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La sciabola dell’Augias

Maurizio Crippa

Il dragone della vecchia guardia di Rep. scende in campo contro le scuole paritarie. Divertissement (per noi)

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Nella cinica attesa che la nuova direzione di Largo Fochetti completi le procedure di distanziamento sociale nei confronti della vecchia guardia napoleonica di Rep., c’è ancora il tempo di divertirsi come ai bei tempi eroici leggendo la severa articolessa di un Dragone della riserva, Corrado Augias, che ieri si spencolava dalla prima pagina, con la sciabola, per un ultimo e un po’ rugginoso hurrah!, “Prima la scuola pubblica”. Non sta nel tema in sé, ovvio, il motivo del divertimento. Veterano quasi quanto Augias, ed essendosi troppo a lungo occupato della faccenda, lo scrivente se n’è un poco annoiato. E’ invece nelle argomentazioni meravigliosamente retrò di Augias che si trova la consolazione di un prurito antico. A partire da quella che dovrebbe essere la sostanza, i quattrini, ché dice l’autore che le scuole paritarie chiedono l’aiuto finanziario dello stato per non essere travolte dal flagello del Covid. Mentre “le scuole pubbliche sono giustamente semi-gratuite”. Eh già, infatti le paga Pantalone. Il dubbio, che sorgerebbe anche a un ragioniere di prima nota, che le scuole pubbliche (ma sarebbe meglio dire gestite dallo stato) siano pagate dalle tasse dei cittadini, compresi quelli child free, neppure lo sfiora. E nemmeno il sospetto che la loro gestione sia anzi più costosa di quanto lo sia quelle della paritarie. Passaggio godibilissimo è quello sulla libertà d’insegnamento. Dacché Augias si picca di essere poco meno, o poco più, di uno storico delle religioni.

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Nella cinica attesa che la nuova direzione di Largo Fochetti completi le procedure di distanziamento sociale nei confronti della vecchia guardia napoleonica di Rep., c’è ancora il tempo di divertirsi come ai bei tempi eroici leggendo la severa articolessa di un Dragone della riserva, Corrado Augias, che ieri si spencolava dalla prima pagina, con la sciabola, per un ultimo e un po’ rugginoso hurrah!, “Prima la scuola pubblica”. Non sta nel tema in sé, ovvio, il motivo del divertimento. Veterano quasi quanto Augias, ed essendosi troppo a lungo occupato della faccenda, lo scrivente se n’è un poco annoiato. E’ invece nelle argomentazioni meravigliosamente retrò di Augias che si trova la consolazione di un prurito antico. A partire da quella che dovrebbe essere la sostanza, i quattrini, ché dice l’autore che le scuole paritarie chiedono l’aiuto finanziario dello stato per non essere travolte dal flagello del Covid. Mentre “le scuole pubbliche sono giustamente semi-gratuite”. Eh già, infatti le paga Pantalone. Il dubbio, che sorgerebbe anche a un ragioniere di prima nota, che le scuole pubbliche (ma sarebbe meglio dire gestite dallo stato) siano pagate dalle tasse dei cittadini, compresi quelli child free, neppure lo sfiora. E nemmeno il sospetto che la loro gestione sia anzi più costosa di quanto lo sia quelle della paritarie. Passaggio godibilissimo è quello sulla libertà d’insegnamento. Dacché Augias si picca di essere poco meno, o poco più, di uno storico delle religioni.

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In forza dell’art. 33 della Costituzione, scrive Augias che “un professore di storia in un liceo che, in buona informata coscienza, insegnasse che Gesù aveva quattro fratelli e alcune sorelle, come scritto nei Vangeli, rischierebbe il licenziamento perché il dogma vuole Gesù figlio unigenito”. Evidentemente Augias trascura il fatto che il suo professore libero cosciente e male informato non potrebbe insegnarlo nemmeno al liceo statale Giuseppe Stalin, o Norberto Bobbio, perché è una panzana storiografica e la lettera dei Vangeli, a studiarla bene, dice altro. Una fake news che non troverebbe asilo manco nella chiesa ortodossa italiana autocefala del pope Meluzzi.

 

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Ma tralasciando le cose di fantasia e rimanendo a quel che conta davvero, i piccioli, è ancora notevole che Augias, nelle strette dei fatti, riesca ad ammettere, con la fatica di Fonzie, che “nella pioggia di aiuti del decretone”, tra “partite Iva, avvocati, artigiani e varie altre categorie, possano ben rientrare anche le scuole paritarie”. Anzi se, peggio ancora che soldi a pioggia, si trattasse più precisamente di “sgravi fiscali” (alle famiglie, si suppone, ma il dettaglio è omesso) per pagare le “costose rette delle scuole paritarie. In effetti, sarebbe miracolo impossibile persino ai fratelli di Gesù dimostrare perché un estetista tatuatore o un dispensatore di spritz sì, ma un asilo parrocchiale o persino un Tagesmutter invece no.

  

Ma per schivare l’aspro dilemma, Corrado Augias si appella, come un neoscolastico d’antan, alle auctoritas. E cita infatti, anzi da lì parte, poiché fa molto questione di principio, dai compianti Franco Cordero ed Emanuele Severino, e da Luigi Lombardi Vallauri, quali esempi insigni di libertà di pensiero e insegnamento negata e impedita, con tanto di processi e di cacciata, da un’istituzione – l’Università Cattolica del Sacro Cuore, che però non è un liceo – oscurantista e padronale. La quale, privata e concordataria, si arrogava il diritto di stabilire cosa insegnare o meno nelle sue aule. Sperando, per la cara vecchia guardia napoleonica, che alla nuova direzione di Largo Fochetti non trilli il campanello di un’idea.

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