbe non bastare al sistema scolastico italiano non sono solo gli spazi ma sono anche i soldi per proteggere fino in fondo studenti, insegnanti e operatori della scuola. Il ministro Azzolina dice di aver già pronto un piano per utilizzare bene i molti miliardi destinati all’istruzione che potrebbero arrivare in Italia attraverso il Recovery fund e quando il suo interlocutore le chiede se non sarebbe il caso che il governo italiano trattasse con meno ideologia il tema della linea di credito prevista dal Mes per le spese sanitarie, il ministro capisce dove si vuole arrivare e risponde in modo non scontato: “Io sono per ragionare su cosa fare con i miliardi del Recovery fund. Ma so anche che l’Italia ha bisogno di molti miliardi per rafforzare il sistema sanitario. Io non sono ideologica. E le dico di più. Dico anche che la nostra maggioranza dovrebbe capire che abbiamo un presidente del Consiglio che merita di essere difeso. Dobbiamo fare tutto il necessario per rafforzare il governo”. Il sottinteso del ministro è chiaro: qualcuno lo sta facendo, qualcun altro no.

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