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le tre sfide di Mars 2020

Il mistero di Marte

Umberto Minopoli

Perseverance dovrà chiarire perché non abbiamo ancora trovato vita nello Spazio

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Perseverance: il nome del rover della Mars 2020, si dice, fu scelto da un bambino. Di certo è azzeccato: pochi lo sanno, ma le missioni su Marte, iniziate prima di quelle sulla Luna, hanno “misteriosamente” un tasso di fallimento del 40 per cento. Tre sfide lo attendono: la ricerca di tracce di vita microbica; la produzione artificiale, in loco, di ossigeno; il primo volo di un oggetto artificiale (Ingenuity) in un’atmosfera rarefatta e poco densa. Due di questi esperimenti, dunque, segneranno il primo passo verso la terraformazione: l’adattamento dell’ambiente marziano a ospitare umani. La data prevista è il 2030. Curioso: sulla Terra la consideriamo una data limite della transizione ecologica, quasi un’ultima spiaggia dell’emergenza climatica. Vista dallo Spazio, invece, è una data epocale per il futuro dell’uomo: estendere l’abitabilità oltre il pianeta. La produzione di ossigeno direttamente su Marte è l’esperimento chiave per i viaggi interplanetari del futuro.

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Perseverance: il nome del rover della Mars 2020, si dice, fu scelto da un bambino. Di certo è azzeccato: pochi lo sanno, ma le missioni su Marte, iniziate prima di quelle sulla Luna, hanno “misteriosamente” un tasso di fallimento del 40 per cento. Tre sfide lo attendono: la ricerca di tracce di vita microbica; la produzione artificiale, in loco, di ossigeno; il primo volo di un oggetto artificiale (Ingenuity) in un’atmosfera rarefatta e poco densa. Due di questi esperimenti, dunque, segneranno il primo passo verso la terraformazione: l’adattamento dell’ambiente marziano a ospitare umani. La data prevista è il 2030. Curioso: sulla Terra la consideriamo una data limite della transizione ecologica, quasi un’ultima spiaggia dell’emergenza climatica. Vista dallo Spazio, invece, è una data epocale per il futuro dell’uomo: estendere l’abitabilità oltre il pianeta. La produzione di ossigeno direttamente su Marte è l’esperimento chiave per i viaggi interplanetari del futuro.

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Un umano ha bisogno di 0,84 chilogrammi al giorno di ossigeno per sopravvivere. I tempi del viaggio più breve di andata e ritorno da Marte occupano, al minimo, 4 anni. Per un team di pochi astronauti si richiederebbero tonnellate di ossigeno. Impossibile, per i pesi richiesti, trasportarlo dalla Terra. L’idea è di estrarlo, tramite elettrolisi, dalla CO2 che è il 95 per cento dell’atmosfera rarefatta di Marte. Occorrerà un generatore termico per separare, elettricamente, l’ossigeno dal carbonio. Lo alimenterà un motore nucleare a isotopi radioattivi a lungo decadimento. Se l’esperimento riesce, si spedirà su Marte una vera fabbrica, sempre alimentata a energia nucleare, per produrre e stoccare ossigeno in quantità. Che risolve, tra l’altro, un altro problema del volo umano interplanetario: il problema della propulsione. Impossibile caricare le future astronavi del peso del combustibile. L’ossigeno è il comburente più potente. Se si trovasse acqua in quantità utile su Marte (ce n’è nei ghiacciai e in fondo ai crateri) da cui ricavare idrogeno, il problema del combustibile, per i voli interspaziali, sarebbe risolto.

 

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Il secondo obiettivo di Perseverance è la ricerca di vita microbica su Marte. Ormai dovrebbe essere chiaro: della vita intelligente non c’è traccia, ovviamente, nel Sistema solare. Ma ormai, dubitiamo, anche in porzioni enormi di uno spazio che, indaghiamo fino a distanze abissali. I prossimi osservatori spaziali che indagheranno le atmosfere dei numerosi esopianeti scoperti ci daranno nuovi indizi. Il timore di essere soli, pur con i numeri incredibili dei pianeti abitabili ipotizzati, non è infondato. Ma l’assenza di vita microbica, elementare e primordiale, è un autentico mistero. In realtà, essa dovrebbe essere, addirittura, molto comune. Pianeti e oggetti cosmici sono fatti della stessa materia ordinaria (barionica). Sulla Terra troviamo vita microbica nelle condizioni ambientali e di temperature più estreme, che però su altri corpi celesti (pianeti e asteroidi) sono la regola.

 

Sappiamo ad esempio che dall’anidride carbonica e dall’azoto presenti anche nell’atmosfera di Marte potrebbero facilmente essersi formati amminoacidi, i costituenti base delle proteine. Li ritroviamo sui materiali da impatto arrivati con gli asteroidi. Anzi, si pensa che la vita sulla Terra sia giunta proprio così. Perseverance, prelevando campioni della crosta marziana, potrebbe aiutare a chiarire l’enigma più importante: l’origine della vita. La scoperta di una microbiologia marziana, del resto, avverrebbe in una finestra epocale in cui la conoscenza (e la manipolazione a fini utili) del regno dei microrganismi (batteri, virus, protozoi, viroidi) – minuscole strutture (al di sotto del nanometro), filamenti invisibili di materia a Dna o Rna, dalla natura incerta (cose o vita) – è diventata cruciale per le prospettive stesse della continuità della vita terrestre.

 

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