(foto Ansa)

cattivi scienziati

La miopericardite colpisce più chi si vaccina contro il vaiolo che contro il Covid

Enrico Bucci

Uno studio di Lancet mostra ancora una volta come l'allarme e la considerazione che ricevono gli eventi avversi variano in una maniera che non è sempre collegata al rischio reale, quanto al rischio percepito

In occasione della vaccinazione su larga scala contro il Covid-19, si è osservato fra gli effetti rari e non anticipati dagli studi clinici l’infiammazione del miocardio e del pericardio, cioè la miopericardite. Fortunatamente, nella piccola popolazione di soggetti che hanno sperimentato questo effetto collaterale, si è anche trovato in grandissima parte la reversibilità di tale effetto collaterale; tuttavia, è necessario che, perché la vaccinologia possa progredire, non si smetta mai di studiare ogni effetto avverso, in modo da comprenderne innanzitutto i meccanismi e poi per modificare composizione, posologia e altre caratteristiche dei prodotti. In un articolo pubblicato su Lancet Respiratory Medicine, Ryan Ruiyang Ling e colleghi presentano i risultati di una rigorosa meta analisi del rischio di miocardite dopo vaccinazione contro il Covid-19, paragonando il rischio a quello di altri vaccini esaminati con metodologia uniforme nello stesso lavoro nel contesto del rischio dopo altri vaccini. Per questo motivo, il loro studio fornisce anche una prospettiva storica globale sugli eventi avversi cardiaci dopo la vaccinazione, con una profondità finora mancante nella letteratura medica. Gli autori hanno confermato quanto osservato da altri in precedenza, ovvero che l’incidenza complessiva di miopericardite dopo la vaccinazione contro il Covid-19 non è superiore al previsto e non è significativamente superiore all’incidenza riportata dopo le vaccinazioni standard incluse nello studio, come quella antinfluenzale. Non solo: dal confronto con altri vaccini, è emerso che rispetto alla vaccinazione contro il Covid-19, l’incidenza della miopericardite è significativamente più alta dopo le vaccinazioni contro il vaiolo; tutti gli altri vaccini esaminati, sia gli anti influenzali che altri vaccini, non hanno fornito dati di incidenza di questo effetto collaterale significativamente diversi.

Tuttavia, il dato complessivo oscura una importante dipendenza dall’età, dal sesso, dalla posologia e dal tipo di vaccino presente nei dati esaminati. Tra le persone che hanno ricevuto il vaccino contro il Covid-19, l’incidenza della miopericardite è risultata significativamente più alta nei maschi (rispetto alle femmine), nelle persone di età inferiore ai 30 anni, dopo aver ricevuto un vaccino mRna e dopo una seconda dose di vaccino (rispetto a una prima o terza dose). Si noti che, per ottenere certezza statistica su questi risultati, gli autori esaminano 22 precedenti lavori, corrispondenti a 405.272.721 dosi di vaccino somministrate: la rarità degli effetti di cui parliamo, infatti, è tale che solo campioni molto ampi di popolazione può rivelare differenze significative in corrispondenza dei parametri esaminati.

Nella nuova meta analisi appena pubblicata, il dato sul vaccino contro il vaiolo, usato da moltissimo tempo e che non suscita particolare allarme sociale, è interessante perché  il massimo di incidenza della miocardite dopo il vaccino contro il Covid-19, quello di Oster e colleghi sulla miocardite dopo la vaccinazione con vaccini a Rna, questo tasso è risultato pari a circa 106 casi per milione di dosi nei maschi di età compresa tra i 16 e i 17 anni che ricevevano una seconda dose, comunque inferiore al tasso storico di miopericardite dopo la vaccinazione contro il vaiolo (circa 132 casi per milione di dosi).

Questo mostra ancora una volta come l’allarme e la considerazione che ricevono gli eventi avversi variano in una maniera che non è sempre collegata al rischio reale, quanto al rischio percepito: nessuno ha mai messo in dubbio la vaccinazione contro il vaiolo a causa di effetti secondari cardiaci, perché per secoli si erano visti i danni causati dal vaiolo, mentre effetti minori per alcuni degli attuali vaccini sono stati utilizzati per minare la fiducia nella profilassi contro il Covid-19, una malattia nuova della quale si ha poca esperienza. Nel complesso, lo studio di Ling e colleghi è importante, perché confina in maniera rigorosa un rischio esistente, ma molto più piccolo di quanto già accettato in ambiti diversi dalla vaccinazione contro il Covid-19; allo stesso tempo, indica un’importante area di ricerca, volta alla comprensione dei meccanismi che colleghino gli effetti osservati con età, sesso, posologia e tipo di vaccino. Questi meccanismi sono importanti da definire, perché attraverso la somministrazione di vaccini differenziati, con posologie diverse o con programmi vaccinali distinti si potrebbe ridurre il rischio di eventi avversi rari, e anche perché il rapporto fra costi e benefici attesi cambia al cambiare della pressione epidemica e delle fasce di popolazione considerate. Trasparenza e rigore nella ricerca degli effetti avversi sono la chiave per mantenere e aumentare la fiducia nei vaccini, il bene più prezioso per il successo della profilassi.

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