Foto di Jeffrey Smith via Flikr

Inclusione ed eccellenza: il metodo della Normale di Pisa

Antonio Gurrado

“Prima di operare la selezione in vista dell’eccellenza”, dice il direttore Vincenzo Barone, “è necessario includere, così da dare a tutti accesso a questa selezione"

Nel novero autunnale delle inaugurazioni dell’anno accademico nelle università d’Italia, spicca il tema scelto dalla Scuola Normale Superiore di Pisa, che mercoledì e ieri ha dedicato due giorni di lavori all’inclusione. Sotto il titolo “Insieme diversi” – e l’ancor più esplicito sottotitolo “L’era delle differenze, il tempo dell’inclusione: contaminazione e confronto come veicolo di crescita” – la Normale ha ospitato una tavola rotonda fra personalità difformi quali Massimo Cacciari, Ferzan Ozpetek, la specialista di medio oriente Farian Sabahi, la giovane parlamentare Laura Coccia e la capo dipartimento per le Pari Opportunità in Presidenza del Consiglio, Giovanna Boda; hanno fatto seguito un intervento in video di Emma Bonino e una lectio magistralis di Pietro Grasso.

 

E’ un programma atipico, che sembra in controtendenza rispetto ai toni tradizionalmente poco divulgativi della Normale e a un certo elitismo a cui da tempo viene, a torto o a ragione, associata. A margine dell’evento, il Foglio ha domandato al direttore della Normale, il chimico Vincenzo Barone, se non ci sia contraddizione fra il tema dell’inclusione e la cifra della Scuola pisana, l’eccellenza. “Prima di operare la selezione in vista dell’eccellenza”, ribatte Barone, “è necessario includere, così da dare a tutti accesso a questa selezione; bisogna includere fasce sociali diverse, persone diverse, in maniera tale che la selezione possa essere dura ma rinnovarsi”. Garantire una selezione altrettanto accurata dopo un ampliamento della platea però potrebbe non essere altrettanto semplice. “Forse è più facile per le scienze che per le lettere”, continua Barone: “Il linguaggio delle scienze, ossia la matematica e il modo di ragionare logico-deduttivo, è qualcosa che o si ha o non si ha, e che non viene insegnato a scuola”.

 

Problema mica da poco, le superiori che non insegnano, per un istituto universitario il cui compito è selezionare diplomati eccellenti. “A parte che la parola eccellenza mi fa venire l’orticaria, penso che una soluzione potrebbe essere una selezione un po’ meno severa all’ingresso in Normale bilanciata da uno sbarramento più severo dopo il primo anno”. Inclusione, in questo caso, sarebbe dunque il tentativo di non perdere possibili ottimi studenti con un test d’ingresso ma non mancare di fermezza nei confronti di chi non mantiene le promesse. “Bisogna anche capire di quale tipo di studente siamo in cerca”, aggiunge Barone: “Quello che cercavamo cinquanta o cent’anni fa non è più lo studente che cerchiamo adesso. Il contesto è diverso. Storicamente selezioniamo potenziali superspecialisti su argomenti ristretti, mentre l’allargamento e l’interconnessione delle tematiche odierne ci spingono verso uno studente che sia piuttosto una mente duttile, teachable, come dicono gli inglesi. Bisogna passare da una visione di stampo illuministico a una di stampo rinascimentale: lo studente ideale sarà quello in grado di padroneggiare più campi, oltre che di eccellere in uno”.

 

Inclusione è anche contaminazione fra materie, fra cervelli? “Certo. In Normale ciò avviene da tempo: penso ai contatti fra studenti e docenti di Scienze e di Lettere, alla vita di collegio… In questo senso la Normale riesce da tempo a formare ottimi cittadini, oltre che grandi scienziati, poiché lavora a livello formativo a tutto tondo”. Quindi non si tratta di aprire a tutti indiscriminatamente, in ragione di un malinteso diritto allo studio. “Guardi”, conclude Barone, “potrei lamentare l’utilizzo che lo stato fa dei centri accademici d’eccellenza e di quanto poco li ascolti. Ma la verità è che, con le cattedre Natta o coi nuovi Prin, si insegue una super eccellenza senza considerare abbastanza che, prima, bisogna conseguire una qualità media elevata su cui costruire. Questa la si ottiene selezionando e valutando; ma a monte bisogna garantire l’inclusione, allargare il più possibile la piattaforma da cui si sceglie, così da garantirsi la migliore scelta”.

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