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Aiutare le scuole. Tutte

Piero Vietti

Nel decreto “Rilancio” soldi solo alle statali. Una scelta che può costare cara

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Non sarà forse lo strumento migliore quello scelto dalla Conferenza italiana superiori maggiori (Cism) e dall’Unione superiore maggiori d’Italia (Usmi), ma con lo sciopero della didattica online indetto per martedì e mercoledì le scuole paritarie vogliono che tutti si rendano conto del rischio che corre il sistema educativo italiano se molti istituti scolastici non statali fossero costretti a chiudere. Del miliardo e mezzo destinato alla scuola dal decreto “Rilancio”, infatti, soltanto una parte irrisoria andrà alle paritarie, quasi tutta per coprire alcune rette degli asili nido. Il resto è per gli istituti statali. Scelta miope, oltre che ideologica e dimentica dei dettami di Costituzione: per legge in Italia la scuola pubblica si regge su due gambe, statale e paritaria. Le famiglie che mandano i figli nelle scuole non gestite dallo stato pagano una retta permettendo così allo stato di risparmiare parecchi miliardi. Nei mesi del lockdown molte persone hanno smesso di pagare a causa delle ristrettezze economiche e l’anno prossimo non potranno più permettersi una spesa del genere (è un falso mito che soltanto i ricchi mandino i figli nelle scuole gestite da privati). La conseguenza sarà il rischio di chiusura per molti istituti.

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Non sarà forse lo strumento migliore quello scelto dalla Conferenza italiana superiori maggiori (Cism) e dall’Unione superiore maggiori d’Italia (Usmi), ma con lo sciopero della didattica online indetto per martedì e mercoledì le scuole paritarie vogliono che tutti si rendano conto del rischio che corre il sistema educativo italiano se molti istituti scolastici non statali fossero costretti a chiudere. Del miliardo e mezzo destinato alla scuola dal decreto “Rilancio”, infatti, soltanto una parte irrisoria andrà alle paritarie, quasi tutta per coprire alcune rette degli asili nido. Il resto è per gli istituti statali. Scelta miope, oltre che ideologica e dimentica dei dettami di Costituzione: per legge in Italia la scuola pubblica si regge su due gambe, statale e paritaria. Le famiglie che mandano i figli nelle scuole non gestite dallo stato pagano una retta permettendo così allo stato di risparmiare parecchi miliardi. Nei mesi del lockdown molte persone hanno smesso di pagare a causa delle ristrettezze economiche e l’anno prossimo non potranno più permettersi una spesa del genere (è un falso mito che soltanto i ricchi mandino i figli nelle scuole gestite da privati). La conseguenza sarà il rischio di chiusura per molti istituti.

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A questo punto non si tratta più di fare una battaglia ideale o confessionale: l’urgenza è evitare il collasso del sistema scolastico italiano. Se a settembre anche solo un terzo degli studenti che oggi frequenta una paritaria (900 mila in tutto) si trasferisse in un istituto statale, il costo per lo stato sarebbe di oltre un miliardo e mezzo di euro in più all’anno. Insostenibile. Finalmente in questi giorni si assiste alla mobilitazione di molti per fare cambiare idea al governo: la Cei ha chiesto al governo di “assicurare a tutte le famiglie la possibilità di una libera scelta educativa”, e il suo presidente, il cardinale Bassetti, in un’intervista a Tempi ha parlato di “ingiustizia” e chiesto di “farsi sentire”.

 

 

In Parlamento si lavora perché i soldi destinati alla scuola dal decreto Rilancio non finiscano solo agli istituti statali. Da Italia viva a Forza Italia, passando per il Pd e il M5s, molti, a partire dalla sua collega in Cdm Elena Bonetti, chiedono al ministro Lucia Azzolina di non dimenticare un pezzo fondamentale della scuola italiana. C’è poco tempo per evitare un disastro, economico ed educativo, e dimostrare di avere a cuore il bene di tutti gli studenti e gli insegnanti. Basta volerlo.

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